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Scundé a macenatüre

Scundé a macenatüre loc.id. = Defalcare

Il significato letterale è: defalcare, ridurre un debito mediante prestazioni di servizi.

Il mugnaio dice al proprietario terriero che gli porta il frumento alla molitura: lascia un quintale di grano per me e io defalco il suo costo dal costo della macinatura.

Poi, per estensione, si è usata la locuzione anche in altri campi e in altre circostanze.

Ossia ripagare un bene mediante la cessione di un altro bene o la prestazione di servizi.

Ad esempio, mediante: la potatura di un uliveto, la zappatura di un orto, il trasporto di un carico di grano dalla campagna al paese. Insomma il contrario di quello che accade ora: prima il servizio e poi il pagamento del corrispettivo.

Invece per i bisogni della famiglia in epoca di vera crisi, si chiedeva al ‘padrone’ un bidone di olio, o un sacco di frumento, o un’anticipo in denaro, da defalcare successivamente con il controvalore di futura prestazione di servizi.

Ma la prestazione richiesta, e purtroppo accettata a causa della miseria, era di carattere sessuale. Una vera vessazione sulla miseria altrui.

È una storia odiosa, fortunatamente non più attuata ai nostri giorni (spero!).

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Scungiajùche

Scungiajùche agg. e s.m. = Guastafeste

Chi o che è rompiscatole, disturbatore, impiccione, ficcanaso, importuno, e chi più ne ha più ne metta.

Costui con la sua presenza poco gradita o con atteggiamenti e parole fuori luogo, rovina l’allegria di un ambiente o turba la serenità altrui.

Anchechi disturba o impedisce la realizzazione di un progetto o la prosecuzione di un lavoro già iniziato.

Insomma qlcu che fa bene a restarsene a casa sua!

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Scunnìgghje

Scunnìgghje s.m. = Nascondiglio

Inteso come angolo nascosto della casa dove trovano rifugio le cose più impensate.

Véche truànne ‘na cöse e nen la tröve. Chisà jìnda a qualu scunnìgghje sté ammuccéte = Vado cercando un oggetto e non lo trovo. Chissa in quale angolo recondito è nascosto.

 

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Scupastréte

Scupastréte s.m. = Spazzino

Questo soprannome deriva dal mestiere, come ferracavalle (maniscalco), cappellére(cappellaio)o lo scherzoso sfasciachemò (che “ripara” i comò).

È accertato quindi che costui era un operatore ecologico. Ovviamente una volta gli spazzini non erano meccanizzati. Erano muniti scope di rami di ginestra con lunghi manici per raccogliere i rifiuti di cucina (che le nostre nonne simpaticamente buttavano per strada, assieme all’acqua del bucato e a quella del lavaggio delle stoviglie) e le ammonticchiavano all’incrocio delle strade. Il paradiso delle mosche!

Più tardi passava ‘a carrètte ‘a mennèzze. Con l’aiuto di palette e secchi altri spazzini trasferivano sul carretto tutto il pattume che poi andava nelle discariche per la gioia dei garzoni che vi portavano i porci a pascolare. Tutto ecologico, senza plastica e polistirolo, il composto diventava concime per gli orti.

Gli Alleati che occupavano Manfredonia, istituirono durante la loro permanenza fino al 1945, dei punti di raccolta con enormi fusti metallici rossi numerati. Imparammo che l’immondizia andava conferita là dentro e non buttata per strada.

Dopo tanti anni le nuove leve buttano bottiglie vuote di vetro e di plastica, cartacce, e di tutto e di più nei vialetti della villa comunale, nel fossato del Castello, nonostante la presenza di appositi raccoglitori, per far capire ai pochi turisti che noi siamo un popolo progredito. Puah!

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Scupelìlle

Scupelìlle s.m. = Scopino

È una specie di pennello usato prevalentemente per nettare la tazza del WC.

Spero di averlo scritto senza troppi giri di parole e con stretto linguaggio tecnico, senza urtare la suscettibilità di nessuno.

Questo utilissimo oggetto, prevalentemente di materiale plastico lavabile e facilmente igienizzabile, viene accuratamente celato alla vista di coloro che usufruiscono del bagno, come se la padrona di casa dovesse vergognarsi di possederlo….Ma lo abbiamo (spero) tutti nelle nostre case.

Difatti quelli attualmente in commercio hanno tutti il loro supporto cilindrico a scomparsa, o mille altre forme più o meno “eleganti” per camuffarne la presenza.

Risalendo indietro con la memoria rivedo quelli con l’asta di legno e le “setole” di paglia, la stessa paglia dura usata per le scope di saggina. Beh quegli scopini erano davvero inguardabili.

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Scupetté

Scupetté v.t. = Spazzolare

Pulire o lucidare con la spazzola. Togliere residui di capelli dalla mantellina da barbiere o dagli abiti, briciole di pane, polvere ecc.. stendere la crema per calzature e poi lucidarle.

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Scupètte.

Scupètte s.f. = Spazzola


Arnese costituito da un supporto di materiale vario sul quale sono infissi setole, fili di saggina, di metallo, di plastica o altro materiale, usato per ravviare i capelli, togliere la polvere, lucidare, ecc

Scupètte p’i panne = spazzola per gli abiti.
Scupètte p’i scarpe = spazzola per stendere la crema per calzature e lucidare le scarpe;
Scupètte p’i capìlle = spazzola per i capelli.
Scupette ‘i varevjire = spazzola da barbieri, pennellessa da collo, morbida, a pelo lungo, per levare i capelli tagliati e caduti sul telo, steso sulle spalle prima di iniziare l’operazione di tosatura…

I meccanici usano, chiamandola con termine quasi italiano, ‘a spàzzele d’accjéje = La spazzola d’acciaio. In vero dialetto dovrebbe dirsi ‘a scupètte d’azzére. Ma, trattandosi di un termine tecnico, è rimasto così, ibrido, ma comprensibile da tutti.

Tenì ‘na spàzzele = avere una spazzola, significa che si sente un formidabile appetito. Credo che sia un prestito romanesco derivato del gergo militare. Venite in Marina, conoscerete il mondo!

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Scuppelöne

Scuppelöne s.m. = Scappellotto, scapaccione, sberla

Sberla, scapaccione dato con la mano aperta sulla nuca.

Mo’ t’agghja dé ‘nu scuppelöne! = Ora ti do una sberla!

.Al plurale fa scuppelüne .

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Scurcé

Scurcé v.t. = scorticare, scuoiare

Verbo derivante da scorza, corteccia.

Nella forma scurciàrece significa procurarsi delle escoriazioni sul corpo, sugli arti, per esempio a seguito di una caduta dalla bicicletta.

L’amico Matteo Borgia junior mi suggerisce l’aggettivo scurcéte per indicare un difetto, un graffio, un’abrasione su una superficie liscia, come un mobile o una scarpa, o una parete.

Scurcéte riferito persona indica la sua testa calva o con vistosa alopecia (chierica pronunciata).

Mio padre mi raccontò un gustoso episodio (inventato o accaduto) che esasperava gli sfottò quotidiani tra il curato (gobbo) e il sacrista (semi-calvo). A quell’epoca il prete celebrava la Messa di spalle all’assemblea e rigorosamente in latino. Ad un certo momento della liturgia doveva voltarsi verso i fedeli intonando “Dominus vobiscum” ed aspettarsi la risposta “Et cum spiritu tuo”.
Invece per sfottere il sagrestano, cantò «Dominus scurcizzum». La risposta del sacrista fu immediata «Et cum sgubbizzu tuo!»

Figuratamente in forma di sostantivo ‘nu scùrce, indica una seccatura, un intoppo, e di aggettivo designa una persona inopportuna, intrusa.

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Scurdarjille

Scurdarjille agg. e s.m. = Obliante, dimenticante

Si attribuisce questo aggettivo a qlcu dalla memoria labile, che facilmente dimentica gli impegni o altre cosa importanti da tenere a mente.

Che t’u düche a fé ca tó sì scurdarjille? = Che te lo dico a fare, dato che tu sei di memoria labile?

Il sostantivo designa una persona soggetta a frequenti dimenticanze.

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