Categoria: M

Mómmele

Mómmele agg. e s.m.= Debole, vile.

Epiteto offensivo che descrive un uomo di poco valore, debole fisicamente e/o caratterialmente.

Invariabile al maschile, al femminile, al singolare e al plurale.

Si pronuncia sempre rafforzando la “m” iniziale per enfatizzare l’aggettivo e il sostantivo, specie se è preceduto dall’artico ‘u e ‘nu = un, il.

Sì pròpete ‘nu mmómmele! = Sei proprio un fesso (agg.)
Giuànne jì mómmele = Giovanni è debole (agg.).

Usato come sostantivo ha il significato dell’aggettivo.
Uì, mò vóne ‘u mmómmele = Ecco, ora arriva il fesso (s.m.).

Al superlativo è mummelacchjöne

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Momò

Momò avv. = Presto, a breve

Entro breve tempo, da un momento all’altro, fra poco tempo, ecc.

Aspettéte quà ca momò vöne ‘u màstre = Aspettate qui che fra poco arriva il maestro artigiano.

Quann’jì ca véje a pegghjé i péne? Momò = Quando è che vai a prendere il pane? Fra poco.

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Möne

Möne inter. = Dài, su, coraggio, sbrigati, fa presto, lascia stare, ecc.

Möne! esprime esortazione, incitamento, incoraggiamento.

Indica anche fastidio, insofferenza. impazienza.

Möne, möne, dàmece da fé = Dai, dai, diamoci da fare.

Spesso è preceduto da una “e” rafforzativa:

E möne, làssa sté! = E dài, lascia perdere, non insistere.

E möne fenìscele! = E dài, smettila! Detto a qualcuno che ci infastidisce ripetendo e insistendo sempre sulla stessa cosa, per farlo smettere.

Papà, e möne, accàttamìlle ‘e bececlètte! = Papà, dai, compremela la bicicletta!

Talora si rafforza anche con l’esortativo mèhE möne, mèh! = E dai, su!

Con sorpresa ho scoperto che deriva dal latino minari.

Con la stessa pronuncia assume il significato del sostantivo “mina”, congegno esplosivo usato dai cavamonti. Clicca qui.

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Mòneche

Moneche s.m = frate

Questo sostantivo ha diversi significati in dialetto.
Mi riferisco a quanto riportato nel famoso «Vocabolario di Manfredonia” dei miei amici Caratù e Rinaldi (Editore: Nuovo Centro di Documentazione Storica di Manfredonia-2006) dal quale ho attinto a piene mani!

1 – Mòneche s.m. = frate, generalmente francescano
2 – Mòneche s.f. = suora
3 – Mòneche s.m. = scaldino per il letto
4 – Mòneche s.m. = argano per sollevare pesi o per alare a riva imbarcazioni
5 – Mòneche s.m. = campana, copertura traforata di ottone per braciere
6 – Mòneche s.m. = mulinello d’aria, di vento, talvolta impetuoso (mòneche de vjinte)
7 – Mòneche s.m. = girotta, banderuola girevole da comignolo (mòneche de cemenöre)

Se non ricordo male, era detto anche mòneche de trappüte il paletto centrale del torchio dei frantoi oleari, intagliato come una filettatura, sotto il quale si impilavano i fiscoli (i fìšque) pieni di pasta delle olive frante per la loro spremitura.

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Mòrje

Mòrje s.f. = Scoria, morchia

Rifiuto materiale di scarto. Specificamente indica il residuo della lavorazione dei frantoi oleari artigianali.

Questo scarto, nerastro, ritenuto biodegradabile, una volta veniva sversato dai trappeti (frantoi) direttamente nei valloni di Macchia, con l’unico inconveniente di causare un acre odore che durava fino alle prime piogge. Essendo un prodotto bio degradabile non ha mai inquinato nulla.

Al giorno d’oggi queste scorie vengono sfruttate industrialmente per ricavarne un olio di bassa qualità, detto ‘olio lampante’ e non commestibile: usato una volta per alimentare le lucerne, ed ora come componente del sapone da bucato.

Cost’ùgghje jì vècchje: föte me mòrje = Quest’olio è vecchio: puzza di morchia.

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Mórme

Mórme s.m. = Pagello Mormora (Lithognathus mormyrus )

Pesce marino del Mediterraneo della famiglia degli Spàridi
Sparidae, dell’Ordine dei Perciformi Perciformes

Ottimo arrostito o in umido.

Denominazioni dialettali
Pagello mòrmora (Italiano); Murmoa, Murmua, Mormou, Mormua, Mormero, Mourmena, Mourmouna, Mormora, Mormo, Mormoa (Liguria); Mòrma, Mormiro, Mormùra, Pesse mòrmora (Veneto); Morma, Mormiro, Mormoro (Venezia G.); Murmuro (Toscana); Mormoro (Marche); Mùrmora, Mùrmuro (Abruzzi); Marmarozza, Pesce mormora, Mormillo (Lazio); Màrmele, Màrmora, Màrmoro, Màrmuro, Mùrmora, Mùrmoro, Mormillo (Campania); Càsciula, Càsciulu, Càsciolu, Càsciola, Còscele, Gàsciula, Vasciola, Gosciole, Osciola, Vòsciola, Vòscele, Vosciele, Màrmuro, Mùrmuro (Puglie); Aìula (Calabria); Ajola, Marmora, Ajoula, Ajula, Ajulu, Ajulu impiriali, Gajula (Sicilia); Bristanu, Vristanu, Ajulu, Mamungiuni, Murmilluni, Murruda (Sardegna). (notizia raccolta dalla rete)

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Mòrre

Morre s.f. = Branco, moltitudine, morra.

1 – Mòrre s.f. = Branco, mandria, moltitudine. Indica, quale nome collettivo (vi ricordate la grammatica?) un gruppo più o meno numerose di animali in genere. Specificamente in dialetto si vuole indicare un insieme di suini: ‘na mòrre de pùrche = Un branco di porci.

Talvolta , scherzosamente, si riferisce anche a famiglie numerose.

Tone ‘na mòrre de fìgghje = Ha un mucchio di figli.

Devo citare un divertente episodio: in ospedale si presentarono numerosi familiari di un degente bisognoso di trasfusione. Quando il dottore del reparto emo-trasfusionale chiamò i donatori per cognome, si presentarono tutti insieme: Il medico, esterrefatto e compiaciuto, chiese: “Ma quanti siete?” Gli risposero: “noi siamo una morra!”!!

2 – Mòrre s.f. = Morra, gioco ormai in disuso, tra due giocatori che contemporaneamente “lanciano” la mano mostrando il pugno o delle dita distese, da uno a cinque. Quello che indovina con la voce e con la mano la mossa dell’avversario vince la bevuta. Molto diffuso in Italia, il gioco della morra è stato colpito dai divieti della legge, fin da medioevo, a causa delle frequenti risse che provocava.

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Mósce

Mósce s.m, s.f. = Mùssolo, floscio, gatta

1) Mósce s.m. = Mussolo (Arca Noae).
È conosciuto in italiano come Mùssolo o Arca di Noè. Si tratta di un mollusco bivalve ora molto apprezzato. Fino agli anni ’50 era considerato un cibo da poveri (come i munelècchje, pesci piccoli di sciabica, ormai introvabili).
L’ambulante che vendeva i frutti di mare aveva il suo grido, ca tànghe ‘a còzzela chjöne! còzzele e mósce, còzzele e carèccchje, uhé! = (Voi non sapete) che ho la cozza piena! Cozze e mussoli, cozze e canestrelle, ehi!

2) Mósce agg.= Soffice, floscio, lento.
Dipende dal soggetto cui fa riferimento l’aggettivo, per es. un pallone un po’ sgonfio, un muscolo non in tensione, o qls cosa che avrebbe dovuto essere rigido e che si trova in posizione di riposo…allora (ahimé) è mósce.

Anche qlcu che è lento nel mangiare, nell’agire è definito mósce.

Al femminile l’aggettivo è mòsce, e la “ò” suona larga.

3) Mósce s.f. = Gatto.
Specificamente al femminile è gatta, o meglio micia cui somiglia il termine dialettale. Dim.musciarjille s.m. e musciarèlle s.f. = micino/a, gattino/a.

Per estensione bambino/a magrolino/a, dai movimenti lenti e dalla voce flebile.

Quand’jì bèlle ‘stu musciarjille! ‘sta musciarèlle! = Quant’è bella questo gattino! (o questa micina!)

La Mósce è anche un soprannome.

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Mósse

Mosse s.m. = Labbra, bocca umana. Malore fisico

A) Mòsse, al maschile ‘u mósse, pronunciato con la ó molto stretta) le labbra plurale.

Mò te mènghe ‘nu şkaffe ca t’abbòtte ‘u mósse = Ora ti assesto uno schiaffo che ti gonfia le labbra.

Il termine italiano muso, da cui deriva, indica la parte anteriore prominente della testa degli animali che include la bocca. Scherzosamente o spregiativamente: faccia, volto di persona.

B) Mòsse al femminile  ‘a mòsse si pronuncia con la ò larga. Intende per esempio un disturbo intestinale.

Tutte ‘na vòlte m’jì venüte ‘una mòsse de vìscere e so jüte da söpe e da sotte = Improvvisamente ho avuto un disturbo intestinale e sono andato per vomito e diarrea (scusate).

‘Stu càvete me fé venì a mòsse de stòmeche = Questo caldo mi reca disturbi allo stomaco.

Se colpisce altri organi interni (cuore o cervello) si dice jòcce s.f. (vedi)

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Mósse-spacchéte

Mósse-spacchéte s.m. . = Labbro Leporino

Il labbro leporino (labiopalatoschisi) e’ una malformazione neonatale che interessa il labbro superiore ed il palato provocandone una fessura piu’ o meno estesa.

Patologia abbastanza rara che si presenta con un taglio netto al labbro superiore e talvolta è interessato anche il palato, e crea problemi non solo estetici, ma funzionali.

La chirurgia plastica in questi ultimi decenni ha fatto passi da gigante, e perciò non si vedono più in giro soggetti sfigurati come in passato.

Esiste anche un soprannome crudelmente affibbiato alla persona colpita da questa patologia.

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