Categoria: C

Cjirre

Cjirre s.m. = Tentacolo, cerro

1) cjirre = tentacolo .Con questo termine, al plurale (‘i cjirre), si indicano i tentacoli del polpo, del moscardino, dei calamari, dei totani e delle seppie, rigorosamente in numero di otto per ogni mollusco (octopus = otto piedi?).

Per estensione indicano, al singolare (‘u cjirre) anche un ciuffo di capelli piuttosto corto oppure non pettinato.

Se questo ciuffo è ribelle al pettine si definisce cjirre-matte forse perché i capelli già dalla radice si dipartono in direzioni diverse e non in un solo verso. Anche con il cranio rapato si riconosce questo cjirre-matte perche i pori piliferi sono spesso disposti a spirale.

Credo che derivi da cirro per la forma allungata di un tipo di nuvola: in meteorologia indica una nube che si presenta sotto forma di lunghi filamenti bianchi.

2) cjirre = cerro. Il Cerro (Quercus cerris) è un albero della famiglia delle Fagacee. È una specie di quercia dal legno duro, apprezzato dai costruttori di imbarcazioni.

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Cjissó 

Cjissó inter.= Gesù!

È lo sfogo spazientito di chi non ne può più.

Sarebbe a dire: Gesù, guarda che mi tocca sopportare!

Cjissó, c’jì fàtte mezzanòtte e ‘sti fetjinde stànne angöre a fé ammujüne! = Gesù, si è fatto mezzanotte e questi mascalzoni stanno ancora a fare baccano!

Se la pazienza stava per cedere il passo alla collera, il poveretto richiedeva anche l’aiuto di Maria:

Cjissó, Marüje, ma quìste hanne pèrse ‘a fàcce! = Gesù, Maria, ma questi hanno perso il senso della misura!

Quando mio padre, su mia sollecitazione di bimbetto, mi spiegò che Cjissó significava Gesù, io mi meravigliai parecchio, perché sapevo che si diceva Gése Crìste.

Misteri linguistici.

Vorrei azzardare una spiegazione.

In chiesa la Messa in latino nominava sovente Jesus. “In illo tempore dixit Jesus…”
Siccome in dialetto le parole che contenevano il dittongo ie o je si dicevano ji, ossia con una i lunga (fjine/fieno, cjile/cielo, Ciumariello/Ciumarjille, ‘njinde/niente, ecc) Jesus divenne Gjisó e da qui, specie se uno era un po’ incazzato, sonorizzava la ‘g’ in ‘c’ e raddoppiava la ‘s’, si è giunti a Cjissó.

L’interiezione, dice la grammatica, esprime un particolare atteggiamento emotivo del parlante, in modo estremamente conciso.

Nel nostro caso quel bisillabo, che alla lettera vorrebbe dire, un po’ storpiato: “Gesù!” viene pronunciato un tono quasi in falsetto, dopo aver constatato un atteggiamento o un modo di agire non consono alle aspettative.

Avöve dìtte de sté cìtte, e quìste nen te sèndene. Cissó, e che stéche parlànne ‘mbàcce a fràteme? = Avevo chiesto di non parlare ad alta voce, e questi non mi ascoltano. Ma guarda un po’, Per caso sto parlando al muro?

Il nome di Gesù in altro contesto è pronunciato sempre Gése-Crìste=Gesù Cristo. In dialetto non esiste la traduzione del solo nome Gesù senza il titolo di Cristo (unto, consacrato).
Quindi Cissó (mi raccomando la ó stetta) è una forzatura vera e propria.

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Còcchja-còcchje

Còcchja-còcchje loc.avv. = Inseparabilmente

Dicesi di due persone inseparabili. Due amici, due fidanzatini, due colleghi, due carabinieri che procedono sempre in due, inscindibilmente. Deriva da cocchje = coppia.

Ce ne vènene sèmbe còcchja-còcchje = Si presentano sempre in due, inseparabilmente. Una coppia indivisibile per forte affinità!

Scherzosamente, quando due marmocchi si alleano per combinare qualche marachella, vengono notati ed etichettati sempre cocchja-cocchje

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Còcchje

Còcchje s.f. = Coppia

Insieme costituito da due oggetti dello stesso tipo o da due animali o da due persone spec. che svolgono in modo coordinato la stessa attività.

Còcchja-còcchje dicesi di due persone inseparabili. Due amici, due fidanzatini, due colleghi, due carabinieri.

Tènghe ‘ca còcchje de vìcce = Ho una coppia di tacchini.

‘I vüte a löre, sèmbe còcchia-còcchje = Li vedi, loro stanno sempre assieme.

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Códde

Códde agg. = Quello

Aggettivo dimostrativo sempre seguito dal sostantivo che modifica, indica persona o cosa lontana nello spazio o nel tempo da chi parla e da chi ascolta.

Cacce a códd’u chéne! = Manda via quel cane!

Diccìlle a códd’u giovene ca venèsse cré matüne = Diglielo a quel giovane di venire domattina.

Códde jì ‘nu pòvere a jìsse = Costui è un poveraccio, un miserabile (anche in senso lato)

Al femminile fa quèdde

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Còffe

Còffe s.f. = Cesto

Cesto a forma tronco-conica, provvista di manici, usata dai muratori per contenere e sollevare pietrame e mattoni.

Per estensione, vista la stessa forma, si è affibbiato questo nome anche alla cavedarèllacaldarella di ferro che contiene la malta.

In termini marinareschi la coffe è una sorta di terrazzino con steccato di protezione, fissato sugli alberi dei velieri, destinato a contenere i marinai addetti alle manovre delle vele o alla vedetta in mare (mitico l’urlo:terra, terra! nei film d’avventura lanciato dagli uomini di vedetta sulla coffa….)

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Cógghje

Cógghje s.f. = Scroto

Struttura muscolare e membranosa sacciforme contenente i testicoli, posta nella regione delimitata dal perineo, dal pube e dalla radice delle cosce (De Mauro).

Generalmente oltre al sacco contenitore, si estende il significato di questo termine anche al suo contenuto, specie se c’è una patologia erniaria in atto.

Me döle ‘a cógghje = Sento dolore al basso ventre (a causa del’ernia inguinale).

Non c’entra nulla con il nostro dialetto, ma mi diverte l’espressione napoletana: ‘a uàllera.

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Cogna-lapps

temperamatite-metallo-1fCogna-lapps s.m. = Tempera-matite.

Un oggettino utile. In loro assenza si faceva ricorso al temperino (‘u curtellózze) e adesso al taglierino.

Non mancava mai dall’astuccio di legno con il coperchio a slitta, dove riponevamo la penna, la matita, la gomma e il temperalapis.

Il termine deriva da cugné, rendere appuntito come un cuneo, e da lapps = lapis, matita.

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Cógne

Cógne s.m. = Cuneo, zeppa

Era un oggetto di da taglio in acciaio temprato, in uso presso gli spaccalegna per rompere manualmente i segmenti di rami grossi poggiati al suolo (Fig.1)

Si conficca dapprima il cuneo nel ceppo per un paio di centimetri lungo le venature del legno e poi con colpi ben assestati con la mazza (grosso martello usato anche per spaccare pietre) lo si riduce in pezzi più piccoli.
Per questa operazione oggi i boscaioli si avvalgono di apposito macchinario.

I nostri cógne sono fatti anche di legno, e di varie dimensioni.
Quelli più grossi si posano sotto le ruote di qualsiasi veicolo allo scopo di evitarne l’indietreggiamento (Fig. 2)
Altri più piccoli, detti cugnetjille o zèppe, si pongono sotto i piedini dei mobili zoppicanti per non farli traballare.
I cógne di plastica, più fattura più recente, servono per bloccare la porta aperta nella posizione voluta.(Fig. 3)

Fig. 1
Fig. 2
Fig. 3
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Cöla-cöle 

Cöla-cöle s.f. = Gazza
gazzaLa Gazza (Pica pica, o Pica hudsonia) è un uccello comune dal piumaggio nero e bianco, che si nutre di frutti, ragni, insetti, ma anche di uova e nidiacei di altri uccelli.

Viene detta Gazza ladra perché, come molti rapaci, è attratta da oggetti luccicanti e anche per la sua abitudine di depredare i nidi di altri volatili.

Vive in spazi aperti, ma da qualche lustro si spinge anche nei centri abitati alla ricerca di cibo e non è per niente spaventata dalla presenza umana.

Un po’ come fanno i gabbiani che si vedono ora numerosi nelle discariche ubicate molti km all’interno della costa. Evidentemente perché per loro è più facile reperire il cibo nell’immondezzaio, anziché procurarselo, tuffandosi reiteramente in mare, alla ricerca di qualche pesciolino.

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