Tag: Verbo transitivo

Ngurparé

Ngurparé v.t. = sopportare, covare sentimenti di riscatto

Il verbo è simile all’italiano “incorporare”, usato in cucina quando man mano si aggiungono altri ingredienti durante la preparazione di un impasto, o di una vivanda, o di un dolce.

Figuratamente il significato è lo stesso: aggiungere anche questa contrarietà alle precedenti, fino a quando si sarà in grado di sopportare. Poi sarà quel che sarà!

Similmente si usa dire “ca pò, jüne mantöne e mantöne” = che poi uno mantiene e mantiene, nel senso che un soggetto regge fintantoché non ce la fa più.
Un po’ per burla si diceva:
ca jü mantènghe e mantènghe
e pò te fazze vedì quante lu tènghe = attento che arrivo al punto di rottura.

Con un verbo in voga un po’ abusato, questo atteggiamento umano è detto “resilienza”

Nel linguaggio marinaresco il verbo ha un significato meteorologico: ‘u tjimpe ‘ngurparöje. Ossia le nuvole si stanno inglobando e appesantendo, quindi a breve ci sarà temporale.

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Acciacciugghjé

Acciacciugghjé v.t. =rabberciare, raffazzonare

Eseguire alla meglio un lavoro, una riparazione, un intervento, senza troppa cura o per fretta o per inesperienza.

Insomma fé ciacciógghje = fare inguacchi, pastrocchi.

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Pezzelé

Pezzelé v.t. = Beccare,

È l’azione dei volatili quando col becco raccolgono il loro cibo, generalmente costituito da granaglie.
Ho visto galline pezzelé avidamente la parte interna della scorza del melone bucherellandola vistosamente.

Il verbo pezzelé indica anche l’atto dei pennuti di colpire col becco, per difesa o per offesa, come fanno le oche, gli struzzi e i tacchini. Questi sono abili anche ad uccidere i serpenti con il loro formidabile becco.

Pensate ai grossi volatili (aquile, condor, avvoltoi) che uccidono col becco le loro prede!

Era chiamato faccia pezzeléte il volto butterato, ossia il viso con gli esiti del vaiolo. Appariva deturpato, coperto da innumerevoli forellini, come se vi avesse beccato un uccello.

Fortunatamente questa malattia nel mondo occidentale è stata eradicata per merito della vaccinazione di massa antivaiolosa. Tuttavia ricordo di aver visto negli anni ’50 alcuni soggetti anziani che l’avevano contratta in gioventù, probabilmente agli inizi del ‘900.


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Sprevelé

Sprevelé v.t. = Sbriciolare, sgretolare, sminuzzare

Si può usare indifferentemente anche sfrevelé .

Ridurre qualsiasi cosa in briciole, dette frevógghje, sfrevógghje, sprevelìcchje.

Alcuni esempi calzanti:
-sbriciolare con le mani l’infiorescenza secca dell’origano per condire una pietanza,
-frantumare cob le mani un biscotto da intingere nel latte,
-sminuzzare una mollica di pane per preparare il ripieno di un intingolo.

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Abbabbjé

Abbabbjé v.t. = Abbagliare, confondere, obnubilare

Offuscare qlco.; indebolire l’attenzione o la capacità di vedere o di comprendere; ottenebrare; confondere la mente.

So stéte abbabbjéte: nen capìsce chjó njinde! = Sono stato intontito, non capisco più niente!

Intontire qlcu con l’intento di raggirarlo.

Nella forma riflessiva significa intontirsi: sentire l’effetto del’alcol, dell’innammoramento, delle droghe, della stanchezza.

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Scurcé

Scurcé v.t. = scorticare, scuoiare

Verbo derivante da scorza, corteccia.

Nella forma scurciàrece significa procurarsi delle escoriazioni sul corpo, sugli arti, per esempio a seguito di una caduta dalla bicicletta.

L’amico Matteo Borgia junior mi suggerisce l’aggettivo scurcéte per indicare un difetto, un graffio, un’abrasione su una superficie liscia, come un mobile o una scarpa, o una parete.

Scurcéte riferito persona indica la sua testa calva o con vistosa alopecia (chierica pronunciata).

Mio padre mi raccontò un gustoso episodio (inventato o accaduto) che esasperava gli sfottò quotidiani tra il curato (gobbo) e il sacrista (semi-calvo). A quell’epoca il prete celebrava la Messa di spalle all’assemblea e rigorosamente in latino. Ad un certo momento della liturgia doveva voltarsi verso i fedeli intonando “Dominus vobiscum” ed aspettarsi la risposta “Et cum spiritu tuo”.
Invece per sfottere il sagrestano, cantò «Dominus scurcizzum». La risposta del sacrista fu immediata «Et cum sgubbizzu tuo!»

Figuratamente in forma di sostantivo ‘nu scùrce, indica una seccatura, un intoppo, e di aggettivo designa una persona inopportuna, intrusa.

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Affurteché

Affurteché v.t. = rimboccare (le maniche)

Rimboccare le maniche della camicia, o di un altro indumento che copre le braccia, prima di iniziare un lavoro manuale impegnativo, per evitare di bagnarle o di insozzarle.

Questo verbo è molto diffuso nella Daunia e in Terra di Bari.

Il caro Prof. Michele Ciliberti (che di cuore ringrazio pubblicamente) mi ha fornito una dotta etimologia del verbo affurteché:
«Deriva dal verbo latino adfulcio con l’assimilazione della d alla f, il cui significato base è “puntellare”, “fermare”. Nel tardo latino il verbo è diventato affulticare col significato di “arrotolare”

Essendo un verbo transitivo può riferire un’azione diretta: affurtechè i màneche au uagnöne = rimboccare le maniche al (grembiule del) bambino.

È spesso usato nella forma riflessiva: affurtecàrece ‘i màneche = rimboccarsi le maniche.

I pescatori anziani di Manfredonia ce affurtecàvene anche i mutandoni fino alla coscia per non bagnarli quando entravano in acqua per alare a riva la sciabica o per portare in secca una barca.

Viene usata anche in senso figurato quale esortazione ad impegnarsi collettivamente per affrontare una situazione impegnativa:
Meh, uagnü, affurtecàmece i màneche e dàmece da fé! = Allora, ragazzi, rimbocchiamoci le maniche e diamoci da fare!

Nei film comici l’azione di tirarsi su le maniche precedeva sempre un tafferuglio, come se le sberle scambiate a braccio nudo fossero più spettacolari ai fini della ripresa cinematografica.

(immagine tratta dal web)

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Ngastagné

’Ngastagnè v.t.= Smascherare, intoppare

Cogliere in fallo, incastrare, inchiodare qualcuno alle proprie responsabilità, metterlo con le spalle al muro senza dargli possibilità di scampo.

In altre parti d’Italia, con voce gergale ormai diffusa, si usa il verbo “sgamare” per dire che si è scoperta in anticipo una macchinazione ordita alle proprie spalle.

Noi usiamo il sinonimo (clicca –>) ‘ntuppé, = scoprire in flagranza una azione riprovevole.

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Ntuppé

‘Ntuppé v.t. = Cogliere in flagrante, scoprire l’autore di un’azione biasimevole

In italiano, l’insuperabile Treccani definisce “intoppare” l’imbattersi inaspettatamente in qualcuno o in qualche cosa.
In dialetto la voce simile ‘ntuppé ha un significato analogo, ma è più completo: quel “qualcuno” con cui ci si imbatte sta sicuramente compiendo un’azione riprovevole.
Ad esempio sta rubando, sta compiendo un sabotaggio, un vandalismo, sta molestando una ragazza, sta inquinando l’ambiente, ecc.

I carabbenjire hanne ‘ntuppéte a jüne ca stöve arrubbane ‘i röte de ‘na ‘tomòbbele. = I carabinieri hanno colto in flagrante uno che stava rubando le ruote di un’automobile.

Hanne ‘ntuppéte a ‘nu giuvenòtte senza bigliètte = Hanno scoperto un ragazzo senza biglietto.
Questa è la stringata traduzione letterale.
In corretto italiano va così intesa: Hanno scoperto un ragazzo che si era intrufolato nel cinema (o nello stadio, sul treno, in bus, ecc.) senza aver pagato il relativo biglietto d’ingresso.

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Ammulleché

Ammulleché v.t. = Coprire con mollica

Il nostro verbo ammulleché non ha il corrispettivo in italiano.
È la mirabile capacità di sintesi dei dialetti specie dell’area Sud. Per descrivere l’azione del verbo devo ricorrere ad una perifrasi.
Ricoprire una pietanza con mollica sbriciolata di pane raffermo prima della cottura in forno o sul fornello.

Infatti il piatto per eccellenza che richiede questa copertura è ‘u racquele (o ‘u trjimete) ammullechéte = la raia (o la torpedine ). Vorrei dire in crosta di pane, ma per la verità il pane rimane morbido intriso di olio e acqua di cottura.

Infatti per “mollicata” si intende, in Basilicata, Calabria e Sicilia, la mollica di pane sbriciolata e tostata in olio, quale elemento croccante aggiuntivo nella preparazione del conosciutissimo primo piatto di pasta con “aglio, olio e peperoncino”.

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