Categoria: S

Sèsse

Sèsse s.f. = Sàssola o sèssola

Nulla a che vedere con il sesso!

La sàssola o sèssola è quella grossa cucchiaia rettangolare, in legno o plastica, che serve a svuotare le imbarcazioni dall’acqua.

Quando esistevano i negozietti di generi alimentari che vendevano la merce sfusa, era usata per raccogliere il riso, la farina, lo zucchero, la pasta corta dai loro contenitori e trasferirli sulla bilancia.

Allora tutto si vendeva sfuso. Ovviamente questa sèssola era più piccola e di alluminio. Forse la usano ancora i negozi di torrefazione che vendono il caffé in grani.

La prima cosa che vedemmo confezionata in pacchi di carta translucida da mezzo chilo, fu la pregiatissima pasta “Sovrana”, del “Premiato Mulino e Pastificio D´Onofrio & Longo” di Manfredonia.

Purtroppo il “nostro” caro Mulüne andò distrutto in un incendio.

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Sestüse

Sestüse agg. = Nervoso, inquieto, eccitabile

Riferito a persona che mostra impazienza, nervosismo, ansia.
Scientificamente andrebbe scritto “səstüsə“. Non lo farò più.

Sté sestüse ‘u uagnöne = è irrequieto il bambino

Deriva dal sostantivo  sóste  (nella forma più arcaica si diceva sumasóste)  

Il termine più antico “sèste” si è modificato in “sóstë” sempre con significato di ansia, inquietudine.

Al superlativo è “sumasóstë” =  iper agitazione, nervosismo, concitazione.

Ma i bufali inquieti, almeno quelli allevati nelle nostre campagne,   proprio non  li vedo, perché sono sono sempre tranquilli a pascolare o a ruminare!

Che provenga da “siesta“? L’immobilismo totale della controra.

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Setàcce

Setàcce o setazze s.m. = Setaccio

Tipo di vaglio, generalmente di latta, usato per separare la polpa del pomodoro dai semi e dalla pellicina.

Era come una alta pentola con tanto di manici, dal fondo bucherellato e con un bordo inferiore sporgente per agevolarne l’appoggio su un altro recipiente.

Si azionava con il palmo della mano spingendo contro il fondo bucherellato i pomodori semi bolliti

Poi furono messi in commercio quelli di alluminio. formato da due pezzi come ‘u mbulenatüre. Difatti in casa mia l’oggetto aveva questa duplice funzione.

Ora esistono le comodissime macchinette manuali passa legumi, usate come passa salsa, che evitano alle nostre mamme di scottarsi le mani, ma consentono la preparazione dell’impagabile sugo di pomodoro fresco e basilico.

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Setèlle

Setèlle s.f. = Buratto, vaglio


Utensile costituito da una rete tesa su un cerchio di materiale rigido.

La setèlle è usata in ambiente domestico per separare la farina dalla crusca e dal cruschello prima della panificazione, o semplicemente a togliere qualche impurità nel macinato..

Ritengo che l’etimo sia abbastanza chiaro. Le maglie strettissime della rete del vaglio sono formate da fili metallici così sottili da far pensare a fili di seta.

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Sèttebarjille

Sèttebarjille s.m. = Settebello, sette di denari

Nel gioco della scopa e dello scopone, il sette di denari o, nelle carte francesi, il sette di quadri, che ha valore di un punto.

Sèttebarjille, secondo me, era una versione da ragazzini, chiamato anche, sempre nel linguaggio fanciullesco, ‘u sèttegerjille. Ma gli adulti, riuniti nel bar a giocarsi la birra, lo chiamavano semplicemente sètte a denére = sette di denari.

In lingua italiana il Settebello indica anche un tipo di elettrotreno di lusso che negli anni Cinquanta faceva servizio sulla linea Milano–Roma, così chiamato originariamente perché costituito da sette vagoni, e successivamente per sottolinearne il successo.

Inoltre nel linguaggio giornalistico, il Settebello designa la squadra nazionale di pallanuoto maschile.

Infine il Settebello era il nome commerciale di un contraccettivo meccanico a barriera (insomma un profilattico, un preservativo, un condom) prodotto dalla Hatù, nella linea Durex.

In dialetto è valido solo nella prima versione, ossia il sette di denari. A Matera lo chiamano Prucenìdde, ossia Pulcinella.

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Setuéje 

Setuéje v.t. = Collocare, situare

Ammesa la forma breve setué.

Porre, mettere in un determinato luogo, in un certo modo, collocare, posare, sistemare.

Scherzosamente si usa questo verbo per significare divorare un cibo abbondante senza fare sforzi, o bere abbondantemente una bevanda alcolica.

Mattöje ce ho setuéte ‘nu litre de vüne = Matteo ha collocato (nello stomaco, ovviamente) un litro di vino.

Apprüme m’agghje setuéte ‘na mezza sìccia chjöne, e döpe so’ scennüte = Prima ho “sistemato” (dentro di me) mezza i seppia ripiena, e poi sono uscito.

Altro sinonimo: attunné = arrotondare, arrotolare, appallottolare qlco da mangiare voracemente.

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Sevöne

Sevöne s.m. = Crespino, Grespigno, Cicerbita

Vengono sempre citati al plurale, i sevüne.

Si tratta di un’erba campestre spontanea (Sonchus asper e Sochus oleraceus), commestibile a dispetto del suo aspetto poco invitante.Possiede molte qualità benefiche per la salute dei mammiferi, compresi gli umani.

Da noi venivano vendute assieme ad altre erbe spontanee (i fogghje mmeškéte)

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Sfajìlle

Sfajìlle s.f., sopr. = Scintilla.

Piccolo frammento di materia incandescente. Si ottengono sfajìlle per esempio, quando si accendono i carboni vegetali per farne brace.

Quelle del ferro arroventato al calor bianco nella forgia del fabbro sono bellissime: appena il ferro rovente è posto sull’incudine e riceve sapienti colpi di martello per la lavorazione, ne sprigiona una cascata sfriggolante.

I nostri nonni dicevano sfascìdde. Il termine si è, diciamo, ingentilito perché sembrava troppo rustico. Come desciüne, divenuto dejüne o cavàdde, diventato cavalle.

Il lettore Leonardo Esposto afferma che il soprannome Sfajille appartiene alla sua famiglia da molte generazioni. Il noto forno di sfajille era ubicato in Via Campanile ed ha cessato la sua attività nel 1982.

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Sfarrizze

Sfarrìzze, o sferrìzze. s.m. = Ferraccio

Un termine desueto, che indica qualsiasi oggetto metallico di cattiva qualità o deteriorato, non in buono stato di conservazione.

Facciamo l’esempio di un’auto vecchia, scassata…. jì ‘nu sfarrìzze.

Un vecchio frigo, una lavatrice dal rigattiere so’ sfarrìzze = sono ferraglia inutile.

Chiaramente l’etimo è “ferro”.
Ricordo, sempre derivato da “ferro”, anche il sinonimo sferràcchje.
‘Nu sferracchje stagghjéte = uno coltellaccio col taglio rovinato.

P.S.
Un qualsiasi oggetto tagliente (rasoio, cesoia, coltello, tronchese, scalpello) che per l’uso presenta il filo del taglio logorato, in italiano NON ha (secondo me) un aggettivo appropriato come il nostro stagghjéte = che ha perduto il taglio.

A volte il dialetto è più ricco della lingua italiana, che usa “spuntato”, riferito ad arnesi da punta (punteruolo, spiedo, lapis, pala-mina, piccone), non da taglio (ascia, scalpello, cuneo per legno).
Attendo l’intervento di qualche linguista titolato, che mi permetta di arricchire il mio lessico carente.

Ringrazio l’amico Matteo Borgia II per avermi dato lo spunto per stilare il presente articolo.

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Sfascìzze

Sfascìzze s.inv. = Congegno, apparato, meccanismo malfunzionante

È specif. riferito a qls mezzo di locomozione che procede a stento a causa della vetustà o dall’assenza di manutenzione: insomma è da sfasciare!

Giuà, quann’jì ca te ljive ‘stu sfascìzze? = Giovanni, quando deciderai di rottamare questo catorcio?

‘Stu tràpene jì ‘nu sfascìzze! = Questo trapano non funziona bene!

Tènghe ‘na sfascìzze ma nen tènghe ‘i sòlde pe’ cangiàrle = Ho un’auto che è un catorcio ma non ho denaro per sostituirla.

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