Savezìcchje s.f. = Salsiccia
Carne di maiale o di vitello, tritata, insaporita con sale e aromi e insaccata in lunghe budella dello stesso animale, talvolta legate in piccoli rocchi.
Qualche macellaio come aroma usa il vino bianco e semi di finocchietto selvatico. Viene generalmente consumata fresca arrostita o a ragù.
Con lo stesso nome si intende anche il salame stagionato, da mangiare a fette. In questo caso quella resa piccante da grani di pepe (i Calabresi usano il micidiale peperoncino macinato di Soverato) è detta savezìcchja fòrte per distinguerla dalla salsiccia normale, chiamata savezìcchja dòlce.
I Latini la chiamavano salsicia, derivato da salus = salato e insicia = carne tagliuzzata.
Mi fanno ridere i Toscani o quelli che credono di parlare italiano quando dicono “salciccia”, con tutte quelle ci…
Fino agli anni ’50 era rigorosamente “vietato” mangiarla durante il periodo quaresimale. Il Carnevale (Carnevale = carne-levàmen = carne-togliere ) rappresentava l’ultima abboffata prima della Quaresima, fino a Pasqua, una specie di Ramadàn cattolico.
Io presumo che all’epoca l’astinenza dalle carni avesse avuto più una motivazione finanziaria che una religiosa.
C’era un detto: Tó nen nce vjine? E savezìcchje nen n’éje! = Tu non vieni? E salsicce non ve avrai!
La savezìcchja frèške era il trionfo della trasgressione!
Ora, se ce ne priviamo, lo facciamo per motivi di colesterolo.
Savezicchjöne non indica un grosso salume, ma è inteso come sinonimo di ingenuo, che è facile al raggiro, credulone.