Tag: Locuzione idiomatica

Tenì ‘a chiéva gròsse

Tenì ‘a chiéva gròsse loc.id. = Avere la chiave grossa.

Ovviamente non per aprire materialmente i grossi portali…

Il significato reale del detto è: avere come protettore un importantissimo personaggio, che spiana tutte le strade, elimina le difficoltà, favorisce (magari anche interessatamente) la carriera di qlcn. In una parola chi ha la chiave grossa è un raccomandato di ferro.

In lingua si direbbe: “Avere i Santi in Paradiso”.

Il fenomeno della raccomandazione è decisamente deprecabile dal punto di vista morale. Se qualcuno deve progredire deve far valere i propri meriti e non la ‘chiave grossa’! La “chiave” favorisce uno, ma sicuramente lo fa a danno di un altro, che magari ha maggiori capacità: e questo non è accettabile in una società civile dove purtroppo prosperano i faccendieri di questo genere.

La raccomandazione detta anche “una spintarella” o più esplicitamente un “calcio in culo” che tutti sono disposti a ricevere, metaforicamente s’intende, per il proprio tornaconto.
Fertüne e cavece ngüle…

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Tenì ‘a chépe all’allèrte

Tenì ‘a chépe all’allèrte loc.id. = Avere la testa libera da preoccupazioni

Vivere spensieratamente, senza crearsi problemi.

A Potenza diconotiene la capa a lu scjuóco = ha la testa rivolta al gioco, proprio come i bambini.

Vjéte a tè ca tjine sèmbe sta chépe all’allèrte! = Beato te che hai sempre codesta testa scevra da crucci.

All’allèrte = in allerta, desta, sveglia.

Ci sono molti modi di tenere la testa:
– tenì ‘a chépa càvete= avere la testa calda = essere litigioso, facilmente irritabile.
– tenì ‘a chépa frèške = avere la testa fresca, libera da serietà e da problemi = essere allegri, pazziarjille.
– tenì ‘a chépa tòste = avere la testa dura = essere testardo e cocciuto.
– tenì ‘a chépe nglòrje = avere la testa in gloria, fra le nuvole = essere distratto e magari inaffidabile.
– tenì ‘a chépe de càzze = no comment.

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Tazze e cucchiére

Tazze e cucchiére loc.id. = Inseparabili

Traduzione letterale: tazza e cucchiaio.

Si dice quando due persone sono indivisibili, complici, adatte l’una all’altra.

Si direbbe in lingua italiana con espressione derivata dal romanesco: “culo e camicia”.

‘I vüte a löre! Tazze e cucchére = Eccoli, sempre assieme, complici nelle loro malefatte.

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Sturte e malurte

Sturte e malurte loc.id. = Alla meno peggio

Questa locuzione idiomatica si può tradurre anche in: bene o male, concludendo, finalmente, ad ogni modo, ecc.

Con termini più moderni si dice: stùrte e drìtte, o anche all’ammèrse o alla drìtte

Insomma descrive una prestazione d’opera, un manufatto, ecc. portato sì a termine, ma non proprio secondo le aspettative.

Si dice anche quando un lavoro iniziato da lungo tempo è stato ultimato ben oltre i termini previsti.

Uhé, Giuà, avüte fenüte de frabbeché? – Sì, ngrazzje a Düje, ‘u möse passéte: sturte e malurte àmme avüte ‘a chése e àmme paiéte ‘u màstre. = -Ehi, Giovanni, avete finito di costruire? – Sì, grazie a Dio, il mese scorso: finalmente abbiamo ottenuto la casa e abbiamo liquidato il costruttore.

Il termine malurte non significa niente (*). È solo un rafforzativo in rima, come nella locuzione spjirte e demjirte.
In italiano, proprio sturte e malurte si dice anche di riffa e di raffa = in un modo o nell’altro, ad ogni costo.
Ove riffa significa anche prepotenza (Toscana) e raffa colpo di boccia, contro il pallino o contro una boccia avversaria.

(*)  Il Prof. Michele Ciliberti – che ringrazio pubblicamente –  mi ha fatto notare che invece malurte in questa locuzione ha un significato molto calzante. Mi ha scritto:

«Leggo che “malúrte” non significa niente, serve solo per la rima. Invece, non è così. Anzitutto l’etimologia è dal latino “male ortum”, cioè “nato male”, quindi qualcosa di non regolare o di naturalmente irregolare.»   (Michele Ciliberti)

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Strónze cachéte a forze

Strónze cachéte a forze loc.id. = Odioso

Chi o che è antipatico, insopportabile, sgradevole, fastidioso, indisponente, ecc. ecc.

Insomma è un modo per accentuare l’avversione che qulcu emana col suo modo di agire o con la sua sola presenza. Vorrei fare un paio di nomi, ma mi astengo, perché si tratta di personaggi politici….

Già di per sé lo stronzo è ripugnante, figuriamoci poi se è stato espulso malvolentieri con tutti gli effluvi, anch’essi effetti collaterali indesiderati !!!…

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Strainüne

Strainüne loc.id. = strisciante

Tipico il detto: Rengràzzjie alla Madonne! Ha’ da jì a Sepònde p’a lengua strainüne! = Hai passato un grave pericolo, l’hai scampata per miracolo! Ringrazia la Madonna!

Ora la locuzione jì p’a lengua strainüne (andare con la lingua strisciante) è solo figurativa, perché richiama una severa usanza secolare che nessuno attua più.

Era un comportamento penitenziale risalente al medio evo. I grandi peccatori, in segno di pentimento,  entravano in Chiesa in ginocchio, e avanzavano trascinando la lingua sul pavimento dall’ingresso fino ai piedi dell’Altare maggiore.  Spesso per l’attrito la lingua sanguinava, ma il fatto era sopportato per devozione e penitenza.

Invece è usato tuttora  jì alla scàveze a Seponde = andare scalzi alla Basilica di S. Maria Maggiore di Siponto. Lo si fa in segno di ringraziamento per scampato pericolo, ma anche per semplice devozione. Anche questa è una pratica risalente al Medio Evo.

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Sté-còmete

Sté còmete loc.id. = Essere agiato, abbiente.

Alla lettera significa “stare comodo”.

Essere ricco, agiato, benestante, proprietario di case, terreni e capitali.

Meh, benedüche tó sté còmete… = Beh, tu, fortunatamente, sei possidente…(e questi problemi non possono affliggerti come affliggono me).

Questo stare comodi è inteso anche figuratamente. Se chiamo qlcu in aiuto per terminare un lavoro, e costui non si muove, viene spontaneo dirgli:

Meh, tó sté còmete, stéje, nen tjine abbesügne! = Già, tu benestante sei, non hai necessità di lavorare né bisogni da soddisfare.

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Sté-a-còmete

Sté-a-còmete loc.id. = Essere disponibile

Questo detto, con valore di aggettivo, specificamente è riferito a persona, che è disposta ad appoggiare eventuali iniziative, idee, programmi altrui, libero da impegni, disimpegnato, a disposizione.

Quanne stéje a còmete, vjine a darme ‘na méne alla putöje = Quando sei libero, vieni a darmi una mano in bottega.

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Sté p’i méne söpe ‘u pecciöne

Sté p’i méne söpe ‘u pecciöne loc.id. = Oziare

Ho usato il verbo oziare, ma la frase è bella forte! Scusate la scurrilità della locuzione. Ho solo riportato solo una frase del dialetto verace.

Traduzione letterale: stare con le mani sopra i genitali esterni femminili.

Quando qualcuna  un po’ sboccata  viene ripresa perché magari si attarda a sbrigare le faccende domestiche, risponde piccata:
N’jì ca stéche p’i méne söpe ‘u pecciöne! = Non sto qui ad oziare, ma sto lavorando sodo!

In italiano avrebbe risposto: “non sto qui a rigirare i pollici”, o “con le mani nelle mani”, oppure, alla maniera toscana di Panariello: “non si sta mica a pettinare le bambole”.

Grazie a Luigi per questo suggerimento.

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Sté alla spàsse

Sté alla spàsse loc.id = Essere disoccupato

Aver perduto il lavoro ed essere in attesa di procurarsene un altro.

Sembra che, usando questo termine “spàsse”, chi è senza lavoro se la goda al massimo e vada a zonzo tranquillamente.

Invece si dibatte in una situazione drammatica (da scale di Teresina), suo malgrado.

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