Categoria: S

Sparagné

Sparagné v.t. = Risparmiare

Non spendere o spendere con molta attenzione e parsimonia allo scopo di mettere da parte denaro in previsione di una necessità futura.

Tentare di pagare al negoziante un prezzo inferiore a quello di mercato.

Pronunciato con accento piano, ‘u sparàgne, sost.masch., significa “il risparmio”.

Dal francese épargner,

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Sparapjizze

Sparapjizze sopr. = Artificiere, fuochista pirotecnico.

Genericamente è detto fuochista chi produce e vende fuochi d’artificio; e anche colui che provvede ad incendiarli durante le sagre.

Lo Sparapjizze per antonomasia, quello che ricordo io in Largo Clemente faceva marketing tenendo i botti in un cestino davanti l’uscio di casa, come se vendesse uova o melanzane.
Erano erroneamente considerati innocui, ed erano liberamente venduti anche ai minorenni.

Produceva botte a müre, tricche-tràcche, frósce, per la vendita al minuto, quindi per tutti.

Per gli spettacoli pirotecnici durante le Feste preparava rutèlle (girandole), battarüje, calecàsse, ecc., tutta roba da professionisti perché di grosso potenziale e pericolosissima in mano ai non esperti.

 

 

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Sparatràcche

Sparatràcche s.m. = Cerotto


In italiano cerotto comprende due tipologie di adesivi:

1) la tela adesiva, venduta in rotoli di varie altezze, che serve per fissare i bendaggi nelle medicazioni;

2) la striscetta adesiva sforacchiata, con al centro una piccola garza medicata, usata per medicare e proteggere abrasioni e ferite superficiali.

Noi intendiamo con sparatracche solo la prima voce, cioè quello a rotolini. Il termine proviene dal francese sparadrap (pronuncia sparadrà) o dallo spagnolo Esparadrapo.

Il 2) si chiama quasi come in italiano ‘u cerotte perchè è un prodotto di fattura relativamente recente. Il contesto della frase stabilisce di quale cerotto stiamo parlando.
Ricordiamo che ceròtte principalmente indica il lumino votivo.

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Sparètte

Sparètte s.f. = emanazione di luce, irraggiamento solare, sprazzo di sole.

Viene definito sparètte un gradevole raggio di sole, specie nella stagione invernale, allorquando fa capolino attraverso uno squarcio di nubi nel cielo coperto.

Trovandosi all’aperto, ci si sofferma volentieri a farsi scaldare sotte ‘a sparette de söle, specie se si incontra qualcuno con cui scambiare quattro chiacchiere.

Ho sentito pronunciare sprètte, probabilmente per influenza di dialetti viciniori.
In Calabria dicono spère ‘i sole
In Romagna sprai ad sol

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Sparge

Sparge s.m. = Asparago


Dal greco aspharagos e dal persiano asparag, dal significato di germoglio.

 

Germoglio commestibile della pianta erbacea, rizomatosa, della fam. delle liliacee. Noi intendiamo solo quelli campestri. (Asparagus acutifolius). Gustosissimi e profumati. Ottimi in frittata o anche solo bolliti e passati con un filo di olio garganico.

 

Gli asparagi coltivati (asparagus officinalis). non fanno parte della nostra cultura. Cominciano a fare capolino sulle bancarelle, ma nessuno li vuole. I coltivatori di Zapponeta li mandano al Nord Italia e in Germania.

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Sparröne

Sparröne s.m. = Sparo, Sparaglione, Sarago-Sparaglione.

  • Al singolare è ‘u sparröne; al plurale è  i sparrüne.
    Genere di pesci Attinottèrigi (latino Sparus, greco Sparòs – fam. degli Spàridi).

Linneo, il noto naturalista del 1700 gli diede il nome scientifico di Diplodus annularis. Un sinonimo scientificamente accettato è Sparus annularis.

È facilmente riconoscibile per la livrea grigio-argentea con sfumature giallastre e per le pinne ventrali gialle. La macchia nera presente sul peduncolo caudale si estende sul bordo inferiore (Wikipedia).

Da noi è molto apprezzato in cucina. So che in altre regioni d’Italia è considerato un pesce “povero” e di scarso pregio (ma che volete farci? Poveretti! Sono terricoli e non vogliono pesci spinosi!).

Si può preparare arrostito sulla brace, fritto, a ciambotta, al pomodoro, in cartoccio, in bianco, ecc. È sempre buonissimo! 
Il profumo degli sparroni arrostiti  è uno degli odori caratteristici della nostra città.

Arrostire (e mangiare) sparroni non rappresenta solo un rito di alta gastronomia, ma anche la divulgazione di un’autentica attività culturale!

Nomi dialettali:

ANCONA – Sparo, Sbaro, Carlino
BARI – Sparinole, Sarjce
CAGLIARI – Sparlotte e Isparedda
CATANIA – Spareddu
CIVITAVECCHIA – Sparajone
CROTONE – Saracu, Sparamazzu
GAETA – Sparaglione, Sparitiello
GALLIPOLI – Spariolu
IMPERIA – Saragu
LA SPEZIA – Saagu
LIVORNO – Sparlotto
MANFREDONIA – Sbarroni
MESSINA – Sparagghiuni
MOLFETTA – Sparraune
NAPOLI – Sparaglione
PESCARA – Carlini, Sbarre
REGGIO CALABRIA – Sargu, Pupazzu, Sparagghiuni
ROMA – Saraghetto
SAVONA, GENOVA – Sparlo
SIRACUSA – Aspareddu
TARANTO – Sparagghiuni, Spari
VENEZIA, TRIESTE – Sparo


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Spartetöre ‘i vüje

Spartetöre ‘i vüje topon. = Divisione delle vie.

Toponimo riferito all’innesto della S.S. 159 delle Saline con la S.S. 89 Garganica, nei pressi dell’ex Ajinomoto.

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Spasé

Spasé v.t. = Spandere

Tracimare, traboccare, rovesciare, sversare, svuotare.

Dicesi, ad esempio, della pasta del pane che per effetto della soverchia lievitazione esce fuori dal suo contenitore.

O del vino che a causa di un urto tracima dal bicchiere e si rovescia sulla tovaglia o dello spumante che esce dalla bottiglia con un getto di bollicine.

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Spasètte

Spasètte s.f. = cassetta a vassoio

Intendiamo con questo sostantivo quella cassetta rettangolare, di legno o di cartone o di plastica, con le pareti basse, destinata a contenere frutta o anche pesci o altre derrate alimentari.

Il termine deriva dall’aggettivo spése = sparso, poco profondo, piano.

Specificamente si usava il termine platò, derivato direttamente dal francese plateau (leggi plató) = vassoio per indicare il contenitore della frutta, e telére quello dei pesci..

Si usa anche al vezzeggiativo spasèlle ed indica pure la teglia bassa per il forno domestico o anche un piatto oblungo, in italiano chiamato pesciera.  Anticamente indicava altresì un unico grande piatto che si poneva in mezzo alla tavola dal quale attingevano il desinare tutti i membri della famiglia.

Mecöle c’jò chjechéte ‘na spasèlle de pàste au fórne! = Michele ha gradito una teglia intera di pasta al forno!

Benedüche! = Alla salute

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Spasséte

Spasséte s.f. = Evacuazione

Evacuazione, liberazione dell’intestino, cacata.

So jute a farme ‘na spasséte jìnd’ i fechedìgne = Sono andato a svuotarmi l’intestino nella piantagione dei fichidindia.

Ora grazie a Dio, tutti quanti facciamo in casa i nostri bisognini, ma una volta gli uomini si dirigevano nei terreni coltivati a fichidindia o “abbascjamére” = giù al mare, per l’espletamento delle funzioni intestinali .

Simpatica questa locuzione eufemistica al posto di “cacare”, come per dire che si è andati a spasso. In tedesco “spass” significa: divertirsi…

Credo che il termine sia gergale, ossia usato da una stretta cerchia di persone (barbieri, calzolai, muratori, ecc.) quando dovevano assentarsi dalla bottega – all’epoca ovviamente sprovvista di bagno – per un po’ di tempo allo scopo di espletare i loro bisogni fisiologici.

Mò véche a fé ‘na spasséte

Qualche buontempone per la stessa motivazione, diceva che era diretto a “fé ‘nu telegràmme“, data l’urgenza richiesta per l’impellente operazione, ovviamente mostrando al capomastro un “modulo cartaceo” per il cosiddetto telegramma, magari carta di giornale…

Scusate la volgarità, ma stiamo eufemisticamente argomentando di cose molto serie che accadevano fino agli anni ’50!

Ho appreso, leggendo qua e là, che il sostantivo è una derivazione dotta, cioè proviene addirittura dal latino ex-passare.

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