Tag: sostantivo invariabile

Rembambüte

Rembambüte agg. e s.m. = Rincitrullito, rimbambito

Che, o chi ha perso la capacità di ragionare, a causa dell’età avanzata.

È triste sentir dire questo termine contro una persona anziana…Purtroppo l’Alzheimer quando arriva prescinde da qls distinzione. Domani potrebbe colpire me o te, a caso.

La malattia colpisce la memoria e le funzioni cognitive, si ripercuote sulla capacità di parlare e di pensare. La persona affetta dal morbo manifesta stati di confusione, cambiamenti di umore e disorientamento spazio-temporale.

Rivolta ad un soggetto non anziano l’aggettivo è offensivo perché attribuisce a corta intelligenza un semplice atteggiamento di incertezza.

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Rebbellànde 

Rebbellànde agg. = Chiassoso, turbolento, estroverso.

L’aggettivo è riferito a persona vivace, turbolenta, allegra, che porta scompiglio. Si può anche dire rebeljiànde.

È usato anche come sostantivo per indicare la persona. Mo ce ne vöne ‘u rebbellànde = Ecco che arriva il “ciclone”

È il jolly della compagnia, un po’ matto, un po’ arruffone, decisamente simpatico, che trova sempre la maniera di ravvivare l’atmosfera da mortorio che sovente incombe su una festicciola o semplicemente sul gruppo di amici.

Deriva dal verbo rebbellé (o rebbelléje o anche arrebbellé o arrebbelléje), però con valenza positiva, simpatica.

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Pesciacchjére

Pesciacchjére s.inv. = Piscione/a

Persona che orina spesso e in abbondanza.

Conoscete già il termine pesciacchje = urina dl quale deriva.

Mia nonna diceva sempre: Sanda Catarüne pesciacchjére, usando il termine quale aggettivo riferito alla Santa.

La festività di Santa Caterina cade il 24 novembre, in autunno, ossia nel pieno della stagione delle piogge. Quindi associava quella data alle immancabili (o meglio: alle desiderate) piogge.

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Pàcce

Pàcce agg. e s.inv. = Pazzo

Che ha perduto la ragione.

Assì pacce = Diventare pazzo, psicopatico, impazzire.

Mo me fazze pegghjé da pacce = Agisco come un folle, in modo che gli altri mi prendano per pazzo.

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Nonne

Nonne s.inv. = Nonno, nonna

E’ padre o la madre di uno dei genitori, considerato rispetto ai loro figli.

Al maschile si pronuncia con la “o” stretta ‘u nónne, mentre al femminile si pronuncia con la “o” aperta. ‘a nònne.

Come vocativo si una dire nennó= il nonno, al maschile e nanò = la nonna, al femminile.

Nennó, quand’ànne tjine? = Nonnino, quanti hai hai?

Nanò, ho dìtte màmme: jògge vjine a mangé a chése = Nonnina, ha detto mamma: oggi vieni a mangiare a casa (nostra).

Nennó e nanò(= la nònne) si usano familiarmente col significato di persona anziana, spec. come vocativo affettuoso.

Per indicare uno dei propri nonni si dice nonneme. La “o” suna acuta per il maschile e grave per il femminile. Nónneme e nònneme =mio nonno e mia nonna.

Per indicare quelli di chi ascolta si dice nonnete, anche qui la pronuncia della “o” indica se si tratta del nonno o della nonna. Nónnete e nònnete = tuo nonno e tua nonna.

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Ndrjànde

Ndrjànde agg. e s.inv. = Ficcanaso

Invadente, curioso, impiccione.

Forse deriva dall’italiano “intrigante” nel senso di impiccione, ficcanaso, pettegolo.

‘Stu ‘ndrjànde quante ne völe sapì..Ma fatte ‘nu pöche i cazze tüje! = Questo curioso, quante cose vuol sapere…Ma pensa un po’ agli affari tuoi!

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Ndrìnghete-ndrànghete

Ndrìnghete-ndrànghete s.inv..= tìcchete-tàcchete

Il termine onomatopeico rappresenta l’enfatizzazione fonetica di un movimento alternativo, come quello impresso all’altalena, alla culla, alla sega, alla lima, o quello ritmato delle lavandaie, dei ballerini, dei rematori, dei picconatori, degli amanti impetuosi, ecc.

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Lècca-cüle

Lècca-cüle s.inv. = Adulatore, accolito.

In italiano si dice anche leccapiedi, per usare un eufemismo, o anche lecchino/a.

Chi è servile in modo spudorato con persona ricca o influente, con la mira di trarne vantaggio per sé o per la sua cerchia,

Persona viscida come certi giornalisti televisivi di cui è meglio tacere il nome.

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Giòvene 

Giòvene s.inv. = giovane

L’aggettivo giovane qui è usato in forma sostantivata per indicare una persona non avanti con gli anni.

Per distingue il genere maschile d quello femminile si ricorre all’articolo: ‘U giovene, ‘nu giovene ‘a giovene, ‘na giovene.

Per antonomasia ‘U Giovene = Il giovane è il protagonista cinematografico. Ovviamente ‘a giovene era l’eroina della storia narrata nel film.

Immancabili personaggi dei film western, ove compariva in antagonismo anche ‘u tradetöre se agiva da solo o ‘u chépe tradetöre se si trattava di una combriccola.

Prima dell’avvento della televisione il cinema aveva riempito la nostra fantasia. Non potevamo ricordare i nomi americani (Mr.Hartworth, Weissmuller, Flanaghan, Pitchwork, Hitchcock, Hayworth, Williams, Johnson, Wayne, ecc.) e li etichettavamo così per poterli raccontare a quelli che non avevano potuto assistere alla proiezione.

Ovviamente ‘u giòvene e la giovene, dopo tante peripezie, arrivavano al lieto fine prima che comparisse la fatidica scritta the end. Era l’ultima inquadratura. Sapevamo che significava FINE già dalle prima elementare.

Ringrazio il lettore Matteo Salvemini per il suggerimento.

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Fìgghje 

Fìgghje s.inv. = Figlio

Essere umano considerato rispetto a chi l’ha generato.

In dialetto è invariabile al maschile, al femminile, al singolare e al plurale. Tranne nel caso che il sostantivo sia seguito dall’aggettivo possessivo.

‘A fìgghja möje, töje, söje, nòstre, vòstre = la figlia mia, tua, sua, nostra, vostra, il termine declina in ‘a’ (fìgghja).

La locuzione “di chi sei figlio?” si traduce a chi sì figghje?

Cioè invece di “essere figlio di” in dialetto dicesi jèsse figghje a… = essere figlio a”

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