‘U pertüse ‘u Mòneche top. = Il pertugio del monaco.
Niente orifizi del frate….
Si tratta di una gradinata in pietra, costruita nelle antiche mura sul lato mare della città, che mette in comunicazione Corso Manfredi con il sottostante largo Diomede.
Usata da secoli dai pescatori per scendere al mare.
Si presumeva erroneamente che il notissimo toponimo derivasse dal fatto che il passaggio era usato anche dai frati del vicino Convento di «Santa Maria delle Grazie» per recarsi a mare al Mandracchio per le loro abluzioni estive.
In questo caso avrebbe dovuto chiamarsi «‘U pertüse ‘i mùnece» al plurale, come «‘A grotte ‘i mùnece», verso “Cala del fico” ove fino all’avvento dell’ANIC ci andavano effettivamente d’estate.
Il dott. Matteo Rinaldi invece ragionevolmente sostiene che il “monaco” in questione non si riferisca ad un frate, bensì ad un argano – uno dei tanti significati della voce dialettale (clicca→) mòneche – collocato anticamente sul quel ballatoio per issare e calare merci dalla/alla sottostante spiaggia Diomede.
In definitiva la traduzione corretta è “il passaggio dell’argano”
[…] si svolgeva generalmente in un locale posto sulla sinistra di Cala Diomede scendendo le scale del Pertüse ‘u Mòneche. La fibra delle reti era canapa o cotone filati, cioè materiali del tutto […]
Il nome potrebbe derivare da “u mòneche” (vaso da notte) che abitualmente veniva vuotato all’esterno delle mura proprio dal ballatoio sovrastante.
Ritengo più plausibile l’intuizione del dott. Rinaldi.