Tag: interiezione

Nzüjedelàneme

Nzüjedelàneme inter. = Non sia dell’anima!

Alternativo di Abbunàneme
= La buon’anima.

Espressioni che si pronunciavano subito dopo il nome di una persona defunta.

Il significato letterale è: non sia a detrimento dell’anima sua.

Vale a dire: quello che noi indegni peccatori stiamo adesso facendo, cioè nominandolo inopportunamente, non sia a danno della sua anima.

Me so’ sunnéte a Frangìsche, ‘nzüjedelàneme, ca stöve rerènne = Ho sognato Francesco, non sia a suo danno, che stava ridendo.

Se i defunti erano volati al Cielo in tenera età si appellavano: “ ‘a benedètta nostre” o “ ‘u benedìtte nustre” senza farne il nome, tanto l’interlocutore capiva perfettamente chi era l’oggetto della conversazione.

Recentemente ho sentito dire “‘nzüjedelàneme ” riferito non a una persona deceduta , ma a un’epoca trascorsa o a uno stato di benessere ormai passati: “Quann’jèveme giuvene, ‘nzüjedelàneme, stèmme a ballé tutte la notte!” = quando eravamo giovani, ormai tempo morto e sepolto, stavamo a ballare tutta la notte.

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Nzjamé!

‘Nzjamé int. = Non sia mai!

Interiezione che si intercala nel discorso allorquando si auspica che quanto si racconta non debba mai verificarsi.

Invito alla prudenza. Va bèlle bèlle p’a màchene: ‘nzjamé t’avìss’a capeté quacche cöse!= Va’ adagio con l’auto: mai sia ti dovesse accadere qualcosa (di spiacevole)!

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Nzalvamjinde

Nzalvamjinde inter. = che sia in salvo

Interiezione pronunciata spesso per manifestare il desiderio di mettere in salvo da ogni pericolo il soggetto di cui si teme la sorte. Difatti alla lettera essa significa “in salvamento”.

Mattöje, fìgghje müje, tó mò vattìnne a caste, nzalvamjinde, e nen te facènne vedì fine a quann’jì cré = Matteo, figlio mio, tu ora vattene a casa tua in santa pace, e non ti far vedere fino a domani.

Mò m’arretüre, nzalvamjinde = Ora rincaso, sano e salvo.

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Nnüh!

Nnüh! inter. = Ecco quà, come avevo previsto, prendi questo, che vi dicevo?, ecc.

Si pronuncia con la vocale prolungata  Nnüh!, che evidenzia il rafforzativo iniziale del monosillabo.

È una tipica esclamazione nostrana, brevissima e pronunciata con inflessione di sfida, in tutta risposta a proposte irrealizzabili. Si pronuncia anche mostrando qualcosa, qualche scena, qualche risposta inattesa quantunque prevedibile.

L’interiezione Nnüh è un po’ dauna. A Foggia dicono : Ané. Nel barese dicono Nah. Noi pronunciamo una doppia NN. Se volessi stravolgere ogni regola metterei ortografica anche tre consonanti!

Assume una connotazione volgare se accompagnata da un gesto inqualificabile. Immaginate il “tié!” romanesco pronunciato mentre si fa il gesto dell’ombrello…

Non sapete che cos’è il gesto dell’ombrello? Lo dico per i puri di cuore che non sanno molte cose della vita: il gesto indica sbrigativamente il posto esatto dell’avambraccio dove il nonno appendeva l’ombrello chiuso quando usciva e temeva di incontrare la pioggia. Si batte con il palmo di una mano la parte interna dell’altro braccio, mentre l’avambraccio si solleva col pugno chiuso. Il sollevamento dell’avambraccio vuole mimare l’atto di trattenere l’immaginario ombrello del nonno per evitarne lo scivolamento e la caduta. Ecco, spero di non aver offeso la vostra sensibilità.

– Che bell’ullòrge! Ma fé ‘ccànge? – Nnüh! (ombrello) = – Che bell’orologio che hai! Vuoi scambiarlo con il mio? – Ma cosa ti viene in mente?

Nnüh, guardéte ch’jì ca ce appresènde mò! = Accidenti, osservate chi, a sorpresa, sta facendo il suo ingresso nella nostra comitiva proprio adesso che non lo aspettavamo più ed avevamo fatto altri progetti senza do lui!

L’ho già ripetuto altre volte che il nostro dialetto ha una capacità di sintesi davvero mirabile. Basta un monosillabo per espremere un concetto di senso compiuto e ben articolato.

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Ngarecànne

Ngarecànne inter. = Suvvia

Esprime esortazione, incoraggiamento, sostegno, conforto.

L’etimo è la locuzione: non ti caricare (di proccupazoni), cioè non preoccupare, tanto un rimedio c’è sempre ad ogni avversità.

Meh, ‘ngarecànne, ca döpe ce aggióste tutte cöse! = Su non affliggerti, ché dopo si aggiusta tutto!

I più anziani dicevano anche nen te jènne ‘ngarecànne = Non andare a gravarti, ad addossarti preoccupazioni

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Möne

Möne inter. = Dài, su, coraggio, sbrigati, fa presto, lascia stare, ecc.

Möne! esprime esortazione, incitamento, incoraggiamento.

Indica anche fastidio, insofferenza. impazienza.

Möne, möne, dàmece da fé = Dai, dai, diamoci da fare.

Spesso è preceduto da una “e” rafforzativa:

E möne, làssa sté! = E dài, lascia perdere, non insistere.

E möne fenìscele! = E dài, smettila! Detto a qualcuno che ci infastidisce ripetendo e insistendo sempre sulla stessa cosa, per farlo smettere.

Papà, e möne, accàttamìlle ‘e bececlètte! = Papà, dai, compremela la bicicletta!

Talora si rafforza anche con l’esortativo mèhE möne, mèh! = E dai, su!

Con sorpresa ho scoperto che deriva dal latino minari.

Con la stessa pronuncia assume il significato del sostantivo “mina”, congegno esplosivo usato dai cavamonti. Clicca qui.

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Mèh

Mèh inter. = Suvvia, deh,

È una interiezione usata spesso con diverse funzioni.

  • Funzione esortativa (suvvia, ti prego, e dai, accontentami, ecc.)
    Mèh, e fammìlle ‘stu piaciöre! = Suvvia, e fammelo questo piacere!
    Specialmente ripetuto Mèh, mèh si usa per incitare,  incoraggiare, confortare, aiutare, ecc.).
    Mèh, mèh ‘ngarecànne, ca döpe ce aggióste tutte cöse! = Su non affliggerti, ché dopo si aggiusta tutto!
  • Funzione conclusiva (in definitiva, dunque, allora, pertanto, ecc.)
    Méh, mò ce ne jéme! = ebbene, adesso ce ne andiamo.
  • Funzione interrogativa (ed allora? ebbene? quindi?)
    Te sì vìste per Lunàrde? Méh? = Ti sei incontrato con Leonardo? Ed allora? (che cosa avete concluso, che cosa mi riferisci, che aspetti a parlarmene?)

Guardate una sola sillaba che cosa riesce a esprimere!

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Mègghje-a-Düje!

Mègghje-a-Düje! inter. = Guai! Non sia mai!

Credo che l’interiezione completa sia: Meglio che Dio ti chiami piuttosto che vederti combinare questa malefatta. Guai a te!

Variante: mègghje-a-lu-Düje = Non sia mai! Meglio che il (nostro) Dio…(ti risparmi la sua ira).

Variante per i devoti della Vargine: Mègghje-a-la-Madònne!

Ad una vispa vecchietta che festeggiava le nozze d’oro fu augurato un altro cinquantennio assieme a suo marito. La sua risposta fu immediata, lapidaria e allarmata: Mègghje-a-Düje!  😀

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Maramè!

Maramè! inter. = Oramai!

Cosa vuoi che sia… Arrivati a questo punto…

L’ho sentita da mia madre. Forse ha un’influenza Montanara, verificheremo.

Meh, daccìlle doje öve a Nannüne: che vole jèsse? Maramè! = Beh, dàgliele due uova a Nannina,: che vuoi che sia? Arrivati a questo punto….

Nella parlata più antica significava anche: ahimé, povero me, misero me.

Jì mùrte marìteme! Maramè cüm’agghja fé?
 = È morto mio marito! Ahimè come farò (a portare avanti la famiglia senza sostegno economico)?

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Mannàgghje

Mannàgghje inter.= Mannaggia

Imprecazione che esprime impazienza, contrarietà, stizza, disappunto, maledizione.

Deriva da “male ne abbia”- mal n’abbia – mannabbia – mannaggia – mannagghja, fino all’abbrev. .gghjià….

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