Categoria: C

Cunzegné ‘i ròbbe

Cunzegné ‘i ròbbe loc.id. = Esporre il corredo

Era consuetudine che i futuri coniugi, ognuno nella propria abitazione, ostentassero biancheria e oggetti che avrebbero costituito la dotazione del loro nido.

Era motivo di orgoglio per la famiglia, specie quella della sposa, poter esporre “i robbe a vìnde” = il corredo a venti. Ossia 20 maglie, 20 mutande, 20 sottane, 20 canottiere, ecc.oltre alla coperta di raso, vero gioiello per la sposa, e alla trapunta (cuèrta ‘mbuttüte), al pentolame, au renéle al uaciüle.

Il servizio di piatti di solito lo si aspettava quale regalo di nozze dai parenti.

Si diponeva tutto coreograficamente, secondo il gusto di qlc commare che fungeva da arredatrice. Addirittura qlcu chiamava ” ‘a crestjéne” = la persona (specializzata) a disporre degnamente la roba.

I parenti, opportunamenti avvertiti dell’esposizione, venivano in visita, lasciavano il regalo e la conferma della loro partecipazione al festino.

Si offrivano confettini, pizzarelle, e rosolio. Qualche spiritoso invece del bicchierino, si faceva versare il liquore dentro il “pisciatüre” (nuovo di zecca e mai usato, spero).

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Cunzùle

Cunzùle s.m. = Pranzo funebre

Una nostra usanza è quella di preparare un pranzo per i familiari di un defunto, al termine della sua tumulazione.

Difatti essi, dopo una lunga veglia, sono tutti letteralmente sfiniti fisicamente e moralmente.

Generalmente a  organizzare questo pranzo consolatorio (da cui il nome, peraltro derivato dal latino consolor ) s.m., consolazione, conforto) provvedoono altri familiari, o vicini affettuosi, o amici stretti o tutti assieme.

Rappresenta un modo di onorare il deceduto soccorendo in sostanza e con immediatezza i membri della sua famiglia in quel momento di dolore.

Una bella ed estroversa dimostrazione di solidarietà e di umanità, sentimenti questi che, lo dico con fierezza,  al sud Italia sono ancora particolarmente diffusi.

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Cupöte

Cupöte s.f. = Torrone

Con il nome “Copeta” si individua un tipo di torrone molto compatto, bianco, con nocciole o mandorle, a volte pistacchi, che viene prodotto in grosse lastre che sono spaccate all’atto della vendita.

Ancora oggi è presente sulle bancarelle durante lo svolgimento le sagre paesane.
La tradizione vuole che la patria del torrone sia Cremona (la città delle tre “T”: Torrùn, Torràsso, Tettùn. 1-Torrone, 2-Torrazzo-torre simbolo della città, e 3-Tettone-abbondante seno delle sue abitatrici…), dove questo dolce sarebbe stato preparato per la prima volta nel 1441, in occasione del banchetto nuziale di Bianca Maria Visconti con Francesco Sforza.

Tuttavia le tracce di preparazioni similari nel Sud d’Italia (Campania e Puglia) sono ben più antecedenti al 1441, e si riferiscono ad un dolce detto appunto ‘copeta’ o ‘cubata’ che deriva evidentemente dall’arabo qubbaita-Kubaba che significa dolce.

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Cuppe

Cuppe s.m. = guadino, cono,

1) Guadino (o salabro) – retino da pesca a forma di sacco o di cono, fissato all’estremità di una pertica, utilizzata per la pesca dei molluschi in fondo al mare e talvolta per la raccolta del pesce dalle reti di maggiori dimensioni.

2) Cono – cono in genere: sia quello di cialda per il gelato artigianale, sia quelli di carta per porvi noccioline, semi di zucca, ecc.. dim. cuppetjille

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Cuppüne

 Cuppüne s.m. = Mestolo

Letteralmente significa un oggetto piccolo a forma di coppa.

Grosso cucchiaio spec. di metallo, di forma piuttosto incavata e fornito di lungo manico, usato in genere per travasare cibi liquidi o cremosi da un recipiente a un altro

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Cuppüte

Cuppüte agg, = Fondo

Accettabile anche la pronuncia cheppüte.

Profondo riferito riferito specificamente al piatto con il bordo rialzato, adatto per servire minestra, zuppa o pastasciutta.

L’aggettivo spése si riferisce invece ai piatti piani. Vedi (clicca→) spése.

‘I piatte spése e ‘i piatte cheppüte = I piatti piani e i piatti fondi.

Ritengo che l’aggettivo derivi dal napoletano cupo. Ricorro al noto scioglilingua partenopeo «Ngopp’o cupo, poco pepe cape», cioè: sopra il (piatto) fondo, poco pepe va, cape nel senso di contenere, entrarci.

Attenti a non confondere cuppüte con (clicca→) cuppüne, che significa mestolo.

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Cupratüve 

Cupratüve s.f. = Cooperativa

Società fondata sul contributo comune in capitale e in lavoro dei soci allo scopo di ottenere beni o servizi a prezzo inferiore a quello ordinario.

L’unica Cooperativa funzionante a Manfredonia fino agli anni ’60 era quella ubicata sulla Piazzetta del Mercato ed era di proprietà dei fratelli Mondelli.

Era un notissimo negozio di generi alimentari, sicuramente il più fornito di Manfredonia. Figuratevi che nel 1957, tornato da Torino, cercai in tutti i negozi il formaggio stracchino perché lo avvevo apprezzato quando dimoravo al nord.

Nemmeno a Foggia reperii ‘sto benedetto stracchino. Lo trovai invece solo da Nicola Mondelli, socio fondatore della Cooperativa, detto perciò Neculüne ‘a Cupratüve.

Il soprannome corretto sarebbe stato Neculüne d’ ‘a Cupratüve (Nicolino della cooperativa). Ma conoscete già la capacità di sintesi del nostro dialett

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Cuquìgghje 

Cuquìgghje s.f. = Calcinello, tellina, arsella

Nome derivato dal francese coquille (pronuncia simile a “cokiglie”) che significa conchigia..
Comunissima su tutti gli arenili d’Italia, la tellina o arsella  è un mollusco bivalve della famiglia Donacidæ (Donax trunculus). Vive nei fondali sabbiosi del Mediterraneo, Mar Nero, Oceano Atlantico.

L’esterno è biancastro e l’interno di un bel blu o violetto. Raggiunge una lunghezza massima di cm 3.

I gusci vuoti che troviamo sugli arenili presentano un forellino circolare e denotano che la tellina è stata vittima dei predatori (stelle di mare, polpi).

Ora viene raccolta (magari solo le valve vuote) per la curiosità dei bambini.
Le telline sono eduli, e se ne ricava un sughetto molto profumato, ma c’è poco da scialare….Non ci si può certo saziare!

Infatti, per la esiguità del “frutto” viene anche citato metaforicamente per mostrare una limitatezza di mezzi.

Ad es: Che so’ ca vé truanne da me, cuquìgghje? = Che cosa pretendi da me, conchiglie?   Come per dire non chiedermi quello che non posso darti. Sono in ristrettezza di mezzi.

Se qualcuno mostra di essere generoso offrendoci qualcosa di scarso pregio o valore, ottiene una lapidaria risposta che soppesa la sua rachitica prodigalità : “Cuquigghje” = Sì, quisquiglie (come direbbe Totò).

Una volta ricordo che le telline venivano raccolte (dai cuquigghjére o cucugghjére) e poste in vendita sull’uscio di casa a piatti, ricoperte di acqua marina per dar loro modo di spurgare eventuali granelli di sabbia.  Non che procurasse lauti guadagni, ma solo pochi spiccioli, comunque ben accetti.

Quando degli amici, giusto per passare il tempo, si riuniscono  e fanno discorsi vuoti, non impegnativi   (i ragazzi di adesso usano il verbo cazzeggiare)  auto-ironicamente definiscono l’incontro come l’adunéte d’i cuquigghjére = l’assemblea dei raccoglitori di conchiglie.
Cioè un insieme di chiacchiere vuote (come le conchiglie), senza profitto (come i venditori di telline) e senza utilità alcuna.

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Curatèlle

Curatèlle s.f. = Corata

Si intende la corata di agnello o di capretto, ossia la trachea, il cuore, i polmoni, la milza e il fegato. Con un sinonimo si chiamava ‘u cambanere = il campanile, perchè tutto l’apparato veniva appesa con un gancio all’interno delle macellerie a far bella mostra di sè.

Nella foto i vari organi sono stati separati per la preparazione di un delizioso soffritto, o di un gustoso cazzemàrre o di molteplici turcenjille.

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Curlìcchje

Curlìcchje s.m. = Chiocciola di mare a torre

curlicchjeGasteropodo (CerithiumVulgatum) molto diffuso nei nostri mari. Viene spesso spiaggiato, La conchiglia a elica è molto allungata. Dà l’impressione di un fuso o di una trottola (‘u córle) da cui probabilmente prende il nome dialettale.

Comunque col nome generico di curlicchje si indicano tutte le chioccioline di mare, anche quelle commestibili.

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