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Pezzènde

Pezzènde s.m. = Pezzente

Persona che vive in condizioni di estrema indigenza chiedendo l’elemosina. Accattone, straccione.

Al plurale fa pezzjinde.

Credevo che pezzènde derivasse dalle innumerevoli pezze e toppe con cui erano riparati i suoi miseri indumenti.  Invece ho scoperto (non è mai troppo tardi) che deriva dalla forma participiale petiente del verbo latino petere = chiedere,supplicare

Mia nonna usava addirittura un verbo. Jì pezzènne = andare chedendo l’elemosina, fare accattonaggio (non esiste il verbo ‘accattonare’ in italiano).

Ora l’accattonaggio è proibito per legge. Ricordo parecchi mendicanti che giravano per le strade nell’immediato dopoguerra. Ognuno aveva un intercalare, come il grido dei venditori ambulanti.

C’era un vecchietto che gridava dalla strada in direzione di ogni casa: “Gesùmmaria patro’!” = Gesù e Maria, padrona!.

Un altro con vistose stampelle si trascinava per la via e si appellava al cuore delle mamme: “Avjite cumbassióoone ‘e ‘nu pòvere figlje ‘e màaamme, mitragliàaate sott’u bumbardamènde ‘e Fògge”. Una cadenza forestiera cantilenata con voce squillante, da banditore.

Altri ancora si ponevano allineati in postazione strategica davanti al Cimitero, o la domenica davanti alla Chiesa madre. Per la Festività di Ognissanti pernottavano nella Taverna (De Vita?) in Largo S.Francesco, per un paio giorni, in modo che si potessero spostare al vicino cimitero.

Erano itineranti e cambiavano piazza con il loro fagotto contenente tutte le loro  misere cose.

Chissà se qualcuno se li ricorda ancora….Parlo del 1948, o 1949.
Tanti anni fa!

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Pezzènde e fetènde

Pezzènde e fetènde loc.id. = Schizzinoso

Quando qualcuno stenta ad accettare un dono, un aiuto, un sostegno, forse per un malcelato segno di orgoglio, si dice che è pezzente e fetente, ossia misero ma orgoglioso e dai gusti difficili.

Ma come: ti dò un piatto di minestra e tu ci sputi sopra? (Metaforicamente, s’intende).

Ma quìste so’ pezzjinde e fetjinde (plurale)

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Pezzüche

Pezzüche s.m. = Picchetto


«Paletto appuntito di legno o di ferro che si pianta nel terreno per fissare tende da campeggio o per eseguire misurazioni topografiche, o come segnale di tracciati stradali, confini e sim.»
(Definizione coniata dal Vocabolario on line della Hoepli Editore)

Si usa come piolo per fissare tende militari, coperture, pali da vigneto, ecc.

Il nome pezzüche deriva dal fatto che l’oggetto è appuntito, pizzuto, che termina a punta, e  può riferirsi a qualsiasi oggetto acuminato.

Attenzione a distinguerlo dal quasi omografo pìzzeche (pizzicotto o pala di fichidindia)

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Pi calecagne ‘ngüle

Pi calecagne ‘ngüle locuz.avv. = Velocemente

La locuzione alla lettera si traduce con i talloni a contatto con le natiche e vale come l’avverbio “velocemente” (per questo si dice locuzione avverbiale. Ragazzi ho dovuto ripassarmi le regole di Grammatica per affrontare questa fatica!!!)

I talloni potrebbero toccare contemporaneamente le natiche se si è accoccolati. Ma qui le toccano alternativamente durante una fuga precipitosa!

In italiano per la stessa descrizione si dice: a gambe levate.

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Pìcche-e-pe-nnjinde

Pìcche-e-pe-nnjinde loc. avv. = spesso, sovente, frequentemente.

L’avverbio pìcche = “poco” è di origine garganica, ed in questa locuzione è ormai entrato anche nella nostra parlata. C’è stata una osmosi di termini dopo la continua immigrazione interna a Manfredonia avvenuta negli ultimi 70 anni, specie di Montanari, ormai perfettamente integrati nel nostro tessuto urbano.

Essi dicono “pìcche” per indicare un quantitativo ridotto, corrispondente al nostrano pöche = poco. Pìcche pìcche = pöche pöche = poco poco.

Quel pìcche ovviamente si riferisce al breve intervallo di tempo che intercorre tra un’azione e il suo ripetersi: poco dopo, a ripetizione, ecc. Insomma un nonnulla, con frequenza, ripetutamente, spessissimo.

Pìcche e pe njinde = pöche e spìsse = poco e spesso.

A jàtte picche e pe nnjinde ce ne scappe = Il gatto spesso e volentieri se ne scappa (via da casa).

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Pigghjé ‘a mmiéte

Pigghjé ‘a mmiéte loc.id. = Prendere la rincorsa

Fare una breve corsa per slanciarsi in un tuffo, un salto, un assalto ecc.
Avventarsi, slanciarsi, piombare addosso a qualcuno o per scavalcare un ostacolo.

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Pigghjé ‘i pìsce trjimete

Pigghjé ìi pìsce trjimete loc.id. Esporsi al freddo.

Un simpatico Detto, che tradotto alla lettera, significa: prendere (pescare) le torpedini.

Il vero significato è quello di esporsi al freddo (pigghjàrece ‘na friddjéte), uscire di casa nonostante il tempo gelido, rinunciare al calduccio per dedicarsi a cose ritenute futili.

Che c’entrano le torpedini? Si sa che questo pesce per contatto dà delle scariche elettriche per tramortire le sue prede. Anche l’uomo, toccandoli, avverte come un tremito (da cui il nome dialettale trjimete).

Add’jì ca jéte? Pe ‘su tjimbe jéte a pigghjé ‘i pìsce trjimete! = Ma dove andate? Con questo tempaccio andrete a buscarvi un’infreddatura!

Jogge jéte a vedì ‘a partüte? Sì, avüta pigghjé ‘i pìsce trjimete = Oggi andate allo stadio? Sì avrete da soffrire per la temperatura gelida.

Per estensione può significare anche tremare per lo spavento o per una sgradevole sorpresa. Insomma una sensazione per nulla piacevole.

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Pigghjé asse pe fiüre

Pigghjé asse pe fiüre loc.id. = Sbagliare, prendere un abbaglio.

asso_denariCommettere un errore, prendere una cantonata, fare un passo falso.

Talora si pronuncia Pegghjé jàsse pe fiüre
Fiüre, in questo caso non significa “fiori”, bensì “figure”

Alla lettera significa: prendere asso per figura. Chiaramente si riferisce ad una mossa errata nel gioco delle carte.

Commettere un errore, prendere una cantonata, fare un passo falso.

Di solito l’asso, specie nella briscola o nel tressette è una carte importante e nel fare una giocata lo si è calato erroneamente al posto di una “figura”, ossia il “cavallo, la “donna” il “re” (le altre carte sono chiamate “pezzenti”, ossia scartine.

Il linguaggio figurato trasferisce questa mossa di gioco per indicare un errore madornale, anche di valutazione.

ANNOTAZIONI FONETICHE
Molte parole che iniziano in italiano con la vocale ‘a’, ‘e’, ‘o’ ‘u’ prendono nel dialetto la semivocale ‘j’ come avviene, per esempio, nei seguenti casi:
Abitare = javeté
Alzare = javezé
Amaro = jamére
Angelina = Jangiulüne
Aprire = japrì
Essa = jèsse
Oggi = jògge
Otto = jòtte, ecc….

Sono grato al nostro grande poeta Franco Pinto, che sfodera queste colorite espressioni, perché che mi danno modo di trarne spunto per comporre questi miei post dialettali.

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Pigghjé i vjirme

Pigghjé i vjirme loc.id. = Terrorizzarsi, spaventarsi, sobbalzare.

Alla lettera significa: prendere i vermi. Ma non per andare a pescare con la lenza e l’amo!

Significa prendere un solenne spavento, una paura, una fifa memorabile.

E che c’entrano i vermi? Dico il mio parere: uno stato di paura o di stress genera spasmi viscerali e involontarie contrazioni muscolari, dando una fastidiosa sensazione come se nella pancia ci fossero dei torciglioni, dei vermi in movimento.

Tutti abbiamo vissuto questi momenti! Che so, prima dell’esame di maturità, prima del conseguimento della patente, dopo essere usciti illesi da una situazione di pericolo o durante l’incombere di esso, ecc.

Ecco, questo movimento intestinale viene descritto come aver “preso i vermi”, ossia aver contratto una di quelle malattie viscerale che ora sono scomparse: la tenia, l’ameba o altre simpatiche malattie di “panza”

Me sò vìste a cóste annànze tutte ‘na volte: m’ò fatte pigghjé i vjirme! = Costui mi è comparso davanti inaspettatamente: mi ha spaventato!

Altre locuzioni similari:
torce l’ùcchje;
fàrece venì a jòcce
fàrece venì ‘u staghegghjöne

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