Féfe
Féfe s.f. = Fava
Pianta erbacea della famiglia delle Fabaceae (Vicia faba) con fusto eretto, foglie paripennate, fiori bianchi o violacei e semi schiacciati a forma di rene contenuti in baccelli.
Il seme è commestibile. Di colore verde o bruno, di forma appiattita, si mangia fresco o secco.
La tradizione manfredoniana vuole che il giorno di Santa Lucia, il 13 dicembre – forse perché la loro forma tondeggiante, ci fa ricordare gli occhi estirpati alla povera Lucia nel suo martirio – si consumino le fave lessate con tutta la buccia, dette féfe aggraccéte, ossia aggrinzite, perché così si presenta la corteccia dopo aver tenuto le fave in acqua per tutta la notte prima della bollitura.
Insomma la fava si presenta con delle minuscole pieghe o ondulazioni, aggrinzita, “arricciata”.
Si preparano anche arrostite, sempre con tutta la buccia. Si mangiano come i bruscolini o il pop-corn, ossia per passatempo. Ma è un passatempo solo per coloro che hanno denti robusti…
A me spaccherebbero la dentiera! ‘Nziamé!.
C’era un tale che tutte le sere si collocavacon un suo scanno davanti al cinema “Fulgor” e vendeva in coni di carta, fave e ceci abbrustoliti, da consumare durante la proiezione dei film.
Quel Signore, il cui nome non ricordo ma dal cognome “Cinque”, aveva il volto cupo e tenebroso. Era soprannominato “Cécérílle”. Vendeva fave e ceci abbrustoliti, oltre “ai summéntelle” che calibrava con “u músurille” (20 lire) o “u mízze músurille” da 10 lire. La sua piccolissima bancarella la si trovava accanto al cinema Fulgor (d’inverno) e d’estate sul marciapiede di fronte al cinema Impero. Qualche volta si alternava con la moglie o con il figlio