Tag: Locuzione idiomatica

Para-pàtte-e-péce

Para-pàtte-e-péce loc.id. = Impattare.

Locuzione per indicare che, nei rapporti di affari, di gioco, di dialogo, di controversia, le cose sono andate in parità.

In italiano si dice pareggio, pari, patta e anche insieme questi due ultimi termini, (pari e patta) a mo’ di rafforzativo.

Patta, deriva dal latino pax e pactum nel significato di accordo.

In dialetto aggiungiamo anche il terzo rafforzativo, caso mai non si fosse capito che si era pareggiato il conto: pace. Siamo un popolo pacifico.

Infatti a volte si dice, a suggello dell’accordo, come fosse una dichiarazione liberatoria: mò stéme para-patte-e- péce o anche, più brevemente: mò stéme péce = ora siamo pari,non abbiamo più nulla da pretendere reciprocamente.

Qui, secondo me, fa capolino quell’origine latina sopra riportata (pax, pactum). Correggetemi se sbaglio.

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Palummèlle ‘nanz’a l’ùcchje (I)

Palummèlle ‘nanza l’ùcchje loc.id. = Fosfeni

Si definiscono palummèlle ‘nanz’a l’ùcchje quei fenomini visivi che si manifestano sotto stress o sotto sforzo, o anche per ipertesione oculare, che producono lampi di luce, puntini luminosi sfuggenti o altre forme di annebbiamento della vista.

Alla lettera significa farfalline davanti agli occhi, ossia come se vedessimo questi puntini luminosi danzare davanti a noi. Invece si manifestano all’interno dell’occhio.

Metaforicamente si dice che si hanno queste “visioni”, ‘i pallummèlle ‘nanz’a l’ùcchje o nella pancia quando si è digiuni da troppo tempo.

Insomma uno non ci vede più dalla fame. Ha le visioni. La pubblicità suggerisce uno snack.

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Pàcce assaljéte

Pàcce assaljéte loc.id. = Pazzo esagitato.

Tra i diversi modi di definire una persona folle, c’è questo assaljéte che forse significa esaltato, sfrenato, turbolento, irrefrenabile.

La locuzione è invariabile, al maschile, al femminile, al singolare e al plurale. Cambia solo l’articolo che determina il genere e il numero di assaljéte.

La locuzione può calzare nella definizione di una persona, sana di mente, ma in uno stato di eccessiva eccitazione, o di parossismo.

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Ognüne ce pröje ‘u Sànde süje

Ognüne ce pröje ‘u Sànde süje loc.id= Salti chi può

Il significato di questa asserzione evidenzia l’efficacia della “raccomandazione”, il malvezzo amato/odiato forse solo italiano.

Cioè: non avere invidia della mia posizione, può essere che sia frutto del mio merito, o della mia sorte, o anche dell’appoggio di qualcuno evidentemente molto autorevole.

Se hai anche tu “cartucce da sparare”, “santi in Paradiso”, “chiavi che aprono” “calci in culo” non farti scrupolo di usarli. Ognuno ricorre ai “potenti” (politici o ecclesiastici) per ottenere una efficace “spintarella”.

Tutto questo mi dà il voltastomaco, credetemi, ma è da secoli che in Italia le cose funzionano a questa maniera.

Allora ognüne ce priàsse ‘u sànde süje….= che ognuno ricorra al suo protettore.

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Ogne àneme desìdere

Ogne àneme desìdere loc.id. = Aspirare

Alla lettera significa: ogni anima desidera.

Ma, cosa desidera? Faccio qlc esempio.

In una numerosa comitiva, c’è un ragazzo (o una ragazza) spaiato. Gli altri sono impegnati nelle loro effusioni, e questo poverino non ha nessuno con cui affiatarsi, resta isolato, immusonito, triste, solitario.

Immancabilmente uno degli amici se ne accorge, e gli fa una domanda un po’ stupida: Cum’ì ca stéje acchessì = Perche sei così (solitario)?

Eh, ogne àneme desìdere. = Eh, ognuno desidera un po’ d’amore.

Altro esempio: quando gli ormoni tumultuano, e si non trova come calmarli, è ovvio che il desiderio sale alle stelle…Ogne aneme desìdere

Altro esempio ancora: io ho un’automobile scassatissima, e come tutti quelli che si trovano nelle stesse condizioni, vorrei averne una che sia un po’ meno catorcio…Beh, ognuno ha le sue aspirazioni: ogne àneme desìdere!

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Nüja-nüje

Nüja-nüje loc.id. = Solo noi. Inter nos, pochi intimi

La locuzione si usa quando si vuol evidenziare che un evento non comporta un afflusso di persone estranee al proprio gruppo familianre o amicale.

In effetti alla lettera si traduce “noi-noi”, ossia solo gli appartenenti al gruppo cui appartine il parlante..

Amma fé ‘na fèste. Stéme nüja-nüje = Dobbiamo fare una festa. Stiamo fra di noi (amici, parenti).

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Njinde e mànghe séle

Njinde e mànghe séle loc.id. = Nulla di nulla

Alla lettera: niente, e nemmeno sale. Come se qlcu avesse ricevuto una minestra scarsissima e per sovrappiù scipita, insipida.

Si usa questa locuzione quando qualcuno non sa o non vuol dare alcuna giustificazione del suo operato, e tace ad oltranza. Oppure se qlcu se ne va, insalutato ospite, senza far alcun cenno di voce. Oppure se dal debitore non si ha alcun corrispettivo.

Che Mattöje t’ò déte i sòlde? Njinde! Njinde e manghe séle = Ma Matteo ti ha saldato il debito? Macché, non mi ha dato nulla di nulla.

Ce n’jì jüte senza düce njinde e mànghe séle = Se ne è andato, insalutato ospite.

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Ngarnàrece (‘u dènte)

Ngarnàrece (‘u dènte) loc.id. = Avvezzarsi, abituarsi.

Avvezzarsi a nuovi sapori, a nuove situazioni, a nuove abitudini.

Svezzare il neonato facendogli provare nuovi sapori oltre quello del latte materno.

Quando il bebé si abitua anche al salato mostra di apprezzarlo. Ecco che la mamma fa la constatazione ufficiale: c’jì ‘ngarnéte ‘u dènte! = L’iniziazione ha avuto i primi risultati.

Per estensione il detto vale anche quando qlcu fa il reticente davanti a una pietanza che non aveva mai provato, e poi , una volta assaggiata, chiede il bis: Uhm, c’jì ‘ngarnéte ‘u dènte!

Anche chi non apprezzava fumare, giocare a carte, frequentare le discoteche, ecc.. Dopo il collaudo…ce ‘ngàrne ‘u dènte!… e reitera l’esperimento iniziale.

Per il contrario esistono i verbi scarnàrece e scangriàrece. Disaffezionarsi, staccarsi, da una persona, da un lavoro, da un hobby, ecc.

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Nfurnéta chjöne

Nfurnéta chjöne loc.id. = Pienone

È un simpatico modo figurato di descrivere un affollamento all’interno di un luogo chiuso o recintato, come un cinema, una chiesa, un’abitazione, un campo sportivo, uno stabilimento balneare.

L’origine è chiara. Quando una volta si panificava in casa, si ricorreva ai forni pubblici, dove con un modesto compenso (‘a nfurnatüre) si otteneva, in una collettiva infornata, la cottura del pane.

Ovviamente c’erano giornate che il grande forno lavorava con poche pagnotte e delle giornate che si riempiva del tutto. Ecco, questa era l’infornata piena.

Se capitava che il cinema era pieno, addirittura conteneva persone che assistevano alla proiezione stando in piedi, ecco quella era ‘a ‘nfurnéta chjöne, l’infornata piena.

In ogni caso ‘a nfurnéta chjöne designa un successo. Non solo nel mondo dello spettacolo o ecclesiastico, o sportivo, ma anche nell’ambito familiare.

Come quando i genitori premurosi vedono la loro mensa attorniata da figli, generi, nuore e nipotini, specie nelle grandi ricorrenze, e godono nel vedere la loro casa nel caos: ci sarà tempo di sistemarla…

Nota linguistica. Le persone più anziane pronunciano ‘mburnéte/’mburnatüre, perché, come ho spiegato al punto 6.7 del capitolo Ortografia e Fonologia (clicca in alto, accanto a “Gli autori”) le consonanti “nf” diventano “mb” (es: Mambredònje, cumbìtte, ‘mbàcce

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Nen-tenì-vöce-ncapìtele/

Nen tenì vöce ‘ncapìtele loc.id. = Futile, ininfluente, di poco conto.

Il Capitolo della locuzione è il Consesso Capitolare dei Canonaci della Cattedrale; solo ad alcuni di essi era riservato il diritto di voto e di intervento in una discussione.

Quindi ‘aver voce in capitolo’ significa essere autorevole, concorrere alle più importanti decisioni

La locuzione sta a significare che colui a cui è rivolta l’espressione non ha nè l’autorità, nè la capacità di esprimere pareri o farli valere, non contando nulla.

Insomma è uno che deve tacere, che non può esprimere pareri,

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