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Jóngeme tótte

Jóngeme tótte loc.id. = Approfittare a piene mani, a sbafo.

Alla lettera significa “Ungimi tutto” .

Quando qlcn racconta di aver approfittato a piene mani di una situazione favorevole, o a scrocco, conclude con la locuzione “Jóngeme tótte!“.

Che ce stöve allà jìnde! Mo so’ avvecenéte e po’ – uaglió – agghje fatte “jóngeme tótte”!
= Che ben di Dio c’era là dentro! Mi sono avvicinato e poi – ragazzi – mi sono ingozzato senza ritegno.

rogoOrigine del detto: si narra che nel Medio-Evo gli avari, che generalmente praticavano anche l’usura, se scoperti dalle Autorità, venivano processati e inesorabilmente condannati al rogo.
Uno di questi, quando il boia con un recipiente pieno di olio si avvicinò per spennellarlo in modo che bruciasse più facilmente, dapprima ebbe un moto di repulsione, pensando al costo dell’operazione, (ecco, l’avarizia innata spunta anche in punto di morte!), ma poi, resosi conto che avrebbe sofferto di meno, chiese il “preventivo di spesa” di questo provvidenziale trattamento.
Rassicurato che sarebbe stato del tutto gratuito, l’avaro/usuraio esclamò: “Franghe jì? Allöre, si ‘u fatte jì frànche, jóngeme tótte”! = È gratis? Allora se il trattamento è gratuito, ungimi dappertutto (senza risparmio)!

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Jórje

Era ritenuta dagli adulti come un fata misteriosa, benefica, protettrice delle case e dei suoi abitatori. I bambini la ritenevano inquietante, perché di notte al buio, la “vedevano” con la coda dell’occhio durante i suoi movimenti all’interno della casa.

Ritengo che il nome Jórje possa derivare da “augurio” ma forse più probabilmente da “Lari”

I Lari (dal latino lar(es), “focolare”) sono figure della mitologia romana che rappresentano gli spiriti protettori degli antenati defunti che, secondo le tradizioni romane, vegliavano sul buon andamento della famiglia, della proprietà o delle attività in generale. Naturalmente, i più diffusi erano i Lares familiares, che rappresentavano gli antenati di quella specifica famiglia.

Nel secolo scorso, fino a quando qlcu ne avvertiva la presenza, la chiamava la Sanda Jórje per ingraziarsi questa “presenza” benefica in casa.

Superstizione innocente e certamente rassicurante.

Ora che siamo tutti smaliziati non avvertiamo più la sua presenza. Peccato.

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Jöse

Jöse s.f. = Chiosa, versaccio

Dovrebbe essere una spiegazione, un chiarimento di un fatto, di un discorso.

Molto più simpaticamente in dialetto la jöse indica un commento irriverente, sonoro e sguaiato, in risposta all’atteggiamento pomposo di qlcu che si atteggia troppo seriamente.

Non proprio la bellissima “pernacchia” di Eduardo De Filippo, ma un grido prolungato e calante di tono: Aaaaaaaaóoooh!!!

Per esempio se – fuori del tempo di Carnevale – appare per la via qlcu con cappello a bombetta, guanti e bastoncino da passeggio, ossia vestito come un dandy del primo ‘900, minimo si buscherà una jöse del tipo: “Aaaaaaaaahóooooh!!! Va fatüje, va!!!” = Ehi, va a lavorare (non vedi che sei ridicolo?)!

Che vé facènne pe’ sta giacchètte tutta lòrde! T’anna fé la jöse ‘mmizz’a chjàzze! = Che vai facendo con questa giacca tutta sporca (mentre il resto è in ordine). Ti faranno sberleffi mentre passeggi sul Corso

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Jöte

Jöte s.f. = Bietola a coste, Bietola selvatica

Varietà orticola di barbabietola (beta vulgaris) con foglie commestibili a costa.

«È una verdura molto apprezzata dato che contiene vitamine, fibre, acido folico e sali minerali. Le foglie esteriori, che sono le più verdi, contengono la maggior quantità di vitamine e carotene. Contiene acido ossalico. Si può consumare tutta la pianta incluso le foglie e il gambo. Le foglie vengono raccolte quando sono ancora piccole (meno di 20 cm)». (Da Wikipedia)

 

 

 

 

Quelle campestri, (beta sylvestris) dette in italiano bietoline di campo, hanno le stesse virtù salutari di quella coltivata negli orti.e in più sono decisamente più gustose.

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Jöve njinde

Jöve njinde loc.id. = da molto tempo

Una locuzione che si usa nelle domande o nelle risposte relative a fatti risalenti a tempi precedenti:

Jöve njinde ca nen ce venöve a Mambredònje = È da tanto tempo che non venivo a Manfredonia.

Da quanda tjimbe nen te mange düje scagghjùzze? Eh, jöve njinde! = Da quanto tempo che non ti mangi due scagliozzi? Eh, da tanto!
Quel Jöve njinde = niente è un antifrasi per dire “era troppo tempo”

 

 

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Jüje

Jüje pron. = Io

Abbreviativamente talvolta si usa anche solo jü’. Ma è bisillabo jü-je.

Ha funzione di soggetto (per i complementi si usa la forma mmè). Indica la persona che parla quando si riferisce a se stessa.

‘U sàcce jüje = Lo so io!

Se ‘i fatte ne li sé, mo’ te li düche jü’ = Se i fatti non li sai, ora te li dico io.

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Jummènde

Jummènde s.f. = Giumenta

La femmina del cavallo, utilizzata più da sella che da tiro.

I cafoni pronunciavano sciummènde, ma non si usa più.

 

 

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Jün’a-l’ate

Jün’a-l’ate loc.avv. = Reciprocamente, scambievolmente, vicendevolmente.

In italiano esiste la locuzione avverbiale “l’un l’altro” per indicare “reciprocamente” un’azione reciproca.

Ce sò déte ‘a botte jün’a-l’ate = Si sono accusati vicendevolmente (non si son presi a botte l’un l’altro…)
Vi ricordo che dé ‘a bòtte significa incolpare qlcn. In un contesto diverso significa anche somigliare vagamente a qlcn nel fisico, nelle movenze, nell’atteggiamento, nel carattere.

‘Nge pòtene vedì jün’a-l’ate = Si detestano l’un l’altro, reciprocamente.
Vi ricordo che nen putì vedì significa odiare, esecrare, non amare, avere in antipatia.

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Jüne alla lüne

Jüne alla lüne s.m. = Gioco fanciullesco

Alla lettera signidica “Uno alla luna”.

Era un gioco che si svolgeva all’aperto: bastavano quattro o cinque bambini.

Si faceva la conta per stabilire chi andava “sotto”. Costui di chinava a 90° e gli altri, in successione, lo scavalcavano pronunciando ognuno, ad ogni scavalcata, un’interminabile serie di frasi che cominciavano con un numero.

Chi distratto non pronunciava il numero giusto, o sbagliava l’enunciato, passava immediatamente “sotto”.

Vediamo se ricordo la sequenza:

1 – jüne alla lüne = uno alla luna
2 – düje box= due, pugilato (termine introdotto dagli Americani delle truppe Alleate); per appoggiarsi sulla schiena del “sotto” nel salto, invece di posare le palme delle mani, si ponevano i due pugni chiusi: ecco perché il “due” era associato alla boxe, per i due pugni duri, che facevano un po’ male.
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3 – tre figghje (o tre fjiteò fatte ‘u Re = tra figli (o tre puzze) ha fatto il Re
4 – sbudelléte accüme a te! = smidollati come te
5 – particolare (in italiano)
6 – spreveligghje = briciole. Saltando si colpiva simpaticamente con una pedata, coordinando i movimenti, il culo del poveretto che stava “sotto”
7 – incrociatore (in italiano): cadendo si dovevano incrociare i piedi
8 – soldatino di piombo (in italiano).cadendo si doveva restare immobili per un attimo
9 – ….non lo ricordo…..
10 – pàste e cìcere= paste e ceci
ecc. ecc.

Quelli che lo hanno giocato e che hanno una memoria meno labile della mia sono pregati di replicare e completare la sequenza. Informatevi dagli zii o dai settantenni. Lo abbiamo giocato fino agli inizi egli anni ’50.

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Jurgé

Jurgé = Sovrabbondare, saziare.

Dare ai cavalli la biada arricchita di orzo (l’urge) per ottenere maggiori prestazioni nei lavori di aratura dei campi,che sono particolarmente gravosi.

Per estensione, si intende: lasciare qualche regalino sperando di ottenere in cambio dei futuri favori; ungere l’asse, così la ruota gira meglio. (Jùnge l’àsse, ca la röte aggjÏre).

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