Fucenètte s.f. = Forgia
Forgia: fornello a carbone fossile, munito di mantice o di ventilatore, utilizzato dal fabbro per la arroventare e poi lavorare col martello sull’incudine un pezzo metallico
Forgia: fornello a carbone fossile, munito di mantice o di ventilatore, utilizzato dal fabbro per la arroventare e poi lavorare col martello sull’incudine un pezzo metallico
Fucarüle s.m. = Focolare
Parte del camino su cui si accende il fuoco per cuocere le vivande o per riscaldare l’ambiente.
Nelle case a pianterreno, era ricavato in una rientranza della parete interna di circa 50 cm, con apertura larga cm 100, alta circa cm 200, e collocata su uno dei lati accanto all’uscio. Era dotato di una breve condotta verticale per mandare i fumi all’esterno, direttamente sul tetto.
La parte adibita a focolaio era suddivisa orizzontalmente da un “piano di cottura” in muratura di mattoni pieni, situato a cm 85 dal pavimento. La parte sottostante, protetta da due sportellini, veniva usata per contenere la legna da ardere, e/o il sacchetto dei carboni,la paletta, l’attizzatoio, il ventaglio di piume di tacchino.
Quando ’u fucarüle non si usava, veniva chiuso dalle due porticine superiori, in sua dotazione.
Una rientranza delle stese misure era ricavata all’altro lato della porta d’ingresso, ed era utilizzata come stipo a muro, a più ripiani, anch’esso dotato di sportellini, talora a vetri, in cui venivano riposti stoviglie, e provviste varie.
Con l’avvento del gas in bombole (detto Pipigas = “BPgas”, Butangas, Liquigas) nel 1951 tutti in massa passarono a sostituire la legna con nuovo combustibile che non faceva fumo, non anneriva le pentola, si accendeva immediatamente, cuoceva rapidamente.
La bombola trovò alloggiamento nella nicchia sottostante il piano ex di fuoco, dove ora faceva bella mostra di sé la classica bianca cucina di ferro smaltata bassa a tre fornelli, detta “da campeggio”.
Ricordo che la prima marca apparsa sulla piazza fu la Zoppas, e bisognava prenotarla con un’attesa presunta di qualche mese! Nessuno pensava di andare a comprarla a Foggia, ove certamente era più reperibile, perché nessuno possedeva l’automobile e poi…chi avrebbe potuto dare le istruzioni per l’uso del gas?
Frustöre agg. e s.f. = Forestiera
che, chi proviene da un’altra città o nazione: non paesano.
Stranamente il soprannome è rimasto al femminile.
Al maschile fa frustjire
Frustarüje s.f. = Stranezza,
Discorso, comportamento, fatto strano, insolito, singolare, fuori dell’usuale.
Episodio estraneo alle usanze locali, “forestiero” (etimo da cui potrebbe derivare).
Anche al limite del lecito. Sfrontatezza. Pagliacciata. Maldicenza. Litigi verbali all’aperto.
Che so’ ‘sti frustarüje! Fenìtele! = Che cosa sono queste pagliacciate? Smettetela!
Fruškelecchje s.f. = Cucciolo di bestia
Specialmente riferito a vitellino, o asinello, o puledrino.
La leggerezza del termine dovrebbe escludere altri significati. Invece sono stati capaci di associare il sostantivo fruškelecchje a una giovine prostituta.
Fruscé v.t. = sperperare, scialacquare
Spendere soldi senza criterio e misura; dissipare, dilapidare una sostanza.
Quando qlcu sperpera le sue sostanze, rimane con un pugno di mosche. Ovviamente quelli che considerava suoi amici gli voltano le spalle senza colplimenti. E si ritrova – per dirla con un’espressione colorita – col culo per terra.
Noi diciamo, altrettanto coloritamente: restare di culo ai capperi.
Früfeléte s.m. = Fil di ferro
Ferro filato, di vari spessori, trova largo impiego in agricoltura, in edilizia, ecc.
Quello sottile di ferro molto dolce, nel senso che si piega facilmente, è raccolto in matassa chiamata “braciola” viene usato in edilizia dai carpentieri per legare e fissare tra di loro i vari tondini per calcestruzzo.
Rialzo della temperatura corporea oltre la norma, scaturita da una reazione di difesa dell’organismo a malattie, stress o altri traumi, con conseguente aumento della frequenza respiratoria e cardiaca.
Nella interpretazione popolare, sono denominate ‘i frove quelle infiammazioni che compaiono sulle labbra a seguito di malattia debilitanti. Correttamente l’affezione si chiama herpes simplex labialis .
In napoletano similmente si dice frève, dal francese fièvre.
Le nostre nonne nominando la fröva malìgne = febbre maligna, intendevano riferirsi alla broncopolmonite, che era accompagnata da forti febbri, ribelli alle pezzuole bagnate, che si rivelava spesso letale a quei tempi, in cui non esistevano ancora i farmaci antibiotici.
Fröse s.f. = Filo per reti da pesca, fresa
1) Fröse (mar.) = Filo di cotone ritorto usato per rammendare le reti da pesca. Se ritorto ulteriormente, in modo da dargli lo spessore di uno spago, viene usato per legare assieme due cime (i marinai non usano mai la parola ‘corda’). Il nome fröse non cambia.
Diventa sagulüne (sagolina) se il filo s’inspessisce ulteriormente.
Ringrazio il Prof. Matteo Castriotta per il suggerimento.
2) Fröse (tecn.) = Fresa. Utensile per la lavorazione di metalli, legnami, ecc., provvisto di due o più taglienti, che, applicato a un trapano, a un tornio o a una fresatrice, allarga fori, produce profili sagomati, scanalature, ecc.
Si tratta di un gioco di carte cui possono partecipare due, quattro o più giocatori, perché, come nel “Sette e mezzo” tutti si misurano con il cartaio per una posta in gioco, solitamente di pochi centesimi.
Da un mazzo di carte da gioco “napoletane” ne vengono distribuite quattro a ciascun giocatore. Se uno di essi ottiene le quattro carte di seme diverso (còppe, denére, spéte o bastöne) vince perché fa premöre = primiera.
Ma se un altro giocatore ottiene tutte e quattro le carte dello stesso seme, raggiunge un punteggio superiore, perché fa frósce, ossia ‘colore’, annulla la vincita dell’avversario e vince la posta in gioco.
Se al primo giro nessuno ha fatto “primiera” o “fruscio”, è consentito sostituire una o più carte.
La locuzione idiomatica fé frósce-e-premöre significa fare l’en plein, ossia guadagnare punteggio pieno, stravincere, ottenere condizioni vantaggiosissime, ecc.
Per esempio:far man bassa di cibo, ripulire il tavolo di tutte le sue leccornie, stipulare un contratto forse vessatorio per la controparte, imporre ad altri condizioni limitative, aver fortuna in un matrimonio con il/la partner abbiente, ecc. ecc.
Qlcn dice con linguaggio moderno: fare Bingo. In dialetto tradizionale si dice: fé tèrne e quatèrne.