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Cùrpesdòmje

Cùrpesdòmje n.p. = Corpus Domini

La solennità del Corpus Domini (espressione latina che significa Corpo del Signore) è una delle principali solennità dell’anno liturgico della Chiesa cattolica.

Si celebra il giovedì (o la domenica) successivo alla solennità della Santissima Trinità.

Rievoca, in una circostanza liturgica meno carica, la liturgia della Messa in Coena Domini del Giovedì Santo.

Venne istituita l’8 settembre 1264 da papa Urbano IV con la Bolla Transiturus de hoc mundo in seguito al miracolo di Bolsena. Il suo scopo era quello di celebrare la reale presenza di Cristo nell’Eucaristia.

Liturgicamente questa festa viene celebrata il giovedì dopo la prima domenica successiva alla Pentecoste in Italia e nei Paesi cattolici (cantoni cattolici della Svizzera, Spagna, Germania, Croazia, Polonia, Brasile e Austria).

Per ragioni contingenti attualmente in Italia è stata spostata alla domenica successiva.

Il nome strano Cùrpesdòmje è dovuto all’analfabetismo delle nostre bisnonne che ripetevano a orecchio quello che ritenevono di aver compreso (figuriamoci…) dal latino chiesastico Corpus-Dòmini.

Per esempio dicevano che d’inverno ci voleva péne e menòstre (pane e minestra…modificata). Si trattava invece dell’Incipit della seconda parte del “Pater noster”: Panem nostrum (quotidianum da nobis hodie… )= Il pane nostro (quotidiano dà a noi, Signore….ecc.)

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Curröje

Curröje s.f. = Correggia

Cinghia, striscia di cuoio, usata sia per bardare gli animali da sella o da soma, sia per sorreggere i pantaloni. In questo caso si chiamava anche cendurèlle = cinturina

Sinonimo cìnde sf = Cinta, cintura

Quella grossa ad anello (‘u cendöne=la grande cinghia) larga fino a 20 cm e lunghissima, si usava per trasmettere il movimento dal volano del locomobile fisso alla trebbiatrice ancorata nell’aia.

Da bambino ricordo di aver visto anche una correggia che trasmetteva il movimento dal motore elettrico, situato in alto, quasi al livello del soffitto, al tornio a pavimento. Attraverso una serie di pulegge di vario diametro si otteneva la velocità di rotazione voluta sul mandrino facendo scalare il cendöne.
Ora il motore è incorporato nella stessa macchina utensile.

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Currüfe

Currüfe s.m. = Stizza, irritazione, rabbia repressa

Moto di sdegno, causato dall’impossibilità di intervento per correggere un’ingiustizia o una mala azione perpetrata a danno proprio o di terzi.

È anche il cruccio represso di non aver conseguito o completato unìopera o un’azione secondo le proprie capacità o aspettative.    Spesso questa forte repressione, trattenuta a lungo, trova uno sfogo in uno scoppio di pianto.

Da non confondere con l’italiano “corrivo”, che significa condiscendenza.

Anche in Campania usano currivo, o corrivo con lo stesso nostro significato. A tal proposito riporto qui di seguito quello che il napoletano prof. Carlo Iandolo (1940-2016) scrisse in “Pillole linguistiche napoletane” a proposito di “currivo”:

«Accanto a un originario sostantivo sottinteso quale “impulso, umore, sentimento” ecc., ecco la probabile presenza dell’aggettivo (poi reso sostantivato) “conrosívus = incline a rodere”, usato in senso traslato. Del resto, anche la lingua italiana mostra frequenti casi di sostantivizzazione col suffisso “-ívus = volto a…, atto a…”: cfr. lemmi maschili come “distintivo, purgativo, educativo…” e specie femminili quali “aspettativa, prospettiva, corsiva / corsía…”
Anche nel nostro caso c’è la sincope, così com’è normale la trasformazione fonetica in “u” delle originarie vocali pretoniche: *curr(us)ívo > currivo = sentimento / impulso che induce al rodimento, all’ira. »

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Curtìgghje

Curtìgghje s.m. = Cortile

Area libera, scoperta, interna a un edificio o compresa tra più edifici contigui.

Terreno di giochi, protetti dal traffico, per i bambini del vicinato, prima dell’avvento della televisione..

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Cusetöre

Cusetöre s.m. = Sarto da uomo

È un sinonimo di sàrte, nella versione un po’ antica, dal significato ovvio: cucitore, ossia chi per professione esegue lavori di cucito.

Generalmente, ‘u cusetöre designa il titolare della sartoria, il mastro; tuttavia può anche comprendere il lavorante, l’apprendista.

Ora non si usa più, né il termine, né il mestiere del sarto artigiano.

Mattöje che arte fé? Fé ‘u cusetöre = Matteo che mestiere esercita? Fa il sarto.

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Cusì

Cusì v.t. = Cucire

Unire, per mezzo di ago e filo o strumenti analoghi, pezzi di stoffa, cuoio ecc.

Mà, c’jì scusüte ‘a fòdere d’a giacchètte. La vù cusì pe stasöre? = Mamma, si è scucita la fodera della giacca. La vuoi cucire per questa sera?

Appezzeché ‘u colle, ‘i màneche = Cucire (attaccare) il collo, le maniche (a una giacca in lavorazione)

Jì a cusì =  essere apprendista nella sartoria.

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Cuškjé

Cuškjé v.i. = Scorreggiare (o anche scoreggiare)

Termine un po’ volgare e un po’ scherzoso. Il verbo deriva dal sostantivo coške

E che càzze! Vé cuşkjànne accume a ‘na ciócce! = E che diamine! Vai scorreggiando come una ciuchina.

Evidentemente sotto il peso del basto la povera asinella mollava “arie” senza soste.

Sti quatte purche, ce sò mìsse a cuškjé! = Questi quattro porci si sono impegnati a scorreggiare! I porci in questione sono dei monellacci ineducati, magari più di quattro.

Il verbo cuškjé ha anche un’altra valenza, come per dire brontolare per un presunto torto subìto.

Enótele ca cuškjéte, facìtele e baste = È inutile che brontoliate, fatelo e basta.

È ammessa anche la forma cuškjàrece.

‘Na perzöne ce sté cuškjànne…= Una persona (si allude a “qualcuno” noto agli astanti, senza farne il nome) sta brontolando… (detto ammiccando alle spalle di chi è stato fatto oggetto di scherzo dispettoso, magari passandogli, ad esempio, una porzione ridotta di gelato).

Questa volta niente miasmi.

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Cutegnéte 

Cutegnéte s.f. = Cotognata
Ammessa anche la pronuncia chetugnéte e cutugnéte.

La cotognata è la marmellata di mele cotogne, tipica preparazione italiana.
La polpa della mela cotogna ha un sapore molto acido e poco gradevole, ma è molto profumata, e per questo non è adatta al consumo fresco.
Risulta invece molto indicata per la preparazione di marmellate, conserve e gelatine, anche per l’alto contenuto di pectine e tannini, che servono ad addensare.

La cotognata ha la consistenza di una gelatina, e si presta ad essere realizzata in mille forme diverse, grazie all’uso di stampi e formine di varie fattezze e misure.

Quella che ricordo volentieri era di marca “La Rocca” di Bari, ed era venduta in mattoncini, dalle dimensioni di quattro dadi da brodo, avvolti in cellofan, dal color nocciola-rossastro, e dal profumo delizioso. Non la spalmavo sul pane, ma la addentavo con avidità: uno due e tre bocconi. Alla prossima volta!

Come per ‘u chetògne = la mela cotogna, anche per ‘a cutegnéte c’era una specie di breve conta:
Chépe e cutegnéte
a chépa töve
jìnd’a pegnéte

Trattandosi di poche sillabe questa conta si attuava con pochi bambini.

Traduzione: Testa e cotognata, la testa tua dentro la pignatta. Solo per questioni di rima, per carità!

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Cutelàrece

Cutelàrece v.i. = muoversi

Ho usato il verbo muoversi, nel senso che qualcosa, per cause diverse, presenta anomalia perché non è ben fissata nella sua posizione originale.

Faccio qualche esempio per chiarire il concetto.

‘Stu chjuve ce cutelöje = questo chiodo dondola (non è ben fissato);

Dottö’ tènghe düj djinde ca ce cutelèjene = Dottore, ho due denti che si dondolano;

Tjine ‘a fröve? Vatte cùleche e nen te cutelànne = Hai la febbre? Mettiti a letto e non ti muovere.

Nella forma transitiva va bene cutelé (dal latino cutere e cutulum = agitare, scrollare).

Da questo verbo latino deriva l’italiano “scuotere” nonché  il nostrano sostantivo maschile (clicca→) cutelìzze che indica una leggera scossa tellurica, o anche il lieve scuotimento di una persona attraversata da brividi di febbre,  

 

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Cutelìzze

Cutelìzze s.m. = piccolo movimento, oscillazione.

Deriva dal verbo cutelé a sua volta proveniente dal latino cutere e cutulare col significato di muovere, scuotere, dondolare.

Vatte cùlche e nen te cutelanne = Vai a coricarti e non ti muovere!

Nel nostro cutelìzze si individua specificamente una lieve scossa tellurica.

Assemègghje ca ho fatto ‘nu cutelìzze! = Sembra che abbia fatto una lieve scossa di terremoto!

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