Scurdé v.i. = Dimenticare, scordare
1) Scurdé = Dimenticare. Non ricordare più qlcu. o qlco.
2) Scurdé = Far perdere l’accordatura ad uno strumento musicale.
1) Scurdé = Dimenticare. Non ricordare più qlcu. o qlco.
2) Scurdé = Far perdere l’accordatura ad uno strumento musicale.
Come dire: accade qlcs quando tutti se ne sono scordati, ossia quando meno te l’aspetti.
Leggermente diverso di alla secherdüne= a sorpresa, improvvisamente, inaspettatamente.
Scurènze s.f. = Annebbiamento
È usato nella locuzione scurènza d’ucchje per indicare un offuscamento della vista dovuto a malore, tanto da sentirsi mancare, quasi da cadere in deliquio.
Usato anche come equivalente delle locuzioni in lingua “andare il sangue alla testa” e “non vederci più” come causa di gesti incontrollati a seguito di una solenne arrabbiatura. Insomma una reazione forse spropositata ad una ingiustizia, ad un torto, ad un’offesa.
Sicuramente deriva da scurènze deriva da scuro, buio.
In effetti un attimo prima di svenire si “vede” tutto nero. Insomma si è preda di una scurènza d’úcchje.
Scuriéte (o Scurriéte) s.m. = frustino, scudiscio, sferza
Deriva dal latino ex coriata (composto da ex e corium = fatta di cuoio) oppure da virga excorrigiata ossia verga munita di corregge (strisce di cuoio).
Esso è formato da tre elementi:
– ‘a bacchètte = asta, bacchetta di legno elastica e resistente
– ‘a curröje = correggia, nerbo formato da striscioline sottili di cuoio intrecciate
– ‘a pundètte = punta, fiocchetto terminale.
I carrettieri e i vetturini facevano schioccare fragorosamente la frusta agitandola con perizia.
Il movimento repentino di abbassamento dell’asta della frusta si propagava alla correggia e da questa al fiocchetto.
Si produceva un rumore secco a causa del “taglio” dell’aria.
Lo schiocco spaventava un po’ il cavallo, che istintivamente accelerava il passo. Raramente il carrettiere picchiava o maltrattava la sua bestia perché rappresentava la fonte del suo sostentamento.
I conducenti di carrozzelle ogni tanto lanciavano “simpaticamente” una staffilata all’indietro, dove ragazzacci (… come me!) si appigliavano all’asse posteriore per farsi trainare.
Bell’ö’ dàlle addröte! = Buon uomo, sferra una scudisciata verso la parte posteriore della tua carrozzella (perché stanno ci bambini attaccati).
Scuriatéte = sferzata, staffilata, scudisciata, frustata.
Ho visto e udito un gruppo di carrettieri portare il tempo di una marcetta a schiocchi di frusta.
Ho scoperto casualmente che in lingua italiana il termine fu stato usato al femminile (scuriata o scuriada o scurlata) da Riccardo Bacchelli e addirittura da padre Dante.
Colpo inferto con lo scudiscio dei carrettieri alla propria bestia (raramente) o agli importuni.
Era un deterrente per i malintenzionati vedere il conducente dei carretti sempre con lo scudiscio a portata di mano.
Se non bastasse, costui disponeva anche del paletto delle sponde, chiamato vrazzalètte= bracciuolo.
Al maschile indica la crosta del pane.
Che te mange? Scurze e meddüche = Che cosa ti mangi? Scorza e mollica.
A volte viene usato per indicare una persona avara
Togliere la buccia, l’involucro, la cotenna, la corteccia, la scorza. Il verbo deriva proprio da scorza, come dire decorticare.
Specificamente significa levare il mallo alle mandorle lasciando in vista la buccia legnosa per il successivo schiacciamento per liberare il frutto (scurzelé ‘i mènele)
Anche togliere il baccello alle fave e ai piselli freschi, sbaccellare, sgranare: (scurzelé ‘i féfe, i pesìdde/pesìlle).
Per le cozze e i frutti di mare si usa il semplice japrì = aprire.
Per la frutta (mele, pere, fichi d’india,) invece si dice annetté = nettare, sbucciare
Scuscenàrece o škuškenòrece v.i.= Crollare sotto un peso eccessivo.
Esempio: “Nen ce l’ho fatte cchiò, e c’jì skuskenéte” = Non ha retto il peso e si è sconnesso (I Napoletani dicono “scunucchiato”, cioè non sorretto dalle ginocchia).
Può derivare dal fatto che il materasso e i guanciali al mattino appaiono affossati, sopo aver sorretto il dormiente. Quindi sfatti, sformati
Si attribuisce a oggetto che ha perduto la sua forma originale, che si è deformato per effetto di traumi o di peso.
Credo che la radice sia cuscino con il prefisso -s dal valore privativo negativo: come formato e sformato, fortunato e sfortunato.
Quindi, secondo me, e correggetemi se sbaglio, l’aggettivo significa sformato, deformato.
Particolarmente calzante se si riferisce a guanciali, cuscini, materassi, contenitori di cartone deformati, et
Alle lettera: scuse e cattivo tempo.
Questa simpatica locuzione viene detta di rimando da qlcu quando chiede un favore, e l’interlocutore accampa un pretesto per rifiutarsi di farlo. Costui intende giustificarsi, ma evidentemente la sua scusante è ritenuta poco credibile…
Credetemi succede spesso!
Scüse e maletjimbe vé truànne = Costui erca ogni pretesto (per non agire). Non gli mancano le scappatoie!
Origine della locuzione: quando qlcu – specie se per mestiere svolge la sua attività all’aperto, come accade ai pescatori in mare o ai coltivatori nei campi, ed è mazzangànne[pelandrone] di natura – accampa una scusante incontrovertibile per esimersi: il maltempo.