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Traffecatöre

Traffecatöre s.m. = Intrallazzatore.

Il dizionario dei sinonimi elenca una sfilza di aggettivi per definire questo tipo di personaggio: affarista, armeggione, maneggione, intrallazzatore, intrigante, trafficante, trafficone, traffichino, procacciatore d’affari.

Insomma si tratta di un personaggio non troppo affidabile, né di specchiata moralità perché costui sa badare solo agli affari suoi, leciti o (più facilmente) arbitrari e discutibili. Quando questi lestofanti sono già noti, vengono detti mbrugghjapurche, o, con termine ricercato, atturrande

Spesso, se si definisce qlcu come traffecatöre si avverte una punta di invidia, una segreto apprezzamento della sua scaltrezza.

Ma credetemi l’uomo onesto agisce sempre alla luce del sole, senza sotterfugi e senza scopo recondito a danno degli altri.

Insomma tutto il contrario di quei pochi (o tanti?) uomini politici dei nostri tempi. Ed ho detto tutto!

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Trainjire

Trainjire s.m. = Carrettiere

Conducente di carri a trazione animale.

Professionista abilissimo che aveva con il cavallo un rapporto di simbiosi. Usava ‘u scurriéte= lo scudiscio rarissimamente per colpire la bestia. Bastava il suo schiocco per far capire all’animale l’intenzione del conducente.

Genericamente chiamato anche carrettjire = carrettiere, costui prestava molta cura nell’accudire il cavallo e nel mantenere il carro sempre efficiente: erano la sua fonte di sostentamento.

Nei trasporti notturni dalla campagna al paese, con il lume a petrolio appeso sotto il pianale, non so come, riuscivano a fare una dormitina seduti a cassetta. Il loro cavallo li conduceva fino a casa!  Quasi sempre tutto il tragitto, diurno o notturno veniva scortato da un cane che trotterellava sotto il carretto.

Ricordare la poesia di Pascoli “La cavallina storna”? Riportò a casa il povero padre del poeta morto con una fucilata in un agguato.

Negli anni ’30 alcuni carrettieri cedettero il loro carretto e si convertirono all’autotrasporto.

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Trajüne

Trajüne s.m. = Carro a trazione animale

Era chiamato meno specificamente anche con il termine generico di carrètte s.f. = carretto s.m.

Ormai non si vedono più in circolazione, ma fino agli anni ’60, cioè fino all’avvento del motocarro “Ape” della Piaggio, o dell’autocarro “Leoncino” della OM, era un mezzo di trasporto diffuso per trasferire il pescato dalla banchina del porto, e le derrate alimentari dalla campagna a Manfredonia e ad ogni Centro abitato.

Era, come dimensione, una via di mezzo tra la carrettèlle  (o trajnèlle ), per lo più spinta o trainata a mano dai venditori ambulanti (talvolta da un paziente asinello) e il carrettöne, dalla portata di 16 quintali circa, trainata da due cavalli, uno alle stanghe e uno a valanzüne (al bilancino).

La foto reperita in rete raffigura un tipico carretto pugliese.

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Tramjizze

Tramjizze s.m. = Tramezzo

Parete non portante che separa due ambienti; può essere in muratura o formata da pannelli di materiale vario (cartongesso, vetro, ecc.).

All’epoca il tramezzo era fatto solo di legno, e veniva perciò chiamato ‘u ndauléte o anche ‘ndaveléte, cioè fatto di tavole, di assi di legno.

I sinonimi Tramjizze= tramezzo e devesòrje = divisorio, sono due neologismi prestati dall’italiano proprio quando si è cominciato ad usare la muratura leggera (mattoni forati) per separare gli ambienti.

Negli ambienti unici, quali erano le abitazioni a piano terra delle nostre nonne, il tramezzo non chiudeva mai completamente gli spazi come negli appartamenti dei piani superiori. Difatti il divisorio non arrivava fino al soffitto ma si ergeva per circa due metri dal suolo, e separava il reparto notte dal soggiorno e dall’angolo cottura.

Alcuni calzolai e sarti facevano “casa e bottega” nello stesso ambiente, dove l’abitazione e il laboratorio erano separati solo da un pannello di legno. Impensabile ai nostri giorni. Ma quelli erano tempi di grande ristrettezza economica….

Un moderno tramezzo è usato negli uffici postali o nelle banche per separare il pubblico dagli operatori, ed è formato dal bancone e dal vetro. Per motivi di sicurezza anti-rapina ora viene usato un vetro anti-proiettili a chiusura totale fino al soffitto.

Il termine tramjizze deriva dal francese entre-mis (pronuncia antremì) ossia entre = fra e mis = messo, come dire frapposto, posto in mezzo, messo tra due cose.

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Tranganére

Tranganére agg. e s.m. = Profittatore, egoista

Soggetto non affidabile, che pensa solo al suo tornaconto.

Nonostante la dichiarata amicizia, si comporta slealmente, volgendo a favore suo tutte le occasioni.

Códdu tranganére!..Camüne sèmbe pe’ l’ògna specchéte = Quell’egoista! Cammina sempre con l’unghia spaccata.

Quando qlcn agisce con “l’unghia spaccata”,  ti ferisce anche se ti fa una carezza.

 

Certamente tranganére deriva ‘ngannatöre, ingannevole, che inganna (‘u sùnne jì ‘ngannatöre = il sogno è ingannevole).

Può forse anche significare “colui che tracanna, che ingoia avidamente”, ovviamente che pensa a se stesso, senza curare gli altri.

La desinenza è in -ére, come ferrére, stagnére, lattére, purtenére, ecc. si riferisce alle attitudini del soggetto: è dedito al ferro, alla latta, al latte, alla portineria….

Chi ha altre ipotesi? Scrivete, così poi ognuno calza il significato come meglio possibile alle proprie esigenze.

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Trappetére

Trappetére s.m. = Frantoiano

Operaio addetto al funzionamento e alla manutenzione del trappüte = frantoio oleario.

Generalmente lo vedevamo con gli abiti unti e bisunti a causa del contatto con l’olio e i macchinari del frantoio.
Ora con i frantoi moderni indossano per precauzione un bel camice bianco, come i macellai e i medici ospedalieri e usano solo leve e interruttori elettrici

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Trappüte

Trappüte s.m. = Trappeto, Frantoio oleario

L’etimo di trappüte è antico e viene tuttora usato nell’Italia centro-meridionale.
Dice la inesauribile Treccani:
«Trappéto (o trapéto) s. m. [lat. trapētum o trapētus, gr. *τραπητόν, der. di τραπέω «pigiare l’uva»], centro-merid. – Frantoio, torchio per le olive.»

Il frantoio è una macchina con la quale si frangono le olive per ricavane l’olio. Per estensione anche il locale al cui interno si trovano tutti i macchinari utili per la frangitura e la spremitura delle olive.

Noi intendiamo per trappüte quello artigianale, di piccole dimensioni, che usa ancora la macina di pietra azionata da un asinello, e la spremitura a freddo, che ottiene un prodotto insuperabilmente genuino.

I frantoi industriali moderni sono praticamente automatici, da una parte entrano le olive e dall’altra esce l’olio. Tutte le operazioni (frangitura, spremitura, separazione, filtraggio) non richiedono alcun intervento manuale. Magari la resa è anche elevata 18-20%, ma le proprietà organolettiche si riducono sensibilmente.

Beh, ora mi è venuta voglia di pane, pomodoro e abbondante olio nostrano!:

Con linguaggio relativamente moderno, si usa frandöje = frantoio, ma solo  per indicare quello che sminuzza la roccia per ottenere varie pezzature di pietrisco usato in edilizia.

(Foto del trappeto di Vico Garganico – dal web)

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Tràscene

Tràscene s.f. = Tracina

Pesce di mare che appartiene alla famiglia degli Scorpenidi (Trachinus araneus). Raggiunge anche una lunghezza di 30 cm.

Le pinne dorsali, pelviche e caudali sono associate a ghiandole velenifere; il pesce, se disturbato, erige gli aculei che penetrano nella cute della vittima rilasciando il veleno.

Vive prevalentemente sui fondali sabbiosi, per questo motivo facilmente viene disturbata dai bagnanti che possono riportare la puntura della pianta del piede. Anche i pescatori, pulendo le reti possono pungersi alle mani ed alle gambe.

Nonostante questo ha delle carni bianche, sode e molto gustose, specie se cotte in umido.

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Trasì

Trasì v.i. = Entrare

Passare dall’esterno all’interno; andare dentro.

Probabilmente ha etimologia latina: trans-ire = passare attraverso.

C’è permèsse? Chi jì? Mariànne: Uhé, trèse, trèse!= Permesso? Chi è? Marianna. Ehi! Entra, entra!

Matto’ trése jìnde, proprje mo’! = Matteo, entra, proprio adesso (non perdere altro tempo)!

Questo verbo, con  le varie inflessioni, si usa in tutto il Sud.

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Trattüre

Trattüre s.m. = Tratturo

Sentiero erboso destinato spec. al passaggio delle greggi durante le migrazioni stagionali.

Il termine locale (appulo-abruzzese) è passato alla lingua italiana dopo che D’Annunzio lo citò nella famosa poesia bucolica “I Pastori“.

Ho visto in provincia di Chieti, proveniente dalla zona dell’Aquila, un tratturo diretto alla Puglia piana, opportunamente evidenziato da segnaletica ad uso dei turisti, usato anche dagli escursionisti per percorsi a piedi di trekking.

Quello che dalle pendici del Gargano portava a Manfredonia è il famoso trattüre de Pulezéne, praticamente dal vallone di Pulsano scendeva attraversso l’attuale Via Pulsano e proseguiva fino alla Rotonda e all’Acqua di Cristo, dove le pecore venivano lavate per acrescere la qualità della lana prima della tosatura. In merceologia dicesi “lana saltata” e “lana lavata”.

Quando ero bambino, diciamo fino al 1950, questa zona era tutta invasa da piante di fichidindia e il tratturo era tangibile. Ora è una via come le altre.

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