Categoria: M

Maramè!

Maramè! inter. = Oramai!

Cosa vuoi che sia… Arrivati a questo punto…

L’ho sentita da mia madre. Forse ha un’influenza Montanara, verificheremo.

Meh, daccìlle doje öve a Nannüne: che vole jèsse? Maramè! = Beh, dàgliele due uova a Nannina,: che vuoi che sia? Arrivati a questo punto….

Nella parlata più antica significava anche: ahimé, povero me, misero me.

Jì mùrte marìteme! Maramè cüm’agghja fé?
 = È morto mio marito! Ahimè come farò (a portare avanti la famiglia senza sostegno economico)?

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Marasciùle

Marasciùle s.m. = Rucola selvatica.

Pianta annuale (Diplotaxis erucoides) simile alla notissima ruchetta, ma da sapore un po’ meno accentuato. Cresce nei vigneti e lungo il ciglio delle stradi campestri.

Questa ha foglie più larghe e fiori bianchi, la ruchetta ha foglie strette e fiori gialli.

Fa parte anche questa della minestra rustica delle erbe miste (i fògghje meškéte).

Grazie a Enzo Renato per i suggerimenti sulle erbe campestri.

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Marenére

Marenére s.m. = Pescatore

Persona che trae dal mare il sostentamento per sé e per la famiglia dedicandosi all’attività di pesca.
Normalmente fa lavoro dipendente da un armatore. Spesso su un motopeschereccio sono attivi membri della stessa famiglia.

Anticamente erano considerati alla stregua dei contadini perché menavano una vita faticosa e scarsamente remunerata. Inoltre i pescatori rischiavano ogni giorno la vita nel mare che sovente si rivelava insidioso per le loro imbarcazioni remo-veliche.

In segno di disprezzo si apostrofavano marenaracce, come i cafunacce quando il loro rude o vivace comportamento li portava all’attenzione dei benpensanti.


Fortunatamente questi tempi sono cessati. Conosco marenére con la licenza liceale che danno dei punti a tanti pseudo saccenti.

I marinai imbarcati sulle navi mercantili diconsi navegànde = naviganti.
I marinai militari sono chiamati suldéta-marüne = soldati della marina

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Mareté

Mareté v.t. = Maritare

Accasare, fare sposare, dare marito a una donna nubile.

Cungètte ce völe mareté pe Luìgge! = Concetta vuole sposare Luigi (si vuole sposare con).

‘Sta fìgghja nòstre ce féje venì ‘i strìseme… Facìmele mareté! = Questa nostra figliola si fa venire le smanie… Facciamola sposare!

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Marìcule

Marìcule s.f. = Mora di rovo

Frutto composto del rovo (Rubus ulmifolius), formato da piccole drupe. Credo che sulla scorta della lingua latina (lente-lenticula; parte-particula) che derivi da mora-moricola, piccola mora.

Qlcu pronuncia anche marìchele.  Si raccolgono a settembre giusto per spiluccare, perché c’è poco da spolpare…
Erano usate anche per farne confetture “domestiche”, ma il rischio di pungersi ha fatto desistere i temerari raccoglitori di una volta.

L’arbusto da cui nascono le more, il roveto, è detto (clicca→) revutéle.

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Mariùle

Mariùle s.m. = Ladro

Veramente in italiano il termine simile “mariolo” ha un significato più esteso, ossia identifica una persona disonesta, furfante, imbrogliona, canaglia.

Attribuendo a mariùle il solo significato di ladro ritengo che questa volta il dialetto sia stato limitativo per l’estro…del mancato galantuomo.

Al plurale è invariabile: ‘u/’i mariùle= il ladro, i ladri.

Al femminile, singolare e plurale, è ‘a/’i mariöle = la ladra, le ladre.

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Mariulìzzje

Mariulìzzje s.f. = Furfanteria

Furto, ruberia, truffa, ladrocinio.

Quando qualche sciagurato si procura da vivere con espedienti è dedito a furfanterie, raggiri, truffe costui cumbüne mariulìzzje = compie misfatti. Alla larga!

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Martellüne

Martellüne s.f. = Martinicca

Nei veicoli trainati dagli animali, freno a ceppi che si aziona manualmente mediante particolari meccanismi.

Funzionamento: mediante carrucole che moltiplicano la potenza di trazione, si aziona una leva in legno, che tirando due corde sposta un paletto in avanti e pone due ceppi in legno (o di acciaio) a contatto con la ruota.

Praticamente con questi leveraggi vari, agisce direttamente contro il cerchione delle ruote. Il paletto traversino con i ceppi di legno è ben visibile nella foto.

I carrettieri lo azionavano in discesa, per evitare che il peso del carro e del carico travolgesse il cavallo e come freno di stazionamento durante le operazioni di carico e scarico.

Per la bicicletta e per i veicoli a motore è chiamato con termine simil-italiano ‘u fröne (pl. i früne).

La locuzione mené ‘a martellüne ha quindi il significato di “frenare”, anche in senso metaforico.

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Maruzzèlle

Maruzzèlle s.f. = Lumachine di mare

Il nome con cui sono conosciute ora, cioè ‘i maruzzèlle, è sicuramente un prestito dal dialetto napoletano o abruzzese. Anticamente erano dette tombalüne

Queste chioccioline di mare [Sphaeronassa (o Nassarius) Mutabilis] sono state rivalutate da pochi anni, perché prima non erano molto conosciute e non rientravano nella tradizione culinaria sipontina.

Praticamente le maruzzèlle si consideravano quasi come uno scarto dai pescatori (la dimensione di questi gasteropodi raramente supera i 3 cm), e quindi venivano ritenute un piatto povero della tradizione culinaria marinara.

Visto però che ottenevano molto successo quando venivano offerte come una zuppa nelle osterie e trattorie, si decise di allevarle, specie nel medio e alto Adriatico.

In effetti in sughetto che se ne ricava è molto stuzzicante, specie se servito come antipasto. Il profumo ed il sapore sono veramente eccezionali ed il peperoncino dona il giusto grado di piccantino che non guasta.

Onestamente non so se in italiano hanno un nome specifico. Qui di seguito faccio un elenco dei nomi regionali:

Tombolini (Liguria)
Maruzzielli, Maruzze, (Campania)
Bomboletti, Bombetti, Bombolini (Marche)
Maruzzelle (Termoli)
Lumachini (Puglia)
Cucciuletti, (Porto S.Giorgio)

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Masciódde

Masciódde s.m. = Moscardino, o polpo piccolo, molto giovane

MascioddeÈ un termine marinaresco  per indicare il moscardino  (Eledone moschata).

Mollusco commestibile simile a un piccolo polpo. Caratteristica principale è la presenza di un’unica fila di ventose su ognuno degli otto tentacoli che lo distingue dal polpo (con otto tentacoli e due file di ventose).

I moscardini più piccoli sono detti mascjuddìcchje

I pescatori manfredoniani in passato usavano il termine figuratamente per comunicare l’arrivo di un altro figlio nella famiglia: Mò tènghe ‘n’atu masciuddìcchje = Adesso ho un altro marmocchio.

Credo che la loro cattura sia proibita per non spopolare il mare. Una volta si trovavano anche nella sciabica.

Ringrazio il lettore Michele Pastore per il sugerimento e il prof. Matteo Castriotta per la descrizione.

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