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Mamórce

Mamórce s.m. = Sgorbio, scarabocchio.

Al plurale fa mamùrce.

Alcuni pronunciano mamócce e mamùcce, omettendo per rapidità la “r”. Accettabile.

Quando non esistevano le biro e si scriveva con il pennino intinto nell’inchiostro liquido, molto più facilmente gli scolari macchiavano libri e quaderni loro e altrui.

Allora si usava la locuzione mamùrce p’i ‘ndùrce, come dire, forzando un po’, ma solo per la rima: scarabocchi coi fiocchi.

È un simpatico rafforzativo con la rima per definire quegli orribili sgorbi riscontrati sui quaderni o sulle pagine dei libri dei bambini con poca dimestichezza con il pennino, perché appena agli inizi sulla strada dell’apprendimento della scrittura.

I ciambe de mosche = le zampe delle mosche = anche questi possono essere considerati scarabocchi o meglio denotano una scrittura incomprensibile che poteva causare un brutto voto in materie che non esistono ormai più, come ed esempio “la bella scrittura”.

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Manacöne

Manacöne s.m. = Manica larga

Va bene anche la pronuncia manecöne.
Alla lettera significa “manicone”, larga manica. Sono tipiche dei sai francescani, spesso usate dai frati per celarvi le mani in inverno, al riparo dal freddo, o per nascondervi il fazzoletto.

Figuratamente mettìrle ‘nd’u manacöne significa togliere qualcosa dalla vista, dimenticare, e quindi non pensarci più.
È il caso, ad esempio, di un credito diventato inesigibile, o di un sopruso ricevuto, al quale non si vuole controbattere.

Indica anche l’atto di trarre vantaggio da una qualsiasi transazione.
Fare la cresta, serbare illecitamente per sé un vantaggio economico, fare peculato.

Con l’identico preciso significato l’ho sentita pronunciare da un amico originario della Campania (“mette rint’o manacone” ), mentre con una mano faceva l’atto di allargare una immaginaria giacca e con l’altra mimava di infilare qualcosa nella tasca interna, al posto del portafogli. Questo per fugare qualsiasi dubbio interpretativo!

Ringrazio il lettore Michele Castriotta per il suo prezioso suggerimento.

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Mànde

Mànde s.m. = Vello, mantello

1) ‘U mande = Il vello degli ovini tosato intero, ultilizzato per imbottire i materassi si una volta. Se la lana era a tosata a bioccoli aveva un valore decisamente inferiore di quella tosata “a mande

2) ‘U mande = Il mantello, specialmente usato nella locuzione sté ‘nu mande de sedöre, o ‘nu mande d’acque.. Madido di sudore, coperto di sudore, inzuppato di acqua per l’abbondante traspirazione, come un manto, per tutto il corpo.

Stéje ‘nu mande de sedöre! Fàtte ‘na refreşkéte! = Sei madido di sudore, datti una rinfrescata!

Mettume tutte cöse sòtte ‘u mande ‘a meserecòrdje = Mettiamo ogni cosa sotto il manto della misericordia divina (ossia, mettiamoci una pietra sopra e non ne parliamo più). Per dimenticare un’offesa o un credito inesigibile.

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Manderüne

Manderüne s.m. = Mandarino

Conosciutissimi (Citrus madaurensis) sono dei frutti simili all’arancia ma più piccoli, di sapore dolce e ricchi di succo (e di semi!).

In questi ultimi decenni sono comparsi diversi ibridi: mandarancio, clementine, marzaioli. Tutti eccellenti!

Il dialetto segue la parlata di quelli che non sanno l’italiano e che dicono manderino anziché mandarino.

Il nome deriva dalla città di Madaura (nella Numidia degli antichi, l’odierna Algeria) che è riportato nel nome scientifico (madaurensis, ossia madaurinese o madaurino, ammesso che si possa dire così).

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Mandràcchje

Mandràcchje s.m. e top. = Mandracchio

Credevo che fosse un toponimo di Manfredonia, riguardante la spiaggetta Diomede, poi ho scoperto che esiste anche a Livorno e a Napoli, ossia in località litoranee munite di porto.

Le ricerche mi hanno portato al Vocabolario della lingua italiana di De Mauro: “settore ben riparato di un porto usato come darsena per piccole imbarcazioni “.

Non contento ho consultato vocabolario etimologico alla voce mandracchio.

Allora lo classifico sia come sostantivo, sia come toponimo, così non sbaglio.

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Mangé ‘u cüle d’a jallüne

Mangé ‘u cüle d’a jallüne loc.id. = Protestare, brontolare, borbottare

Alla lettera significa: Mangiare il culo della gallina.

È una domanda ironica che si rivolge a colui che è sempre scontento e trova da ridire in continuazione.

Statte ‘nu pöche cìtte! E che t’ha mangéte, ‘u cüle d’a jallüne? = Sta un po’ zitto! Che hai mangiato, il culo della gallina?

Ritengo che l’origine di questo detto, riferito al bisbetico, vada ricercata intorno al desco, allorquando la madre ha suddiviso le porzioni della gallina in brodo tra i membri della sua famiglia.

Infatti le cosce sono andate al papà e al figlio grande, perché devono sopportare i lavori gravosi in mare o nei campi; il petto alla sorella gracile e delicata di salute; le ali alla mamma perché hanno poca polpa; e la parte meno pregiata al figlio minore, tanto poi in casa troverà qualcos’altro per compensarsi…

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Mangé péne e curtjille

Mangé péne e curtjille loc. id. = Mangiare solo pane

Una locuzione fantasiosa per dire che si vive in ristrettezze.

È un parlare figurato. Quando non si ha nemmeno il companatico, si taglia una fetta di pane a bocconcini e lo si gusta un pezzo per volta, masticandolo a lungo e sperando che riesca a calmare la fame.

Ho sentito racconto di prigionieri di guerra perennemente affamati, nutriti quel tanto per non farli morire di inedia. La fame è una brutta bestia. Noi che badiamo alle diete non abbiamo nemmeno l’idea di che cosa significhi patire la fame.

Ringrazio la Redazione di GreenVision Production per il suggerimento.

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Mangé scorze e tótte

Mangé scorze e tótte loc.id. = Soverchiare, far un sol boccone del contendente, mostrare superiorità fisica o intellettiva

 La locuzione, tradotta alla lettera, significa semplicemente mangiare qualche frutto (mele, uva, ecc.) con tutta la buccia.

Ma viene usata principalmente in modo figurato, come voler dichiarare di sapere o poter facilmente sbaragliare un antagonista. Vediamo come viene usata:

1) come frase positiva, ha diversi significati poco discostanti tra loro. 

a) Evidenzia la propria abilità verso qualcuno che si vanta pur non avendone capacità o merito.
Se vulüme fé ‘na corse p’i bececlètte, te mange scorze e tótte = se vogliamo fare una corsa con le bici ti faccio mangiare la polvere.

b) Sottolinea la propria esperienza o la effettiva capacità nel risolvere qualsiasi difficoltà..
E che ce völe a munté l’armadje? Mò me la mange scorze e tótte = E che ci vorrà mai a montare l’armadio? Son capace io di farlo in men che non si dica. 

2) come frase negativa , ossia non mangiare il frutto con tutta la buccia, consiglia di non fermarsi alla prima impressione, non sottovalutare una persona o un evento.
Nen te mangianne tutte cöse scorze e tótte = Non credere a tutto ciò ti dicono, ossia devi prima mondare e sgrossare ciò che appare o ti mostrano per capire il nocciolo della questione.

Ringrazio gli amici Francesco Granatiero e Tonino Sorbo che mi hanno dato lo spunto per comporre questo articolo.

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Mangenöse

Mangenöse agg. = Mancino

Persona che usa prevalentemente la mano sinistra.

Fino a pochi decenni fa i bambini che mostravano tendenza al mancinismo, venivano obbligati, in casa e a scuola, ad adoperare la mano destra per usare le posate o la penna. Addirittura si arrivava a legare il braccio sinistro al corpo per obbligare ad usare la mano “giusta”.
Ovviamente, fuori dai severi controlli essi usavano la sinistra ed alla fine diventavano ambidestri!
Si credeva infondatamente, che essere mancini significava essere inferiori.

Fortunatamente ora non è più così!

Leggo sul web:

«L’etimologia stessa della parola “mancino” mostra come ci sia sempre stato un pregiudizio verso il mancinismo: in latino, mancus significa “mutilato”, “storpio”.
Il termine “sinistro”, inoltre, è collegato nella nostra lingua a concetti non certamente positivi: sinonimo di “incidente”, ”sciagura”, è spesso usato come aggettivo per definire qualcosa come avverso, sfavorevole, minaccioso o pauroso.
Invece, riferendoci a personaggi del passato o attuali, sembra che i mancini siano dotati di inventiva, fantasia e creatività.»

Ecco un elenco di mancini illustri: si va da Leonardo e Michelangelo, a Maradona e Messi; da Obama e Ronald Reagan, a Fidel Castro e Valentino Rossi; da Charlie Chaplin e Lady Gaga, a Tom Cruise e Robert De Niro. Senza dimenticare Einstein, Jimi Hendrix, Napoleone, Carlo Magno, la Regina Elisabetta, Platini, McEnroe, Paul McCartney, Bill Gates, ecc. ecc.


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Manghe

Manghe avv. = Nemmeno, sinistra, mancino

1) Manghe avv. = Nemmeno, neanche

À truéte i spàrge’ – Manghe jüne = Hai reperito degli asparagi selvatici per i campi? Nemmeno uno!

Jü nen sò stéte – Manghe jü = Io non sono stato – Neanche io!

Manghe li chéne = Non lo auguro nemmeno ai cani!

2) Manghe agg. = Mancino, situato a sinistra.

‘A ména manghe = La mano sinistra, o anche a sinistra

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