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Jògge

1) Jògge avv.= Oggi, questo stesso giorno; può comprendere anche un tempo più esteso della giornata odierna, per indicare questa nostra epoca, in questi nostri tempi.

Ai tjimbe de jògge = oggidì, oggigiorno.

2) Jògge s.m. = Il pomeriggio. Parte in cui si divide la giornata.

Véche a fatjé ‘a matüne e ‘u jògge = Vado a lavorale la mattina e il pomeriggio.

Per evitare confusioni talora si usa la locuzione döpe mangéte= dopo pranzo.

Jògge tènghe da fatejé ‘a matüne e ‘u döpe mangéte = Oggi ho da lavorare la mattina e il pomeriggio

Qualcuno, sempre per riferirsi al pomeriggio, dice döpe-mangéte o anche döpe-mangéje = dopo il mangiare, dopo pranzo.

 

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Jìndre

Jìndre avv. = Dentro

All’interno, nella parte interna di qualcosa.

Trasì jìndr’a chése = entrare dentro la casa.

In dialetto si usa talvolta anche nella forma da jìndre.

Ce töne tutte da jìndre = Si tiene tutto dentro.

Mìttele da jìndre = Mettilo, ponilo, dentro un contenitore, una cassa, una bottiglia, un armadio ecc…

Si usa andche la forma jìnde, abbreviato con ‘nde.

Jìnd’u stepöne = dentro lo stipone.

Jìnde e före = Dentro e fuori

Ma che tjine ‘nde la chépe? = Ma che hai dentro la testa?

bbianghjé ‘u jìnde = Imbiancare l’interno (di una casa).

Ora si usa anche indèrne o ‘ndèrne con termine simil-italiano per dire interno.

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Gnorsì 

Gnorsì avv. = Signorsì, sissignore

Risposta di tipo affermativo che si rivolge a una persona di condizione superiore, usata spec. tra i militari.

Ironicamente: certo, proprio così, ho capito bene.

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Gnò? 

avv. = Sissignore.

È un’abbreviazione, come formula di cortesia, spec. nei confronti di persona a cui si deve rispetto, in luogo del semplice “sì” o “sissignore”.

Gnò? deriva da desidera signore/a?, o come i militari comandi signore, rispondendo a una chiamata per dire che si è presenti, pronti e sim.

Faccio un esempio: la maestra sartina chiede l’aiuto di un’allieva in particolare, una delle tante che stavano a bottega:

– Mariè! – Gnò? = – Marietta! – Sì, eccomi qua, desidera qualcosa, signora maestra?

Ovviamente la sintesi più volte lodata del nostro dialetto qui arriva al monosillabo!

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Gnernò

Gnernò avv. = Nossignore

Forma cortese e rispettosa di negazione, usata spec. verso superiori o persone di riguardo.

Nel linguaggio militare c’è l’equivalente signornò: forma di risposta negativa usata rivolgendosi a un superiore.

Forma colloquiale per esprimere disappunto e contrarietà. Per es. quando si è un po’ spazientiti per la petulanza dell’interlocutore, non ritenendo basti il solo no, si dice gnernò..

Napoletano: E lèvate ‘a cammesella. ‘A cammesèlla gnornò gnornò..

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Före

Före avv. = Fuori

L’avverbio fuori indica un posto all’esterno di luogo noto.

Mìtte ‘u vrascjire före = Poni il braciere fuori dell’uscio (così i carboni si accendono più facilmente).
Assettàmece före ‘u balecöne ca jìnde fé càvede = Sediamoci fuori al balcone perché dentro fa caldo.

In dialetto assume un’altra connotazione, perché significa anche “in campagna”.

Chjöva-chjöve e papà jì jüte före, jì jüte senza càppe e Madònne mandjine l’acque = Piove, piove, papà è andato in campagna (non fuori dell’uscio), è andato senza mantello, e Madonna trattieni la pioggia.

Cré matüne àmma jì sóbbete före = Domattina dobbiamo andare presto nei campi.

In linguaggio marinaresco Föra-före significa: in alto mare, al largo.

Come locuzione avverbiale a före a före significa da parte a parte, in tutta la sua ampiezza o la sua larghezza.

Pe trué a te me sò fàtte tutta Mambredònje a före a före = Per cercarti ho girato tutta Manfredonia in lungo e in largo.

Tàgghje ‘na pezzéte a före a före = Taglia un pezzo (di pizza, di pane, di lardo, ecc.) per tutta la sua lunghezza.
‘Stu müre völ’èsse menéte ndèrre a före a före = Questa parete va abbattuta interamente.

Avviso ai Manfredoniani di ultima generazione.
Non usate mai före per indicare un foro. Questo si chiama büche, pertüse = buco, pertugio.
Tutt’al più si usa furatüre per indicare una bucatura al pneumatico della bicicletta, e dei veicoli su gomma.

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Fisalmènde 

Fisalmènde avv. = Finalmente

Con valore frasale, per esprimere la soddisfazione del parlante col sign. di “felicemente”, oppure con valore descrittivo, per enumerare l’ultimo di una serie di oggetti o di persone. Da ultimo, alla fine, isomma, in definitiva.

Usato in tono esclamativo, esprime soddisfazione per il realizzarsi di qcs. di atteso, sperato.

Oggigiorno lo pronunciano solo i più anziani, e man mano sta andando in disuso. Tutti abbiamo frequentato la scuola dell’obbligo, e lo abbiamo accostato all’italiano ‘finalmente’, anche perché è un po’ più agevole pronunciarlo.

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Fiöre-mezzjùrne

Fiöre-mezzjùrne avv. = Mezzogiorno pieno, controra.

Si intende indicare, con questa locuzione, il periodo più caldo delle giornate estive che va da mezzogioro alle ore 15, quando è sconsigliato eseguire alcuna attività.
In questo lasso di tempo ci si dedica al pranzo e alla successiva pennichella.

Che jéte facènne di fiöre-mizzjùrne? Stàteve ai chése vòstre! = Che andate facendo a quest’ora calda e irrespirabile. È meglio che ritorniate nelle vostre case per evitare un’insolazione!

“Controra” è un termine dialettale, passato all’italiano. Indica, ovviamente in estate, il periodo più caldo della giornata. Qualsiasi attività svolta in queste ore è considerata contraria ad ogni buon senso.

Insomma in quelle ore, come nei paesi arabi, non si dovrebbe svolgere alcuna attività, specie all’aperto altrimenti si rischia un’insolazione.

Quando lavoravo in provincia di Taranto, ho potuto constatare che le attività nei campi e in edilizia si svolgevano dalle 4 di mattina alle 12. Poi tutti a casa per la gran calura di quei luoghi…sauditi.

Questa che sto per raccontare è una storia autentica: durante un procedimento civile in Pretura, un testimone oculare, nell’esporre al Giudice i fatti cui aveva assistito, esordì con “Jöve di fiöre-mizzjùrne…..”

Il giovanissimo Avvocato Berardino Tizzani, furbescamente, volle informarsi dal teste che tipo di “fiore” fosse quello! Un fiore rosso, giallo?… Un garofano, una rosa?…

La battuta servì ad allentare la tensione che attanagliava il teste: poi tutto filò liscio.

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Fenanghe

Fenanghe avv. = Anche, perfino, pure, altresì.

Avverbio bellissimo. Mi sembra un po’ antico, ma è molto gradevole sentirne il suono inserito opportunamente nel corso della frase.

Vogghje venì fenanghe jüje = Voglio venire anche io.

Stöve fenanghe Mattöje = C’era perfino Matteo (chi lo avrebbe immaginato?).

Mò te déche ‘na mulèlle, ‘nu purtjàlle, döje mènele e fenanghe na fèlle de melöne = Ora ti dò una mela, un’arancia, due mandorle e pure (perfino, in aggiunta) una fetta di melone.

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Faccefrònde

Faccefrònde avv. = Dirimpetto

Persona, o edificio o qlcs situato di fronte, a qlcu.

Mattöje jàvete faccefrònde a mamme = Matteo abita di fronte a (casa di) mamma mia. Dirimpetto.

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