Zuì-zuì s.m. = Cordite
La cordite è un esplosivo senza fumi, a base di nitroglicerina, nitrocellulosa ed oli minerali, usato essenzialmente per le cariche di lancio delle artiglierie navali (Wikipedia).
Il nome deriva dal fatto che tale sostanza è spesso prodotta in fili, tubi, o cordicelle. La cordite fu sintetizzata sul finire del XIX secolo, dai chimici inglesi James Dewar e Frederick Abel, modificando opportunamente un esplosivo simile, chiamato balistite, che si usa nelle cariche di lancio armi da fuoco. (Sapere).
Qualcuno si chiederà come mai il compilatore di questo vocabolario, pur non essendo artificiere, sa dell’esistenza della cordite, e perché la chiama zuì-zuì ( va bene anche la grafia zuzzuì e zuìzzuì).
Bisogna tornare indietro nel tempo, nella seconda metà degli anni ’40. Allora venivamo fuori dalla guerra e la gente per portare la pagnotta a casa si ingegnava in mille modi. Uno di questi era di ricuperare materiale bellico sparso nelle campagne. Fra questi c’erano anche proiettili di mitraglia, bombe inesplose, cassette metalliche contenitori di cartucce, ecc.
Gennarüne ‘i pèzze vjicchje, noto rigattiere, comprava di tutto! Piombo, ottone, rame, ferro vecchio, ecc. ma il materiale esplodente no. Allora quelli che avevano raccolto materiale balistico, staccavano la pallottola dal bossolo dei proiettili e ricuperavano l’ottone e il piombo per venderli a Gennarino. Le stecche di cordite venivano abbandonate perché di nessun valore.
Qualcuno ha scoperto che dando fuoco, uno per volta, a questi “stecchini”, una specie di spaghetti, dopo un secondo sfuggivano di mano sibilando e zigzagando per l’aria, ad altezza bambino, fino ad esaurimento della cordite di cui erano composti. Questo saettare è stato battezzato, con un termine onomatopeico, zuìzzuì . Un prodotto bellico era diventato in mano a noi un mezzo di divertimento.
Zuì-zuì jind’a buttìgghje. Qualche birbante gli dava fuoco tenendolo in una bottiglia. Il botto era assicurato! Il rischio per l’integrità dei nostri occhi era moltiplicato per cento. Ma l’Angelo Custode esiste davvero, se siamo qui a raccontare le nostre marachelle.
Grazie al lettore Enzo Renato che mi ha dato lo spunto per la stesura di questo articolo.
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