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Ceregnuléne

Ceregnuléne agg.s.m. e sopr.= Cerignolano

Qualcuno pronuncia anche Cerugnuléne

agg. relativo a Cerignola. Vulüve cerugnuléne = Olive cerignolane
s.m. Persona nativa di Cerignola = ‘U Ceregnuléne vènne ‘scarpe?= Il Cerignolano vende le scarpe?

Esiste anche Ceregnuléne come soprannome.

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Cenjidde

Cenjidde agg = Morbido.

Morbido, soffice, cedevole.

Riferito al pane, al guanciale, al materasso, al dolce, al giaciglio, ecc.

Ai può dire anche Cenjite al femminile fa Cenöte

Le ultime generazioni, ammesso che usino ancora il dialetto, pronunciano cenjille. Non so se esiste un femminile; probabilmente è cenèlle‘na škanéta cenèlle = una pagnotta soffice.

Chiedo aiuto ai lettori. Contattate gli anziani!

Forse deriva dall’italiano “cedere” e “cedevole”.

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Ceccöne

Ceccöne agg. = Cocciuto

Proverbialmente testardo come un Montanaro.

Può essere un cognome Ciccone come quello della cantante americana Madonna, o del defunto don Michele, Parroco a S.Michele a Monticchio

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Cazzöne

Cazzöne agg. e s.m. = Minchione

agg. stupido, credulone.

s.m. persona sciocca, ingenua, che ha poca intelligenza e si comporta in modo insensato.

Cazzöne, da turte a raggiöne = Il minchione, da aver torto si trova ad aver ragione. E questo inspiegabilmente, pur non essendo scaltro e convincente.

Per i delicati di orecchio si usa l’eufemistico savezicchjöne, nel senso di grossa salsiccia che, come forma, ricorda molto l’altro grosso organo, come  scritto nel titolo.

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Càvete

Càvete agg. = Caldo

Accettabile anche càvede.
Riferito a temperatura superiore alla norma o a quella che ci si aspetta.

(lat càldus, sincop. di càlidus).

Ricordo il grido dei venditori ambulanti di polenta fritta: “Scagghjùzze càvete uhé, scagghjiùzze càvete e grùsse!”. Passavano la mattina all’alba davanti alle ‘socie’ in tempo di carnevale festeggiato in casa, per rifocillare i ‘soci’, stremati per aver ballato per tutta la notte.

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Catrechéle

Catrechéle agg. = Primario, principale

Che ha la maggiore importanza, il maggior valore.

Te ne vjine per tanta chjacchjere e te scurde ‘u catrechéle = Fai tante chiacchiere e ti dimentichi l’argomento principale.

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Castréte

Castréte agg. e s.m. = Castrato

Oggi si intende esclusivamente il maschio adulto di ovino, privato dei testicoli per favorirne l’accrescimento rapido. Le carni sono tenere e profumate specie se preparate a ragù.

La castrazione umana è detta evirazione. Chi conosce la storia della musica sa che fino all’inizio del 1900 usavano castrare i bambini prima dello sviluppo in modo che conservassero la voce bianca allo scopo di assegnare loro canti di timbro femminile.

Venivano chiamati sopranisti o evirati cantori. Il più osannato, corteggiato e pagato, fu Carlo Broschi, in arte Farinelli (Andria, 24 gennaio 1705 – Bologna, 16 settembre 1782), una vera star e prima donna….
(Vedi Farinelli)

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Carucchjéne

Carucchjéne agg. e s.m. = Avaro, taccagno, tirchio, spilorcio, pitocco.

‘Stu carucchjéne, jì scùgghje ca nen cacce lambe! = Questo taccagno è (come uno) scoglio che non reca patelle.

Ossia non aspettarti nulla, ma proprio nulla da lui.

I pescatori più anziani pronunciano carucchjéle.
Entrambe le versioni sono ugualmente accettabili.

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Capacchjöne

Capacchjöne agg. = Testone, testardo

Il soggetto che ha dato origine al soprannome o aveva una testa di considerevole stazza, o semplicemente era testardo, cocciuto.

Significa anche caparbio, ostinato nelle proprie convinzioni. Nessuno riesce a farlo desistere, nemmeno di fronte all’evidenza.
Insomma, in altri termini, può definirsi chépe de mentöne = testa di montone, di ariete.

il ‘u Capacchjöne per antonomasia era diventato spregiativamente il fondatore del Fascismo, Benito Mussolini, capacchjöne onorario.
All’epoca molti ritenevano che il suo testone contenesse un cervello dotato di una intelligenza eccezionale. Altri lo immaginavano pieno di “fumiero”, e mi fermo qui perché non parlo di Politica in questo sito.

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Cannarüte

Cannarüte agg. = Famelico, vorace, goloso

Deriva da “canna”, il tubo dell’esofago che porta il cibo dalla bocca allo stomaco, evidentemente ben funzionante.

Il termine, alla lettera, significa dotato di ottima canna, intesa come la “gola” del goloso.

Cannarüte è riferito al mangione nel senso di famelico, ingordo, insaziabile.
Per i golosi di dolciumi esiste un aggettivo specifico: Cianguljìre

Le nostre mamme bonariamente asserivano che noi monelli avevamo la “canna longhe accüme ‘i scöpe felìnje“.
Tuttavia ci assecondava, giustificando il fatto che avevamo la “canna lunga” (nel senso di essere insaziabili), paragonando la dimensione della nostra “canna” a quelle palustri, che producono quel pennacchio usato per fabbricare le scope morbide, adatte a raccogliere le ragnatele.
Potenza di sintesi del nostro dialetto!

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