Tag: sostantivo maschile

Früse

Früse s.m. = Fregio, gallone


Il sostantivo è usato sempre al plurale (‘i früse) per indicare, nelle uniformi militari, delle strisce di stoffa di altezza e forma svariate, cucite sulla manica di ufficiali, sottufficiali, graduati di truppa per indicarne il rango.

Immediatamente riconoscibili, hanno disegno diverso per ogni Corpo (Aeronautica, Esercito, Marina).

Sono detti früse anche i contrassegni cuciti sul berretto dei militari, subito sopra la visiera


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Cirre-matte

Cirre-matte s.m. = Ricciolo ribelle

Parliamo di capigliatura

Capelli ribelle al pettine, perché arruffati, in quanto i bulbi piliferi disseminati a spirale sul cuoio capelluto,specie al culmine della testa.

Quando il cranio è rapato a zero, la maggior parte dei bulbi sembrano tanti puntini cosparsi con andamento regolare, ma altri seguono uno svolgimento a vortice, e talora a doppia spira.
Se quelle sono le radici lo stesso andamento prenderanno i capelli allungandosi, e quindi il pettine non riuscirà mai a piegarli nella direzione voluta.

Cirre significa in questo caso ciocca, ciuffo.

Un Detto montanaro ricorda che “cüme tènghe li cirre, tènghe li sinze” = Come ho i capelli così ho i sentimenti (ribelli).

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Parapalle

Parapalle s.m. = Parapalla

Ho usato come traduzione “parapalla” che in italiano significa tutta un’altra cosa, ossia una protezione inguinale indossata dagli atleti nello sport di lotta o in quelli dove possono avvenire scontri violenti, a salvaguardia delle parti basse.

Nel nostro caso mi sento autorizzato a tradurlo proprio “parapalla”, perché il Vate D’Annunzio, autore di tanti neologismi, sfottendo il suo amico F.Paolo Tosti in una lettera del 1906 lo ha apostrofato come “parapalla fesso”

Trascrivo – perché perfettamente combaciante con i nostri ricordi – quanto riportato sul sito web “Luceranostra.it”:
«Il parapalla era un passatempo fatto con una piccola palla di stoffa piena  di segatura e attaccata stava un lungo elastico con un anello alla punta, dove s’infilava il dito medio della mano. Con la stessa mano si lanciava la palla e quando  ritornava si doveva  “parare” con la stessa mano. I più bravi facevano questo movimento velocemente e senza sbagliare.
Il parapalla si usava anche per stuzzicare i compagni più irascibili: si lanciava la palla dietro il collo del compagno e dopo parata la palla con la mano, si nascondeva nella tasca e quello si arrabbiava come un diavolo. Il parapalla si comprava  presso le bancarelle durante le feste».

Aggiungo che i bancarellari evidenziavano la loro mercanzia con alte grida di richiamo.
Per il parapalle usavano lo slogan:
«’O parapalle, ‘o parapalle, tocca e non fa male!»

Qualche giovinotto sfacciato lo lanciava verso le terga della donzella che lo precedeva durante lo struscio. Quando la ragazza si voltava inviperita, il furfantello aveva già nascosto l’arma del delitto, ed era abbondantemente a distanza di sicurezza per destare alcun sospetto.
Una mascalzonata che rischiava, se scoperta, un finale in rissa.

Foto dalla pagina FB “Lizzano-Foto-Ricordo-Come-Eravamo”

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Zìnne

Zìnne s.m. = Cenno, segno, ammicco

Probabilmente deriva dal lat. tardo cĭnnus = «ammicco, l’ammiccare», oppur dal latino classico signum = «segno»

Gesto che si fa strizzando un occhio, quale segno di complicità, per lo più di soppiatto, in segno di intesa, di complicità con qualcuno.

Talvolta viene usato parlando agli astanti, strizzando l’occhio verso un “compare”, come per significare, ad esempio: «Attento: tu conosci quello che sto per dire adesso, ma fingi di non saperlo!»

La locuzione verbale fé ‘u zìnne o mené ‘u zìnne raduce il verbo intransitivo zinnjé = ammiccare.

Anticamente era una forma di approccio a distanza verso le donzelle, che il più delle volte, si giravano a capannello ridacchiando: «Ma che vé truanne ‘stu bbabbjöne?» = Ma che vuole costui?

Se lo fa una donna verso di un maschietto, vuol dire che costui è un uomo fortunato.

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Vèrme a pallotte

Vérme a pallotte s.m. = Onisco, Porcellino ti terra.

L’Onisco (Armadillidium vulgare) è un crostaceo terrestre dell’ordine degli Isopoda.

 È conosciuto con numerosi nomi comuni: porcellino di terra, mallellone selvatico, porcellino di Sant’Antonio, onisco.  Può raggiungere una lunghezza massima di 18 mm e durante l’inverno entra in uno stato di dormienza che rende possibile all’isopode di sopportare temperature che altrimenti gli sarebbero letali

Si prolifera a ondate in luoghi umidi, in genere all’aperto. Per questo esce di notte alla ricerca di cibo (vegetali o animali morti).

Quando è in posizione di riposo, si appallottola, formando una vera e propria sfera di colore grigio scuro, così da proteggersi da eventuali aggressori.

Erroneamente è ritenuto come animale parassita. Invece è del tutto innocuo. Anzi la sua presenza rende il terreno più aerato e sgombri da altri insetti dannosi

Ringrazio il dr.Enzo Renato per il suo suggerimento.

 

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Pisciachéne

Pisciachéne o Pisciarille s.m. = Cocomero asinino, sputaveleno

Si tratta di una pianta infestante (Ecballium elaterium) che ha la singolarità: all’interno del frutto – a forma di vescica ovoidale contenente  i semi e un liquido che li circonda –  sviluppa una pressione idraulica molto elevata. Al minimo movimento (animali che li sfiorano, vento) questi frutti si staccano dal peduncolo e “sparano” lontano anche alcuni metri, liquido  e semi.

In questo modo singolare la natura  favorisce la  riproduzione della pianta in uno spazio più esteso. Gli studiosi botanici hanno misurato fino a 12 metri la gittata balistica dello spruzzo!

Lo schizzo del liquido ha fantasiosamente dato il nome dialettale (piscia+cane) o regionale (sputa+veleno).
Dice Wikipedia che «In medicina si può usare il liquido essiccato come forte purgativo; in erboristeria ne è vietato l’uso data l’elevatissima tossicità».

Questa pianta è infestante e cresce in tutto il Bacino Mediterraneo, specie nei terreni costieri incolti, perché non sopporta temperature molto rigide.

La Treccani mi fornisce le divertenti denominazioni in lingua straniera:
fr. concombre sauvage, concombre d’âne, giclet;
sp. cohombrillo amargo, pepinillo del diablo;
ted. Springgurke, Eselsgurke;
ingl. squirting cucumber

 

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Rucchje

Rucchje s.m. = Rocchio, tocco, pezzo, parte

Specificamente indica ciascuno dei pezzi della salsiccia, fresca o stagionata, ottenuta con la strozzatura del budello e legata con spago.
Quanne fé ‘u süghe, mamme mètte sèmpe düj rucchje de savezìcchje = Quando fa il sugo mia madre mette sempre due rocchi di salsiccia.

(Foto tratta dal web)

Gli ingrossamenti tipici del tarallo puperéte possono essere chiamati rucchje o ntacche (tocchi).

(Foto tratta da “il sipontino.net”)

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Sécrètè

Sécrètè s.m. = Secrétaire, mobile a ribalta,

Si tratta di complemento d’arredo senza tempo, facilmente adattabile alle esigenze contemporanee, dotato di un’anta a ribalta che – una volta abbassata – funge da piano di appoggio. L’interno è suddiviso in ripiani e cassettini per contenere oggetti di cancelleria,  gioielli o profumi.

In origine era usato principalmente come scrittoio, e come contenitore di documenti importanti.

Quelli d’antiquariato -(foto in alto) hanno fattura  di legni pregiati e una linea elegante ed elaborata.

Quelli moderni (foto a sinistra) sono semplici e lineari, ma ugualmente funzionali ed apprezzati.

Il termine francese secrétaire è stato adottato più o meno con la stessa pronuncia sécrètè, oltre che dal nostro dialetto anche altre lingue (ingl. secterair,  ted. Sekretär, ecc.)

Per estensione in tempi recenti anche al glorioso sécrétè è stato affibbiato il nome di “settimino” che propriamente designa una cassettiera priva di ribaltina anch’essa facente parte dell’arredo della camera da letto quale contenitore di biancheria.

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Cerolotte

Cerolotte s.m. = celluloide

È la contrazione di “celluloide”, la prima materia plastica inventata nella seconda metà dl 1800 impiegando sostanze naturali (nitrocellulosa, azoto e canfora).
Venne usata per confezionare giocattoli, montature di occhiali, pellicole per film e foto, penne stilografiche, ecc. Aveva lo svantaggio di essere estremamente infiammabile.

Ebbe successo nell’industria automobilistica che usa tuttora il “vetro di sicurezza” (detto vetro stratificato), ossia composto da due lastre di vetro tenute insieme da uno strato di celluloide. Da pochi anni per incollare le due lastre viene usato uno strato di  polivinilbutirrale (notizia fornita da Wikipedia).
La celluloide era impiegata anche per la copertura trasparente della carlinga nei velivoli da guerra.

Ora la celluloide viene sostituita totalmente da polimeri, derivati dalla lavorazione del petrolio (plexiglass, box doccia, targhe, ecc.)

Ringrazio il lettore Giovanni Ognissanti per avermi suggerito questo termine, che era passato completamente nel dimenticatoio.

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Mezzöne

Mezzöne s.m. v.t. = mozzicone, cicca;  eludere, scansare, fare finta di corpo

1) – Mezzöne – È la parte rimanente di un oggetto parzialmente reciso, spezzato o consumato.
Specificamente noi intendiamo la parte incombusta di una candela o la parte terminale  una sigaretta o del sigaro

Mi ricordo, quando le sigarette erano prodotte solo senza filtro,  di qualche disperato jöve recugghjènne ‘i mezzüne = andava raccogliendo le cicche che i fumatori abbandonavano nella Villa o per il Corso, con le quali confezionava e si fumava dei puzzolentissimi spinelli.  Effetti della miseria.

2) – Fé ‘u mezzöne,  Nel gioco del calcio si usa un brutto verbo, dribblare, passato dall’inglese, ossia fare dribbling; finta di corpo, movimento d’inganno per superare l’avversario.

Nei giochi fanciulleschi fé ‘u mezzöne signifca spiazzare l’inseguitore cambiando improvvisamente direzione della fuga.
Eludere, scansare abilmente una minaccia, sgattaiolare.

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