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Travanàrece

Travanàrece v.t. = Bagnarsi completamente, infradiciarsi

Spec. quando qlcu viene sorpreso dalla pioggia senza ombrello o altro riparo, e viene investito da un temporale o abbondantemente da acqua in genere (anche da ‘nu mùgghje = un gavettone,
un’onda anomala).

Si dice c’jì travanéte = si è inzuppato completamente.

Forse deriva da trapanare, nel senso che l’acqua della pioggia inzuppa prima i vestiti e si poi s’insinua fino alla pell

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Trègghje

Trègghje s.f. = Triglia

Pesce comune del Mediterraneo della famiglia dei Mullidae; ha dimensioni piccole e medie, colore rosso, pinne dorsali corte ed è ricercato per la bontà delle sue carni,apprezzate in frittura, in umido e alla griglia.

La triglia è diffusa anche nel Mar Nero e in Atlantico Orientale, dalla Norvegia al Senegal.

Noi, gente di mare, come fece Linneo nel 1758, classifichiamo le triglie in trègghje d’aspre (Mullus surmuletus), che vivono presso fondali rocciosi, e in trègghje de fànghe (Mullus barbatus barbatus), che vivono preso fondali sabbiosi.
Le prime si distinguono dalle altre perché sul loro corpo sono presenti alcune fasce longitudinali di colore scuro e per la testa più affusolata.

Non è l’habitat che conferisce loro una colorazione diversa, e una differente sapidità di carni: sono proprio due varietà della stessa famiglia di Mullidi. Tutte buone, per carità, ma ben riconoscibili dai buongustai, dagli intenditori e dalle massaie per la differenza di prezzo…

In ordine crescente di grandezza si distinguono in justenèlle, mezzéne, e trègghje.  La triglia di maggiore dimensione viene chiamata, al maschile ‘U tregghjelöne = il triglione.

Questo termine, riferito a una persona, è un po’ canzonatorio e definisce un sempliciotto.

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Tremarjille

Tremarjille s.m. = Tremarella

È un sinonimo, po’ diverso, di tremelìzze.


‘U tremarjille jind’i jamme
. = tremarella alle gambe, si verifica a seguito della gran fatica o di un’emozione o di timore, che in italiano, scherzosamente, con un espressione derivata dai primi film sonori, si cita: le gambe fanno Giacomo-Giacomo….

Notate che tremarjille è rigorosamente al maschile.

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Tremelìzze

Tremelìzze s.m. = Tremore, tremarella

Il tremito provocato dal freddo, dalla febbre, dalla paura o da una forte emozione.

Stasöre me sènde ‘nu tremelìzze ‘ngudde. Forse tènghe ‘a fröve = Questa sera mi sento un tremito addosso. Forso ho la febbre.

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Tremöne

Tremöne s.m. = Masturbazione maschile

Senza affidarci troppo alla sua veridicità, c’è un aneddoto sicuramente divertente che spiega la sua origine.
Il musicista barese Nicolò Piccinni ricco e osannato a Parigi, soleva viaggiare portandosi a seguito degli amici e delle donzelle. Quella volta che volle tornare alla sua Bari, senza le pulzelle per rispetto alla sua città, gli amici gli chiesero: «Ma senza le donne, come faremo?» Lui laconicamente rispose “Autrement!” (pronuncia ótremòn), ossia “altrimenti!”

Nel Barese tremóne (un po’ come il nostro cremöne) è anche sinonimo di fessacchiotto, come il  milanese pirla o il toscano bischero. 

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Trengéte

Trengéte s.m. = Trinciato

In italiano la voce verbale ‘trinciato’ significa: tagliato, tagliuzzato, sminuzzato.

In dialetto designava un prodotto semilavorato costituito da foglie di tabacco ridotte in striscioline corte e sottili. Era di infima qualità, puzzolente, quasi come quello contenute nelle sigarette “Gauloises” francesi, autentici ‘candelotti di dinamite’.

Esistevano tre versioni: ‘u trengéte fòrte = il trinciato forte, ‘u trengéte Nazziunéle = il trinciato Nazionale, e ‘u trengéte dòlce = il trinciato dolce, una più schifosa dell’altra.

Il ‘trinciato’ veniva posto in vendita in pacchettini (credo da 20 grammi) di carta grossa color beige, con tanto di sigillo ‘Monopoli di Stato’.

Di solito i fumatori per non sgualcire il pacchetto nella tasca, trasferivano in un astuccio metallico tutto il suo contenuto. L’interno del coperchio era dotato di una linguetta per serrare il ‘libretto’ delle 10 cartine col lembo gommato, necessarie per confezionare a mano gli spinelli.

Quando il fumatore voleva fumare, compiva un autentico rito woodoo: apriva l’astuccio, staccava una cartina e la piegava a canaletta con una mano; con l’altra prendeva un pizzico di trinciato e lo posava sulla cartina; chiudeva l’astuccio e lo infilava in tasca; con le due mani arrotolava lo spinello, lo umettava con la saliva in modo che il lembo gommato si incollasse all’altro lembo; si poneva la ‘sigaretta’ tra le labbra; accendeva un fiammifero da cucina – i famigerati puzzolenti zolfanelli – e le dava fuoco, sprigionando una puzza acre e insopportabile, una miasma che dava di zolfo e fuliggine riarsa. Puah!

Forse avete capito che non sopporto il fumo del tabacco….

Quando nelle tasche di questi fumatori girava qualche lira in più si concedevano le sigarette: ovviamente compravano le ‘Alfa’, che costavano 6 lire l’una (mentre quelle pregiate, ad es. le ‘Edelweiss’ o le ‘Macedonia Oro’ costavano 14 lire ciascuna).

Presumo che non si usino più né il trinciato, né le cartine, né gli zolfanelli.

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Trepjite

Trepjite s.m. = Treppiedi

Era un arnese usato dalle massaie che –  quando non c’era il gas e si cucinava a legna o a carbone –  si poneva sul fuoco del braciere, infisso nella carbonella, a sostegno della “tièlle” = tegame di terracotta nella quale si cuocevano i legumi, il ragù con i turcenjille, la ciambotte, ecc.
Consisteva in un anello fatto con vergella di ferro battuto (cioè a sezione piatta) dal quale partivano tre piedini terminanti a “L”.

I treppiedi avevano varie dimensioni, adatte al diametro delle pentole che dovevano reggere.

Si annerivano con il fuoco, e si riponevano, dal più piccolo al più grande, appesi “ind’u fucarile” = dentro il vano del focolaio, insieme alla rarìchele = graticola per gli sparroni e alla fresöle = padella

Esistevano quelli di forma triangolare con piedini più corti, da usare nel camino.

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Tréve lùnghe (‘u)

U tréve lùnghe s.m. = La trave lunga

Alcuni dicono U’ tröne lunghe= il treno lungo. Gioco fanciullesco.

“Era il salto della cavallina ma fatto da un nutrito gruppo di amici: il primo si piegava a novanta gradi, con le mani poco sopra le ginocchia, ed il secondo lo saltava ma, distaccatosi di alcuni passi, si piegava a sua volta; Il terzo saltava i due che restavano chinati e, anche lui si distanziava e si piegava, e cosi via, finché il primo che si era piegato restava l’ultimo e allora saltava tutti quelli che lo avevano saltato prima.

Il percorso si definiva prima di iniziare. Noi andavamo, per corso Roma, dal campo sportivo a ‘U Larje ‘a Chjisa Granne = il largo della Chiesa grande, ossia Piazza Duomo, laddove, grazie al largo spazio, si giocava diversamente”. (Lino Brunetti)

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Trìc-trac

Trìc-trac s.m. = Tric-trac, Petardo

Il sostantivo tric-trac, dal suono onomatopeico, è accettato anche nel vocabolario italiano quale regionalismo.
Secondo me va bene anche scritto con grafia diversa, trick-track, o tricche-tracche.

È un pericoloso gioco pirotecnico che scoppiando produce botti ripetuti.   Si reggeva l’ordigno con una mano e con l’altra si accendeva una corta miccia prima di lanciarlo per strada.  Se si indugiava nel lancio si rischiava l’amputazione di qualche dito….

Usato diffusamente nel mese di dicembre e fino a Capodanno per “festeggiare” rumorosamente l’Avvento e l’entrata dell’anno nuovo.

C’era quello modesto, quattro o cinque scoppi ravvicinati seguiti dal botto finale: tà-ta-tà-ta-bùm.

Poi c’era il tric-trac a dieci colpi, nove piccoli e sempre col finale più sonoro.

Prima dell’avvento sul mercato dei “fuochi” cinesi, fatti di luce e di fragore, quasi professionali, quelli usati da noi erano di fattura artigianale, simili a quello raffigurato nella foto in alto.

Questa foto qui a lato mostra un tric-trac cinese da 50 colpi (senza botto finale) detto “gazza cantante”, di libera vendita a meno di due euro,  ma sempre pericoloso per la sua miccia corta a combustione rapida.

A mio parere bisogna comunque proibirli, o quanto meno consentirne l’uso solo ai professionisti dei fuochi pirotecnici.

Un modo simpatico di descrivere un soggetto frettoloso era racchiuso nella locuzione: assemègghje ca töne sèmpe ‘u tric-trac appezzechéte ‘ngüle!| = sembra che abbia sempre un petardo attaccato al culo!

Insomma il tizio sbrigativo sarebbe “costretto” ad agire in fretta perché altrimenti la corta miccia dell’ immaginario petardo appiccicato ai suoi pantaloni non gli darebbe tempo di mettersi in salvo e di conseguenza potrebbe riportare un danno irreparabile al suo culo. 😀

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Trìppe

Trìppe s.f. = Busecca, trippa.

Stomaco (rumine, reticolo, omaso, abomaso) di bovini macellati che viene cucinato in vario modo.

Anche questo era considerato un piatto povero, ma ha sfamato a lungo i nostri genitori.

Ora è considerato un alimento grasso e volgare. Tuttavia una volta tanto vi consiglio di provarla per ricordare sapori antichi.

Provatela con il peperoncino alla maniera del morzeddu calabrese.

È sinonimo di epa, pancia, ventre prominente riferito a persone obese.

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