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Fainèlle

Fainèlle s.f. = Carruba

Frutto del carrubo (Ceratonia siliqua), albero sempreverde con tronco corto e largo, foglie di colore verde scuro, fiori rossi a grappolo, frutto commestibile a siliqua.  Una volta essiccato il frutto  diventa di colore scuro e lucido.

Le nostre nonne ponevano una carruba secca in ogni cassetto del comò allo scopo di profumare la biancheria.

Utilissima per preparare beveroni contro il raffreddore. Si facevano bollire nel pentolino pezzi di carruba, fiori di malva, di camomilla, un paio di fichi secchi come dolcificante. Il famoso decòtte.

Le carrube, spezzettate e bollite a lungo producevano uno sciroppo denso e dolcissimo chiamato vünecùtte = vincotto che usavano nella preparazione di dolci e sorbetti.

Nei lavori campestri, per dare maggior energia al cavallo che trainava l’aratro, assieme alla biada si ponevano nel sacchetto di tela con due bretelle legate alla sua testa, anche dei pezzi di carruba.

Il cavallo con la bocca immersa nel sacchetto mangiava durante le ore di lavoro. L’uomo faceva una sosta solo per bere lui e per far dissetare l’animale.

In erboristeria le carrube tritate vengono usate quale astringente contro la diarrea.

C’è da dire un ultima cosa sulle carrube. I suoi semi più grossi erano usati, perché duri e lucidi, da qualche artigiano ingegnoso per fabbricare i grani della corona rosario ad uso delle bizzoche.

In altri Comuni di Capitanata, del Barese e di Basilicata si pronuncia fascenèdde.

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Faggiulüne

Faggiulüne s.m. = Fagiolino

Il termine dialettale ha una connotazione simil-italiano.

Evidentemente è stato introdotto solo da pochi decenni nel dialetto non essendoci uno proprio.

Si tratta del baccello immaturo di alcune varietà di fagiolo, con i semi ancora in embrione, edibile, tranne il filamento e le due estremità, che si tolgono prima della cottura..

In Italia i fagiolini vengono chiamati, in alcune regioni, anche tegoline e cornette.

Curiosità: Esiste un varietà chiamata “Fagiolini Marconi”. Sono chiamati così perché, come il telegrafo inventato dal grande scienziato bolognese, sono…senza fili.

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Fafalöne 

Fafalöne s.m. = Semplicione

Persona magari grande e grossa dinoccolata un po’ tonta.

Che vé truànne ‘stu sòrte de fafalöne? = Che cosa cerca cotale spilungone?

Credo che l’origine dell’epiteto derivi da  féfe = fava,  il cui baccello, ‘ u vònghele, a volte lunghissimo, contiene poco fave al suo interno. Perciò fafalöne, riferito a persone, indica un ‘involucro’ grande ma dal ‘contenuto’ scarso.

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Faccüne

Faccüne s.m. = Facchino

Va bene anche scritto facchïne, tanto le due vocali ü e ï sono omofone (hanno lo stesso suono).

Chi è addetto al trasporto di colli, carichi, pesi, mobili ecc. o chi svolge lavori faticosi e pesanti.

Scherzosamente quando si è di fronte a un peso eccessivo da sollevare o da spostare, si dice che ce völe ‘a forze de ‘nu faccüne ‘mbriéche, chi me la dé? = ci vuole la forza di un facchino umbriaco, che me la dà?

Come se l’ubriachezza rendesse i facchini ancora più forzuti…

Termine invariabile sia esso singolare, plurale, maschile e femminile.

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Facciulètte

Facciulètte s.m. = Fazzoletto

Si distingue dal fazzoletto da naso, detto propriamente maccatüre.

Facciulètte indica quello usato delle donne per coprirsi il capo o per ripararsi dal sole e dal freddo, o per rispetto al luogo sacro quando si recano in Chiesa o al Cimitero.

Ricordo che in epoca pre-conciliare le donne potevano entrare in chiesa solo con la testa coperta, magari anche con un velo possibilmente nero, e gli uomini dovevano sempre togliersi il copricapo.

Mia nonna, classe 1876, non si toglieva mai il fazzoletto nero dalla testa. Io ricordo che, nelle giornate torride, invece di legare due angoli del fazzoletto piegato a triangolo sotto il mento come faceva abitualmente, se li passava sulla sommità del capo semplicemente appoggiati, proprio per non soffocare dal caldo.

Questa maniera di portare il fazzoletto era detto alla rezzöle o alla rezzöne (sembra Arizona...)

Sto cercando l’origine di questi termini. Il poeta locale Michele Racioppa, in un’ode intitolata Màmme, l’ha chiamato ‘u maccatüre alla rezzöle.
La rezzöle, è un nome antico usato al Sud, che indica un recipiente di terracotta (orcio, orciuolo) che si trasportava ritto sulla testa. Quindi quei lembi di fazzoletto aiutavano a sostenere l’oggetto in equilibrio.

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Facciòmbre

Facciòmbre s.m. = Mascherone

Il sostantivo indica un mascherone antropomorfo (scusate il termine tecnico: significa dalla forma umana) di pietra scolpita rozzamente, che veniva collocato su una parete esterna di un edificio, e dalla cui bocca pendeva un cerchietto di ferro cui si legavano i cavalli o le bestie da soma.

Adesso sparo un altro aggettivo inusuale: apotropaico usato dall’amico Pasquale Stipo.(Grazie Pasquale).   Dice Wikipedia: «L’aggettivo apotropaico (derivato dal greco αποτρωπαω,  apotropao, cioè “allontanare”) viene solitamente attribuito a un atto, oggetto o persona atti ad allontanare gli influssi maligni. Si parla ad esempio di monile apotropaico, rito apotropaico o gesto apotropaico».

Per estensione si indicava una persona dall’aspetto truce, brutto come quelle facce di pietra. Associando l’aspetto non rassicurante, alla sua indole, si immaginava che l’individuo fosse fatalmente falso, losco, dalla doppia faccia.

Per metatesi (e tre…) qualcuno invece di dire facciòmbre, pronunciava “fracciomme” o “fracciombe

Parlo al passato, perché con l’avvento dei mezzi di trasporto motorizzati, sono scomparsi i cavalli, gli asini, i muli dalle nostre strade, e quindi anche i “catenjille” = anelli da parete, e dei relativi supporti decorativi. Perciò, non richiedendo più la nostra attenzione, sono caduti in disuso anche dal nostro lessico.

Tento una ricostruzione etimologica. Mi sembra che in spagnolo il termine faz equivalga a viso, faccia, aspetto, e che hombre significhi uomo, persona, individuo.   Perciò, intuisco che faz-hombre di cui al nostro facciòmbre possa indicare o riferirsi a uomo cattivo (malo) e falso, dalla doppia faccia, infido, viscido.

L’epiteto spregiativo napoletano sfaccimme ha questa origine.

Esiste in manfredoniano il sinonimo malombre = malo hombre = cattivo uomo.

(foto Pasquale Stipo)
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Fàccia töje (Alla)

Fàccia töje (Alla)  loc.id. = A tuo dispetto, per ripicca.

Ajire so jüte alla spiagge: stöve ‘nu bèlle söle, alla faccia töje = Ieri sono andato alla spiaggia: c’era un bel sole (nonostante la tua previsione contraria e mi sono trovato bene) a tuo dispetto.

Ovviamente può comprendere anche gli altri pronomi (alla faccia möje, töje, söje, nostre, vòstre, löre).

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Faccia storte

Faccia storte loc.id. = Dissentire, discordare

Alla lettera è come in italiano, ossia faccia storta.

Assume due significati diversi a seconda del verbo che precede la locuzione:
1 –  Con il verbo fare:
Se uno fé ‘a faccia storte, significa semplicemente che prova o mostra contrarietà, perché non condivide quello che vede o ascolta.

Quànne agghje dìtte ca jöve a juché ai càrte ànne fàtte ‘a fàccja stòrte = Quando ho detto che sarei andato a giocare a carte hanno dissentito.

Pecché quanne me vöte pe ‘Angiolétte màmete fé ‘a fàccja storte? = Perché quando mi vede con Angela tua madre mostra contrarietà?

2 – Con il verbo essere:
Se qualcuno jì faccia storte,  significa che è bugiardo, falso e menzognero. Non è affidabile. Questa locuzione si può declinare anche al maschile, non riferendosi più alla faccia, ma alla persona: jì facce-stùrte = costui è un ipocrita, ingannatore

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Faccia möje!

Faccia möje! loc.id. Ahimè

Letteralmente: Faccia mia!

È un’esclamazione che sfugge allorquando si apprende di un’azione riprovevole compiuta da qlcu.

Vuol significare: nascondo io la faccia al posto suo, per lo scandalo che desta il suo modo di parlare sguaiato, e/o le accuse che rivolge arbitrariamente verso altre persone, e/o la gravità del suo comportamento.

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Facchjullà 

Facchjullà  loc.id. = Scosta, allontana, distacca.

È un invito a spostare un oggetto, o una mano, o qls cosa dal campo di lavoro di qlcu.

Facchjullà ‘u becchjire = Sposta il bicchiere.

Se rivolto a persona come comando è fattecchiullà = spostati, fatti più in là.

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