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Pigghjé l’appöse

Pigghjé l’appöse loc.id. = solere, essere solito volutamente

Prendere il vizio, la consuetudine di fare sempre un’azione a danno di altri.

Si dice pigghjé o pegghjé, indifferentemente. Sarebbe più corretto dire pigghjé come l’italiano pigliare. Difatti all’imperativo si dice pìgghje = piglia.

Scherzosamente la mamma, quando notava un giovanotto ronzare intorno alla propria casa, passare e ripassare, diceva:

E jìsse! ho pegghjète l’appöse a venì sèmbe quattórne = (Guardalo!) ui è ormai ha preso l’abitudine a gironzolare sempre in questi paraggi.

Mò te déche ‘nu becchjerüne, ma nen pigghjànne l’appöse = Ora ti dò un liquorino, ma che non diventi un’abitudine.

Cerco di capire il significato di pigghjé l’appöse, e mi sembra “prendere una discesa”. Quindi figuratamente, giungere agevolmente ai piedi della china, arrivare a fine corsa senza fatica, perché è più facile andare in discesa piuttosto che in salita.

Gira e gira e si giunge al posto preferito, anche perché l

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Pih

Pìh int. = ecco che, e quindi, e allora, ecc.

È una interiezione abbastanza ricorrente nel linguaggio parlato. Alla lettera significa “prende”. Spesso è più completa: po-pìh o anche po-pìgghje o solo pìgghje e.

Non sappiamo bene che cosa si “prende”, forse si prende fiato prima di passare da un’azione all’altra, magari repentinamente.

Con qualche esempio spero di chiarire il concetto. Diciamo la verità, tutti abbiamo avuto questa specie di intercalare, almeno fino ad una certa età.
Credo che abbia, nel parlare, la funzione belante dell’anglosassone “Ehr”, come per prendere una piccola pausa per respirare e per riordinare le ideee prima di esprimerle.

Mèndre ca camenöve, pìh, e me sò truéte lunghe lunghe ‘ndèrre = Mentre camminavo, ecco che mi sono ritrovato lungo disteso per terra.

Mò ca ce piéce, po-pìh e lasse tutte cöse?= Proprio ora che comincia a piacerci (il racconto, l’azione, la prestazione, la descrizione, ecc.), ecco che abbandoni tutto (e ci lasci in sospeso)?.

C’jì stéte sèmbe cìtte… po-pìh c’jì javezéte, e, senza düce njinde, pìgghje e ce n’jì ne scappéte = Era rimasto a lungo taciturno, poi all’improvviso si alzò in piedi, e senza profferir parola, se la svignò rapidamente.

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Pìmmena-chjüse

Pìmmena-chjüse topon. = Pugnochiuso

Famosissima località turistica del Gargano, nei pressi di Vieste, che dapprima era nota ai pescatori locali come punto di riferimento.

Essi erano e sono in grado di localizzare con denominazioni appropriate, palmo a palmo, tutta la costa dauna, dal Fortore all’Ofanto…e anche oltre.

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Pìmmene

Pìmmene s.m. = Pugno

Colpo inferto con la mano chiusa, con le dita piegate e fortemente strette sul palmo.

In epoca più recente, diciamo dagli anno ’40, si diceva cazzòtte = cazzotto.

C’jì menéte ‘i pìmmene ‘mbjitte = Si è battuto i pugni sul petto (in segno di pentimento…mea culpa, mea culpa!)

La famosa località garganica di Pugnochiuso era da tempo immemorabile conosciuta dai nostri bravi pescatori come Pimmenachjüse (toponimo).

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Pindalòsce

Pindalòsce s.f. = Scorreggia

Voce fanciullesca per indicare una scorreggia.
Sinonimo fjite (←clicca)

L’emissione di gas intestinale era un po’ glorificata in questa specie di “conta” per stabilire, quando si stava seduti attorno al fuoco (perché la televisione non era stata ancora inventata) chi era stato l’autore della puzza.

Ecco il testo:

Pendìlle, pendìlle, pendòsce
ch’jì ca l’ò fàtte la pindalòsce?
L’ò fatte ‘u cüle fetènde
e Sant’Andònje l’abbrüsce ‘u dènde.
Póh póh, póh
e che fjite c’à fatte tó!
L’ò fatte ‘u pundarüle
e Sant’Andònje l’abbrüsce ‘u cüle.
Póh póh, póh
e che fjite c’à fatte tó!

Qualcuno al verso n. 3 dice che Sant’Antonio gli brucia la lènghe (la lingua). Posso anche accettare questa variante, ma non mi garba troppo, perché non fa rima baciata come tutto il resto di questa odorosa “poesia”!

Tra l’aggettivo fetènde e il sostantivo lènghe c’è solo un’assonanza.
Io preferisco l’accoppiata in rima, come:
fetènde/dènde,
pendòsce/pindalòsce,
tó/póh, e
cüle/pundarüle

Cliccate sul triangolino bianco qua sotto e sentire l’audio (non l’afrore) di questa…odorosa filastrocca!

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Pìnele

Pìnele s.m. = Pillola

Pillola, pastiglia, pasticca, compressa.

Preparato farmaceutico di piccole dimensioni, forma tondeggiante, con consistenza di pasta dura.

Per uso orale, la pastiglia può essere anche ricoperta di gelatina o zucchero.

Fiiguratamente: indorare la pillola per non far sentire l’amaro del farmaco durante la deglutizione.

“Basta un poco di zucchero e la pillola va giù” (dal film “Mary Poppins” – Walt Disney

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Pìnge

Pìnge s.m. = Tegola

Elemento componibile di laterizio, usato come copertura di tetti. Esistono di varie forme.

La tegola più usata in Italia è quella a coppo, semicilindrica leggermente rastramata, ossia più larga al lato inferiore e più stretta a quello superiore, da potersi sovrapporre per qualche centimetro.

Esistono tegole piatte trapezoidali con i due lati maggiori rialzati a sponda, dette ìrmece = èmbrici, o tegole piane, usate fin dall’epoca dell’antica Roma.

In epoca moderna sono usate quelle rettangolari e scanalate chiamate “marsigliesi”, nate nel ‘900. Non so se le tegole marsigliesi hanno il corrispondente nome in dialetto manfredoniano. Invito i lavoratori edili a farsi avanti e chiarire il dubbio!

Nen anghianéte söpe ‘u tìtte ca ce ròmbene ‘i pìnge = Non salite sul tetto, ché si rompono le tegole.

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Pìnghe

Pìnghe s.f. = Pene

Mi sono già dilungato abbastanza con (clicca→) pengöne (scusate il calambour sul dilungamento, prolungamento o allungamento…).

Il suono pìnghe somiglia all’inglese pink, che vuol dire color rosa (ricordate The Pink Panther = La Pantera rosa?): vuoi vedere che c’è attinenza cromatica?

Beh, un po’ più seriamente diciamo che pìnghe è il membro virile in posizione di riposo. Difatti esiste il soprannome Pingamòsce qualora ci fossero dei dubbi sullo stato del pene.

È una dei tanti modi di chiamare questa nostra appendice anatomica.

Un simpatico modo di dire manfredoniano, che vuole evidenziare una situazione di gran quantità di lavoro da svolgere, è: stéche a pìnghe de fatüje = sono sommerso di lavoro (fino all’altezza dell’inguine).

In italiano si scavalca a pie’ pari il punto scabroso, e si dice che si ha lavoro “fin sulla cima dei capelli”.

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Piócce

Piócce agg., s.m. = Sempliciotto, trasandato

Piócce, secondo me, è il diminutivo di Pio.
Sarebbe come dire:
Felócce = Raffaelluccio o Felicino o Felicetta;
Pavelócce = Paoluccio, Paolino.
‘Ndeniócce = Antoniuccio;
Mattiócce = Matteuccio, Teuccio;
Peppócce o Peppózze = Beppuccio, Peppino, Giuseppino:
Pascócce = Pasquina;
‘Calócce = Micheluccio, Micheluzzo, Michelino;
‘Cailócce = Michelina, Micaela. E così via.

Il nome proprio Pio era diffuso, almeno inizialmente (ora anche altrove), per lo più S.Giovanni Rotondo, e per questa stessa origine, a torto, veniva associato da noi – presuntuosi abitanti della “marina” – a un tipo un po’ sempliciotto, o trasandato nel vestire.
D’altronde questi pellegrini che si muovevano a piedi o con carretti non erano certo modelli di eleganza.
L’equazione era questa: Pio = Sangiovannaro = montagnaro = trasandato.
Quindi Pio = trasandato. Stereotipo questo assolutamente insostenibile.

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Pìppete

Pìppete s.m. = Peto

Siccome mi sono dilungato abbastanza su questo argomento, mi limito a riportare il termine, specificando solo che si può dire pìpete, un una sola “p”, tanto puzza lo stesso.

Andate alla casella “cerca”, digitate “scorreggia” e aspettatevi tre pagine di olezzanti risultati.

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