Categoria: S

Sciòlte

Sciòlte s.f. = Diarrea

Frequente emissione di feci liquide o semiliquide dovute a disturbi intestinali o a fattori virali.

Oltre che nella versione bisillaba sciol-te, si può pronunciare anche in modo trisillabo scio-le-te

Il termine, che sembrava un po’ troppo volgare, è stato ingentilito con diarröjeavvicinandosi al termine italiano.

Non mi piace, né il fenomeno viscerale, né il termine simil-italiano… Se la devo proprio nominare, io preferisco usare sciòlete.

Sciolte alla lettera significa proprio: sciolta, liquefatta, diluita, non densa.

Difatti come sinonimo esiste anche il termine sciugliemènde=scioglimento, liquefazione. Qualcuno per abbreviave dice anche scemènde.

Tenì ‘a sciòlte = Avere frequenti scariche diarroiche.
‘u crjatüre töne ‘a sciòlete = il poppante ha la diarrea.

Uà jì pe scòlte! o anche L’uà venì ‘nu sciugliemènde!= Deve andare per diarrea!

È un improperio tipico, lanciato contro qlcu che ha commesso un sopruso, un atto disonesto, che ha negato quanto dovuto, che ha approfittato oltre misura di quanto propostogli, ecc.

Gli si augura sì un bel malanno, ma che non sia proprio letale, da non portarselo poi sulla coscienza.

E adesso: Deodorante please!

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Sciònghe

Sciònghe s.m. = Giunco

Al pl. fa sciónghe, con la “o” stretta.

Il giunco (Juncus effusus) è un cespuglio acquatico, diffuso nelle aree umide, vive nei pressi di fiumi e laghi, nelle acque correnti pulite, ma spesso lo si trova anche vicino agli acquitrini. Si sviluppa a ciuffi, ricoprendo rapidamente ampie superfici.

I giunchi in cespuglio vengono detti anche mammazze.

Era raccolto nei pantani per ricavarne scope da giardino (scöpe de sciónghe), cestini per contenere ricotta o formaggi freschi, ecc

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Sciösce

Sciösce agg = Sciatta

Persona trascurata, sozza sia negli abiti e sia nella persona. Generalmente si indicano persone di sesso femminile.

Potrebbe derivare de scescéte= scarmigliato, arruffato, scapigliato, con i capelli scomposti dal vento o non pettinati per pigrizia…..

Teoricamente si potrebbe scrivere anche Šöše, con i segni speciali dell’alfabeto, ma non me la sono sentita…..

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Sciòttele

Sciòttele s.f. = Acqua di cottura

È l’acqua di bollitura che si raccoglieva dopo aver lessato la pasta o le vedure in genere.

Era usata ancora calda, in secondo uso, per lavare le stoviglie.

Si riciclava per il terzo uso come brodaglia per ammollare il pane duro da dare alle galline allevate in casa, e infine come sciacquone per il W.C. quando finalmente quasi tutti avevano in casa l’allacciamento alla fognatura (dopo gli anni ’40) ma non l’acqua corrente.

Prima dell’avvento della fogna semplicemente si buttava per strada per la delizia delle mosche…

Il termine sciòttele era ritenuto a torto troppo rozzo, e fu “ingentilito” in jòttele come quasi tutti quelli che iniziano con “sci” o contengono questo suono all’interno della parola (sciucarjille, desciüne, sciüte, scenócchje, ecc.= giochino, digiuno, andato, ginocchio, ecc.).

I Montanari, ammirevolmente più tradizionalisti, non sono caduti in questa moda e tuttoggi pronunciano questo suono marcatamente (me ne vògghje scì a Mónde =me ne voglio andare a Monte).

L’unica differenza con il manfredoniano è la “o” di Monte, da noi pronunciata larga e dai Montanari stretta.

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Scittrà!

Scittrà! esclam. = Pussa via!

Espressione scherzosa usata per allontanare animali, specie i gatti.
Con un sorriso lo si dice anche quando ci accorgiamo che qualche bimbetto allunga la mano per ghermire un biscottino di troppo.

La rapidità con cui si pronuncia scittrà è garanzia di immediata fuga del felino o del frugoletto.

Presumo che possa derivare dal francese chat-est-là (pronuncia: sciàttelà) = il gatto è là, come se si volesse avvertire la padrona di casa che il gatto sta per fare razzia nella dispensa.

Questa, come tutte le altre mie ‘spiegazioni’, possono essere fasulle. Smentitemi ,se sapete darmi un’altra etimologia plausibile, e sarò ben lieto di correggermi.

Anche qui a Matera, accentuando la tendenza della parlata della Terra di Bari, dicono in maniera quasi simile (tranne che per la vocale finale) scittré.

Ricordiamoci che per alcuni secoli il sud Italia è stato dominato dai francesi Angioini, che hanno lasciato notevoli eredità linguistiche nei nostri dialetti.

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Sciucarjille

Sciucarjille s.m. = Giocattolo

Alla lettera significa “giochino”, dal modo antico di dire gioco sciùche, poi diventato jùche).

Trastullo per bimbi, per lo più un oggettino nuovo che desta la sua curiosità e la sua attenzione.

Per estensione: inezia, cosuccia, roba di poco conto.

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Sciufféte

Sciufféte agg. = Scarmigliato, trasandato

Senza offesa per nessuno: l’aggettivo è tipicamente al femminile perché descrive una donna molto trascurata nel vestire, nel pettinarsi, nel…lavarsi.

Insomma che è sciatta, scomposta, malmessa, sregolata, ecc.

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Sciulé (o sciuvelé)

Sciulé (o sciuvelé) v.i.= scivolare, sdrucciolare

Il verbo sciuvelé, derivato dall’italiano scivolare, per comodità spesso viene pronunciato sciulé, e significa scorrere, slittare agevolmente su una superficie liscia e uniforme.

Si può scivolare sulla fanghiglia, sullo strato di ghiaccio che d’inverno copre le strade di montagna, o su certe alghe che crescono su taluni scogli affioranti e nei pressi di sorgenti di acqua salmastra.

Se si tratta di persone, o di veicoli lo scivolone può causare seri danni e lesioni.
Se si tratta di slitte, pattini da ghiaccio, bob o sci da neve lo scorrimento è ben accetto!
Se si tratta di giochi (acquapark, parco giochi) è addirittura cercato.

Da questo verbo deriva l’aggettivo sciuvelènte o sciulènte, cioè scivoloso, sdrucciolevole, come può essere un sentiero in salita.

Se si tratta di “due” spaghetti sciulente-sciulènte ve li raccomando caldamente, perché sono preparati al momento, quasi a sorpresa, conditi con aglio, olio e peperoncino, o con sugo lento, senza formaggio, a conclusione di una serata invernale in casa fra amici.

E mò, stàteve attìnte angöre scìuléte = Ed ora state attenti a non scivolare!

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Sciulènde

Sciulènde agg. = Scivoloso, liscio, viscido, untuoso.

Riferito a superfici viscide su cui è pericoloso avanzare perché si può scivolare.

Faciüte attenziöne a ‘stu scùgghje ca jì sciulènde! = Fate attenzione a questo scoglio, perché è scivoloso (a causa di una viscida alga cresciutavi sopra).

Mandeniteve a mmè, ca ‘ndèrre jì sciulènde = Appoggiatevi a me, perché il suolo (fangoso) è scivoloso.

Quando l’aggettivo è ripetuto – sciulènde-sciulende – non significa ‘molto viscido’, ma ‘semplice’, ‘veloce’, ‘scorrevole’.

Questo sciulènde-sciulènde mi dà l’idea di un inatteso piatto di spaghetti proposto agli amici, che sono in procinto di congedarsi, per convincerli a restare ancora un po’ in nostra compagnia…
Meh, stàteve quà n’ate pöche, ca mò faciüme düje spaghètte sciulènde-sciulènde = Beh, restate qui ancora un po’ (con noi), così ora prepariamo due spaghetti (velocemente, alla buona).

Presumo che sciulènde sciulènde sia l’adattamento nostrano alla bella locuzione napoletana sciué-sciué, dato che, come tutti sanno, il nostro territorio appartenne al Regno delle Due Sicilie.

Difatti questa locuzione sciué-sciué è molto conosciuta e viene usata quasi come aggettivazione per indicare qualsiasi cosa venga fatta alla buona, senza eccessivo impegno, insomma in maniera fluente, scorrevole, con semplicità” (Prof.Raffaele Bracale, Napoletanista)

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Sciulì-sciulà

Sciulì-sciulà s.m. = Scivolo, gioco fanciullesco.

Dire “scivolo”, come quelli che si trovano nei parco-giochi è un po’ azzardato. Quello che intendo descrivere era semplicemente un costone roccioso posto in pendenza nelle cave di pietra attorno alla nostra città.

Ovviamente parlo dei miei tempi. Vi assicuro che non erano come quelli che conoscete. Non avevano sponde di sicurezza, né la scaletta per la risalita. Era semplicemente un pendio dal quale ci lanciavano seduti su una larga latta schiacciata, a guisa del bob da ghiaccio.

Se adesso sto qui a descriverlo, sto dando testimonianza dell’esistenza reale dell’Angelo custode!
La discesa – pensando adesso a mente serena – era pericolosissima perché si poteva precipitare nel burrone e/o sfracellarci sul fondo della corsa. Qualche temerario si poneva sulla latta addiirittura prono, con la testa rivolta verso il fondo della china.

Quella frequentata da me si trovava alle spalla dell’attuale Chiesa di San Camillo. Non c’era né l’Ospedale, né tantomeno la chiesa. Era fantasiosamente chiamato “il Parco” confinante con i fichidindia della futura Via Barletta.

Un’altra era collocata dietro l’attuale Ufficio dei Vigili Urbani e una terza in Via Cave, l’ultima traverso di Via Antiche mura.

Ma jì a ffé sciulì-sciulà? = Andiamo a fare lo scivolo?

Il sostantivo è un po’ onomatopeico, come zinghe-nzelànghe = altalena.

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