Fìgghje de putténe inter. = Figlio di puttana.
Definizione indispettita, improperio lanciato verso qlcu che ha agito male nei confronti del parlante o della comunità.
‘Nu fugghje de putténe ho menéte ‘ndèrre ‘u péle d’a lüce! = Un mascalzone ha atterrato un palo della illuminazione pubblica.
Questa invettiva, pronunciata con durezza, è un’offesa abbastanza grave, ma in taluni casi ha assunto una connotazione diversa.
Può essere pronunciata scherzosamente, allora la frase quasi affettuosa e ammirativa per la scaltrezza e l’abilità dimostrata dal soggetto cui l’epiteto è diretto.
Infatti questi figli di madre ignota, vissuti in ambiente degradato, dovevano imparare presto a diventare scaltri, dinamici, e abituarsi a lottare contro la crudezza che la vita presenta giorno per giorno.
Ovviamente erano avvantaggiati rispetto agli altri figli “normali”, perché sapevano affrontare e risolvere qualsiasi difficoltà si fosse presentata ai loro occhi.
Ormai l’epiteto “Figlio di puttana”è comune in tutte le lingue:
Ricordo che fu la prima frase che i Manfredoniani impararono dagli Americani, con cui erano in contatto durante l’occupazione Alleata nell’ultima guerra, fu, in un inglese maccheronico:
Sàreme-a-bbìcce, ossia Son of a bitch = Figlio di una cagna (qui intesa come prostituta, abbreviato in letteratura con sob).
Ovviamente noi monelli non sapevamo il significato della definizione, ma la ripetevamo a sproposito, solo perché aveva un bel suono.
Rammento anche di aver letto il noto labiale di Maradona: Hijo de puta!
Variante: Fìgghje de frechéta ‘ngüle, o fìgghje de zòcchele (anche nella forma breve fìdezòcchele).
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