Categoria: S
Söghe
Söghe s.f. = Sega
Strumento metallico usato per tagliare corpi solidi (legno, laterizio pietre dure, metalli).
Nella sua forma più semplice, è costituito da una lama d’acciaio munita di denti e retta da un telaio. Questo strumento è spinto a mano con un movimento di vai e vieni.
Se la lama dentata è unita ad un manico chiamasi serràcchje = saracco.
Quello lungo anche due metri con due impugnature dicesi strungöne.
Fin qui le seghe usate manualmente. Quelle elettriche sono a nastro dentato o a disco di acciaio temperato o diamantato (flex).
Sólche
Sólche s.m. = Solco
Fenditura lunga, più o meno profonda, che l’aratro o altro strumento incide nel terreno.
Oltre il solco tracciato dall’aratro, in dialetto si identifica lo scavo che si fa nel cimitero per seppellire i morti.
Siccome le buche erano allineate per il lungo, gli spazi calpestabili tra le varie file nel camposanto si chiamavano jìnd’i sólche = tra i solchi.
Söle-ljöne
Söle-ljöne s.m. = Solleone
Va bene anche scritto sölljöne o sölliöne.
Periodo estivo, generalmente da metà luglio a metà agosto, caratterizzato da gran caldo, specie nelle ore del meriggio.
Il termine è composto da söle, sole e ljöne (segno dello Zodiaco) perché in quel periodo il sole si trova in tale segno.
‘Stu söle-ljöne fé škatté ‘u cüle ai magiulücchje! = Questo solleone è insopportabilmente caldo!
È tipico di Manfredonia il detto riferito alle lucertole.
Cliccate qui —> magiulècchje!
Söpe
Söpe avv. = Sopra, su,
In posizione superiore o sovrastante rispetto a qcs; indica la posizione di un oggetto posto su una base o un sostegno.
So’ nghjanéte söpe a caste, ma tóje te ne jive già jüte = Sono salito su a casa tua, ma tu te ne eri già andato.
Appùgge ‘u libbre sope a sègge = Appoggia il libro sopra la sedia.
Söpe-a-Trejüne
Söpe-a-Trejüne topon. = Sopra la Tribuna
Questo toponimo identifica una delle quattro zone in cui idealmente si suddivideva la città di Manfredonia (oltre a Mundìcchje, Före-a-Porte e Abbasce-a-mére).
Si localizza nella parte a nord di Via Antiche Mura, dalle mura verso la direttrice per San Giovanni Rotondo.
Tutte le costruzioni ivi esistenti sono sorte dopo gli anni ’20. Mio padre raccontava che prima della Grande Guerra le Porte della città venivano chiuse a caléte de söle. Chi giungeva dopo il tramonto si accampava nelle Taverne fuori città, in attesa dell’alba, quando venivano riaperte.
Vedi: Abbasce-a-mére
Vedi: Mundìcchje
Vedi: Före-a-Porte
Söre
Söre s.f. = Sorella, sera
1) Söre = Sorella pronuncia identica al termine francese soeur, che significa proprio sorella.
2) Söre = Sera. Parte del giorno compresa fra il tramonto del sole e la piena oscurità.
Stasöre = Stasera, questa sera.
Entrambe le parole hanno lo stesso suono.
Il contesto della frase chiarisce se stiamo parlando della sera o della sorella.
Cré söre hann’a venì, jèsse e la söre = Domani sera devono venire, lei e la sorella
Sorge
Sorge s.m. = Topo
Topo (Mus musculus domesticus ) Piccolo mammifero roditore, caratterizzato da peluria fitta e corta di colore grigio scuro, lunga coda, zampe anteriori più corte di quelle posteriori, muso appuntito e orecchie piuttosto sviluppate; è onnivoro ed estremamente vorace
Sorte de
Sorte de loc.id. = Straordinario, splendido, magnifico, ecc.
Che ha carattere di straordinarietà per bellezza, dimensioni, bontà, cattiveria, ecc.
Non credo che in italiano ci sia un modo così efficace come questa locuzione tipica pugliese. Se mi sbaglio di correggerete!
‘Na sorte de vàrche = Una straordinaria barca.
Stàteve attjinde ca quà stéje ‘nu sòrte de canagghjöne! = State attenti che qui c’è un pericoloso cagnaccio.
‘Sorte de chése ca tjine! Accüme fé? = Che splendida casa che hai! Come fai (a tenerla in ordine)?
‘Sta sorte de pìzze nen ce la fazze a mangé = Quasta enorme pizza….non ce la faccio a mangiare!
Sòrve
Sòrve s.f. = Sorba, sorbola.
Va pronunciata con la ò larga (‘a sòrve). Se invece si usa la ó stretta (‘u sórve) il significato, al maschile, cambia!: il sughero.
“Il Sorbo (Sorbus domestica) è un albero della famiglia delle Rosacee, che cresce anche spontaneo ai margini dei boschi nei Paesi del Bacino del Mediterraneo
Di questa specie esistono due varietà: una con frutti piriformi (simili a piccole pere), e l’altra con frutti rotondi (simili a piccole mele). I frutti di questa specie venivano in passato usati a scopo alimentare, ma oggi non vengono quasi più consumati. I frutti del sorbo sono chiamati sorbe o sorbole e hanno la particolarità di completare la maturazione dopo la raccolta, pertanto vanno conservati e lasciati maturare ulteriormente finché “ammezziscono”, cioè diventano morbidi e saporiti.”
Fin qui quello che riporta Wikipedia, testo e foto.
È opportuno aggiungere la solita nota fonetica. Diciamo sòrve, o anche sòreve perché, con retaggio del dominio spagnolo che ha lasciato tracce anche nella lingua parlata, la b e la v si pronunciano allo stesso modo. Esempi?: vràzze, varvjire, àreve = braccio, barbiere, albero.
Come è ormai consuetudine, inserisco un ricordo personale legato all’argomento trattato. Scendeva periodicamenmte dalla montagna un tizio che vendeva capperi, corbezzoli e sorbe, a seconda della stagione.
Lanciava il suo grido con voce squillante e possente. Chjapparììììììne! Mbriachèèèèèlle. Ca tènghe li sòòòòòrve! . Poi, inaspettatamente in italiano, gridava: “comprateli che sono buoni!”