Gratta-mariànne s.f. = Granita
Prodotto di gelateria formato da ghiaccio tritato con sciroppo.
La definizione del vocabolario Sabatini-Coletti è un po’ troppo striminzita
Ghiaccio tritato e posto in bicchiere con sciroppo di menta, orzata, amarena ecc. Si gusta lentamente con un cucchiaino.
Una volta si otteneva “grattando” il blocco di ghiaccio (‘u cannùle) con un’apposita pialletta metallica dotata di contenitore dal coperchio snodato.
Dentro di esso si accumulavano i detriti man mano che si raspava la colonnina di ghiaccio.
Una volta riempito, si sollevava il coperchio e si faceva scivolare la massa granulosa di ghiaccio dentro il bicchiere, ove si condiva con abbondante sciroppo di frutta ‘u sènze = l’essenza
Gratte, gratte la Marianne, ca chjù gratte e chjù guadagne! = Gratta, gratta, Marianna, ché più gratti/o e più guadagni/o.
Da questo grido dell’imbonitore, rivolto alla sua aiutante, moglie o figlia che sia, è nato il nome popolare della granita.
Successivamente fu introdotta un macinino con manovella laterale, a rotella, per la triturazione del ghiaccio.
Si introduceva il ghiaccio dall’alto in pezzi grossolani ottenuti con lo scalpello dal blocco intero e si azionava la macina. Passato attraverso il trituratore, esso scendeva sminuzzato direttamente nel bicchiere.
Le granite più stuzzicanti si vendevano in un chiosco sotto il castello, gestito da Vincenzo detto Gemì “Garebbalde”, (gli Alleati lo chiamavano Jimmy).
Costui, furbescamente, faceva anche credito ai ragazzi momentaneamente scarsi di moneta. Vi assicuro che Gemì ci ha rimesso nemmeno un centesimo perché sapeva che gli adolescenti sono tutti ciecamente affidabili.
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