Puttanìzzje s.f. = Meretricio, lenocinio
Mercimonio del proprio corpo. Prostituzione.
Ai tjimbe de jògge stanne numónne de puttanizzje = Al giorno d’oggi c’è molta immoralità (esistono molte azioni immorali, specie in ambito sessuale).
Il neologismo bunga-bunga traduce bene il nostro sostantivo.
La televisione annunciava giorni fa che in Italia in questi ultimi dieci anni la moralità è sensibilmente diminuita. Per me non è certo segno di “emancipazione”.
La conseguenza? Proporzionale aumento di puttanìzzje. E non mi scambiate per bacchettone, perché i fatti di cronaca quotidiani purtroppo non mi smentiscono.
Puttanìzzje designa anche il lenocinio, ossia l’azione di chi si adopera, come intermediario, per favorire la prostituzione o amori considerati illeciti, a scopo di lucro.
Per estensione: inganno, ladrocinio, raggiro, e chi più ne ha più ne metta.
Insomma tutto il repertorio del malazzjunànde.
Ma códde, che mestjire fé? Uhm, vé facènne puttanìzzje = Ma quello, che mestiere fa? Uhm, fa compiendo misfatti.
Il termine dialettale forse si rifà ad autori ottocenteschi. La “puttanicizia” è parola usata da Giuseppe Gioacchino Belli, e poi rilanciata da Carlo Emilio Gadda, per significare impudicizia, ed è una fusione tra puttanità (licenziosità, lascivia, per Pietro l’Aretino) e impudicizia.
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