Tag: aggettivo

Sburdacchjéte

Sburdacchjéte agg. = Ingozzato, rimpinzato, abbuffato

Si riferisce a persona che ha mangiato esageratamente, fino a debordare, oltrepassare i limiti, eccedere.

Ritengo che l’origine dell’aggettivo vada ricercata, per similitudine, nel verbo italiano ‘debordare’: uscire dal bordo, traboccare, straripare, tracimare.

Famosa è la figura dei pùrche sburdacchjéte = i porci ingordi riferito a persone con lo stomaco ingozzato, soggetti insaziabili che forse riescono a infilarci qualcosa ancora.

Assemegghjéte a düje pùrche sburdacchjéte = Sembrate due maiali rimpinzati.

Ossia: siete due persone insaziabili. Quando la smettete di ingozzarvi?

Sinonimi:
Scaleméte, sgajéte, sbummenéte (o sbulmenéte), forse derivato da bulimia.

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Sbalastréte

Sbalastréte agg. = Scombussolato

Turbato, sconvolto profondamente, squilibrato psichicamente, disorientato.

Eh, li uéje m’hanne sbalastréte ‘a vüte! = Eh, i guai mi hanno scombussolato l’esistenza!

Taluni fiuratamente dicono sbalestréte, come se si fosse spezzata una balestra al veicolo che perciò non procede correttamente.

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Sbaculéte

Sbaculéte agg. = Distratto

Si riferisce a persona distratta o che si dimentica facilmente le cose, sia per motivi fisiologici dovuti all’età, sia per le soverchie preoccupazioni che l’assillano o anche a causa del comportamento confusionario di altre persone.

Pare che derivi dal latino sine baculus = senza bastone. Se qlcu è senza sostegno, avanza in maniera insicura.

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Sbabbàcule

Sbabbàcule agg. = Frastornato

Definisce qlcu disordinato, privo di equilibrio e coerenza, scombussolato, frastornato.

Quindi come sostantivo è una persona sbalestrata che ha perso i suoi valori e si trova quindi sbattuto da una parte all’altra dai marosi della vita.

Mi hanno suggerito che derivi addirittura dal latino sine baculus = senza bastone. È chiaro che così si cammina squilibrati, senza sostegno

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Satórne

Satórne agg. = Introverso

L’aggettivo si riferisce a qualcuno di poche parole, piuttosto riservata.

Non è di grande compagnia perché appare spesso pensieroso, assorto e non interviene nella conversazione.

Insomma uno che magari può sembrare scontroso e diffidente, ma che semplicemente non intende mostrare i suoi sentimenti perché di carattere chiuso.

Gli amici lo tollerano nella propria cerchia perché, anche se dà l’impressone di essere scorbutico, non è mai ostile ai loro progetti. Ecco, un è vero “orso”…

Presumo che satórne derivi dall’aggettivo italiano “taciturno”, a causa la desinenza quasi uguale, senza scomodare il pianeta anellato.

Guagliò, ma códde Mattöje quant’jì satórne! Ne’llu spìzzeche ‘na paröle da mmòcche… = Ragazzi, ma quel Matteo quanto è selvatico! Non gli stacchi una parola dalla bocca…

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Saprüte

Saprüte agg. = Saporito, gustoso.

Ricco di sapore; che ha un sapore intenso, anche per l’aggiunta di condimenti e aromi.

Te piàcene i fechedìnje? Sì, so saprüte! = Ti piacciono i fichidìndia? Sì, sono gustosi

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Sapretjille

Sapretjille agg. = Sapore deciso

Si indica specificamente questo aggettivo quando, nell’assaggiare una pietanza, si nota che essa è un po’ troppo ricca di sale o di spezie, e che va perciò corretta.

Quando mio nonno diceva questo, mia nonna lo tranquillizzava, dicendogli: acchessì te pùte azzecché ‘na vèvete de vüne de chjó! = così puoi approfittare per una bevuta di vino in più (per togliere dalla bocca il gusto deciso del sale, o del pepe).

Caso mai mio nonno avesse trovato la pietanza un po’ scarsa di sale, ossia sciapüte, mia nonna lo avrebbe rimbeccato: e chè te vularrìsse ‘mbriaché? = per caso ti vorresti ubriacare?

Assapréte ‘stu süche: accüme jì venüte? = Assaggiate questo sugo: come è riuscito?
Jì nu pöche sapretjille = È un po’ ricco di sale!

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Saccuréle

Saccuréle agg. = Che riguarda il sacco.

Questo aggettivo riguarda specificamento un grosso ago (l’éche saccuréle), usato per riparare i sacchi di tela grossa o di iuta.

È usato altresì dalle impuntatrici di coperte imbottite.

Deriva dal greco sakkos + rafis. 

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Rìcche-Pelöne

Rìcche-Pelöne agg. e s.m. = Ricco sfondato

Il nome Pelöne = Epulone proviene dalla famosa parabola di Gesù e raccontata nel Vangelo di Luca (Cap.16, versetti dal 19 al 31). È anche conosciuta come la Parabola del Ricco e del mendicante Lazzaro.

L’uomo ricco tradizionalmente è chiamato Epulone nella Vulgata, la traduzione latina del brano e dell’intera Bibbia. Infatti in latino Epulònem, proviene da èpulae= vivande, e èpulum, banchetto.

La definizione si addice a qlcu che fa lo sbruffone, comportandosi da prodigo, o anche a chi è ricco davvero ma si comporta da egoista.

Jì arrevéte ‘u rìcche Pelöne! = È arrivato il ricco sfondato.

Ossia: guardatelo come fa lo sbruffone e si comporta con prodigalità, sperperando denaro in quantità, proprio come se fosse una persona ricca di fatto, mentre io so che non lo è.

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Revattüse

Revattüse agg. = Vivace

Al femminile, ormai dovreste iontuirlo, fa revattöse

L’aggettivo significa : ricco di vitalità, di esuberanza e, riferito perlopiù a bambino, di irrequietezza.

‘Stu uagnöne jì troppe revattüse, addjì ca töne l’ucchie töne i méne! = Questo banbino è troppo esuberante, dove posa gli occhi pone le mani.

Vedi anche artèdeche. In questo caso si dice: töne l’artèdeche ai méne = ha irrequietezza alle mani (mi sembra che Cocciante cantasse: “io non posso stare fermo con le mani nelle mani”… )

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