Categoria: C

Canàrje

Canàrje s.m. = Canarino (ornit.)

È un uccelletto fringillide canoro(Serinus canaria), della famiglia Passeridae, che vive in cattività, e viene facilmente allevato in casa e tenuto come animale da compagnia.

Il canarino ha il suo antenato selvatico in un uccellino verde grigiastro originario delle Isole Canarie (al largo della costa nord – occidentale dell’Africa), da cui è derivato il suo nome.

Attraverso secoli di selezione artificiale e incroci sono state sviluppate innumerevoli varietà di forma e colore

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Candecatöre

Candecatöre s.m. = Banditore di asta

Nel linguaggio marinaresco era usato per indicare il banditore della vendita all’asta. Successivamente è stato adottato il termine, diciamo più moderno, di astatöre, praticamente simile al termine italiano Astatore.

Il soggetto doveva essere iscritto all’ «Albo degli astatori dei prodotti ortofrutticoli, carnei ed ittici», la cui normativa è compresa nella Legge n. 125 del 25 marzo 1959.  La figura dell’Astatore fu soppressa nel 2012,.

Era un abilissimo professionista, conoscitore della qualità dei prodotti che i pescatori conferivano al mercato ittico per la vendita ai grossisti.

I pesci,  suddivisi in specie (triglie, sparroni, seppie, cicale, polpi, sogliole, sgombri, ecc.) erano posti in “telai” e raramente pesati: generalmente si vendevano a cassette.

I cosiddetti telére =  “telai” erano delle cassette a bordi bassi, una volta di legno, poi di plastica rigida riutilizzabili, ed ora di polistirolo ingombrante e inquinante.

Il lotto dei pesci (ad esempio 20 cassette di cicale) veniva presentato dall’astatore partendo da un prezzo base, sul quale, a voce, i vari grossisti offrivano un rialzo fino all’aggiudicazione, annotato da Carlo Attanasio, un attentissimo Ragioniere presente all’asta, il quale rilasciava una  “bolletta” in due copie che attestava l’avvenuta compravendita. Una serviva all’acquirente per l’uscita del prodotto del mercato, e l’altra al pescatore per l’introito del venduto.

Per l’incasso, che generalmente avveniva  il giorno successivo, dato che il pescatore era in mare al lavoro, c’era un familiare delegato che passava a riscuotere presentando la sua copia della bullètte allo sportello pagatore del “Banco di Napoli”, che era ubicato in un gabbiotto all’interno del mercato stesso, il cui cassiere era  il rag. Celestino Telera.

Ringrazio sia Amilcare Renato, figlio di un Astatore in servizio al mercato dal 1950 al 1960, sia il prof. Matteo Castriotta, figlio di pescatore, per le preziose notizie fornitemi sull’andamento delle operazioni riportate in questo articolo.

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Candöne 

Candöne s.m. = Angolo di edificio

Si dice quando qlcu è fermo all’angolo della via, a ridosso di una casa: sté allu candöne, o a pìzze candöne o a pònde candöne.

Secondo me tutte le locuzioni si equivalgono salvo piccole differenze che si evincono più chiaramente dal contesto della frase detta.

Per esempio dire: “allu candöne” significa che casualmente c’è qualcuno fermo proprio lì, all’angolo della strada.

Dire “a ponde candöne” significa che non è casuale la sua fermata in quel punto, ma intenzionale, come se stesse fermo lì ad attendere qualcuno (ricordate quella canzone napoletana: “Stàje sempre ‘ccà, ‘mpuntato ccà, mmiezo ‘a ’sta via….”?)

Dire infine “a pizze candöne” può significare che il soggetto è sempre lì all’angolo della strada, ma come se fosse pronto a celarsi alla vista dell’osservatore, nascondendosi dietro l’angolo,ossia alla recöne(←clicca)

Il sostantivo candunéte, l’intero isolato, deriva proprio da candöne.

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Canelöre

Canelöre s.f. = Candelora

Festa Cattolica della Presentazione di Gesù al Tempio e della Purificazione di Maria, che cade il 2 febbraio, in cui si svolge la tradizionale benedizione delle candele. Se li contate sono proprio 40 giorni dopo Natale.

Presso gli Ebrei la donna finché non avesse ripreso regolarmente il ciclo mestruale dopo il parto, era considerata “impura”. Quindi, alla ricomparsa delle mestruazioni, andava al Tempio “purificata” a presentare il neonato.

Seguendo i rituale, lasciava in dono una tortora (ora sostituita con una candela) da offrire a Dio. Se il primogenito era maschio, il bambino, secondo la Legge di Mosè, veniva consacrato al Signore.

Anche da noi fino agli anni ’50 la puerpera restava in casa fino al 40° giorno dal parto. Difatti non presenziava mai al Battesimo del neonato, che avveniva dopo pochi giorni, e perciò era rappresentata dalla “vamméne” = levatrice, la quale, per questo motivo, era universalmente chiamata cumméreCommére Marüje, cummére Verèlle, ecc.

Ho sentito pronunciare anche cannelöre, con due ‘n’, da cannöle= candela, e anche ‘ngannelöre, forse perché il giorno successivo si festeggia San Biagio, protettore della gola.

Infatti, con le candele benedette il giorno della Candelora, il sacerdote fa un segno sulla gola per invocare la protezione del Santo, a salvaguarda dell’apparato laringo/faringeo.

Per spiegare che quel giorno si riceve con la candela quel segno in gola, si dice ‘ngànne= in gola, e da qui ‘ngannelöre.

Forse non è così, ma a me pare una spiegazione logica, e sinceramente mi garba.

Recentemente l’amico Matteo Borgia 2° ha composto una graziosa poesia per questa ricorrenza.
Cliccate qui 

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Canganètte

Canganètte s.m. = Vite a legno

Termine meccanico: vite a gancio o vite a “L”.

Venivano fissate agli stipiti degli infissi di legno per sostenere il bastoncello delle tendine. Sono di varie misure, da 2 cm a 10 cm e più.

Viene usato indifferentemente anche il sostantivo maschile cagnulètte. 

Ora esistono in commercio le meravigliose viti a espansione (a “elle”, o a occhiello, o a gancio) con tassello di gomma o di materiale plastico, detti fischer dal nome dell’inventore tedesco Artur Fischer  .

Alcuni  li chiamiamo sempre ‘i canganètte o cagnulètte. Altri adattandone la pronuncia del termine tedesco fisher, li chiamano fìsce

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Cangé l’acque ai vulüve

Cangé l’acque ai vulüve loc.id. = Cambiare l’acqua alle olive.

Nulla a che vedere con la salamoia (←clicca) che periodicamente si sostituisce alle olive da tavola, per eliminarne l’amaro naturale e renderle commestibili.

È un eufemismo per dire che si ha bisogno di fare pipì…

Al Nord non sanno nemmeno come si conciano le olive da tavola e perciò per loro la frase, alla lettera, sembra misteriosa.

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Cangèlle

Cangèlle s.f. = Biscotto salato

Si tratta di una variante dei scavetatjille. 

Gli scaldatelli sono dei cerchietti, dal cannello di cm 1,5 di diametro.

Invece i gambi delle cangèlle non superano il centimetro di diametro, sono incrociati come una grata, un cancelletto ( # ) e si saldano al cerchio del biscotto, formato anch’esso dal cannello più sottile, della stessa misura.

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Canìgghje

Canìgghje s.f. = Crusca.

Buccia di frumento separata dalla farina mediante il buratto (detto anche staccio).

Era usata dai contadini per fare il “pane canino” (da cui il nome).

Questi pane ammorbidito con brodaglie, era il cibo dei cani domestici, allevati in campagna per la guardia e per la caccia.

Ora la crusca sta tornando inaspettatamente in auge dopo che era stata per tanti anni vilipesa.

Usata in panetti “krusken” per favorire le funzioni intestinali e per confezionare il pane integrale, molto richiesto dalle signore che intraprendono la dieta dimagrante.

Deriva dal sostantivo maschile latino canicæ, che significa proprio crusca.

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Canìstre

Canìstre s.m. canestro, cesto

Etimo certissimo: latino canistrum; greco kanastron

Indica un contenitore di varie grandezze, perlopiù in vimini o frammisto con coste di canna palustre.

Sempre di fattura artigianale, era dotato di un manico semicircolare, e veniva  usato nel mondo rurale per deporvi fichi, agrumi, fichidindia, olive, mandorle, lumache, uova, ecc,

Esistono anche dei sinonimi: Panére, panarjille = Paniere, panierino;  Cjiste, cjistarjille = cesto, cestino.

 

Con termine moderno si chiamano ‘i canestrelle quei molluschi bivalvi da noi sempre chiamati ‘i carècchje

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Cannarüle

Cannarüle s.m. = Trachea, o anche esofago, fauci.

Accettabile anche la versione canarüle, con una sola “n”

Termine anatomico che deriva da canna.

Si intende sia la trachea che porta aria ai bronchi, sia l’esofago che porta cibo dalla faringe allo stomaco.

Il dialetto non fa troppe distinzioni, sempre “canne” sono.

Cannarüle è inteso prevalentemente come organo anatomico.
Ad esempio: Japrì ‘u cannarüle du caprètte = scannare, aprire (recidere) la trachea del capretto.

Si può dire anche ‘nganne e cannarùzzele specie in modo scherzoso, per indicare la gola in senso gastronomico, come il romanesco gargaròzzo.

‘U sàcce ca te piéce a mené jind’u cannaruzzele! = Lo so che ti piace mangiare e bere!

Un soggetto goloso è detto cannarüte, sinonimo del più noto cianguljire.

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