Categoria: C

Checuzzèlle

Checuzzèlle s.f. = Zucchina

Deriva da checòzze = zucca.

È ammessa anche la pronuncia cucuzzèlle.

Pianta proveniente dall’America centrale.

La grande famiglia delle Cucurbitacee comprende molti tipi di zucca, dalla forma e dalle dimensioni molto varie. Wikipedia dice che essa comprende circa 825 specie suddivise in 119 generi.

Quelle note come zucchine (Cucurbita pepo), sono consumate acerbe.

Come in italiano, si può usare sia il maschile cucuzzjille = zucchino, sia al femminilecucuzzèlle=zucchina.

Al plurale è invariato. Ad esempio: düje cucuzzjille, e döje cucuzzèlle = due zucchini/e.

Quelli che dicono ‘i zuccüne parlano un dialetto geneticamente modificato…

Cucuzzjille è un noto soprannome locale.

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Chédö-chédöje…

Chédö-chédöje… loc.id. =  Ma è scontato! Ma è evidente!

È una sintetica espressione che spiega l’assoluta evidenza di un evento, del tutto scontato, lapalissiano.
Un nostro Detto parla esplicitamente di una scusa ipotetica, di un motivo pretestuoso: chédö-chédöje ca ‘u baccalà jì saléte.

Uso le parole dell’amico Enzo Renato che spiega la storia del baccalà salato:
« Tanto si sa che e’ così….Prima che te ne vieni a quella conclusione e/o rinfacciarmelo. E certo che è salato! Che scoperta!»

Può anche manifestare la mancanza di volontà di intrufolarsi negli affari altrui. Parola d’ordine: rispetto di ogni “privacy” e nessun fraintendimento delle proprie intenzioni. Che non pensino che…
Nen so jüte a truàrle, angöre chedö-chedöje avessa cröde ca vogghje scanagghjé i fatte süje. = Non ci sono andato a fargli visita, per evitare che creda che io ci sia andato per sapere i fatti suoi.

Anche la parlata garganica accoglie questa locuzione con pronuncia diversa: chedè-chedèje.

Si potrebbe tradurre: ‘che è, che non è’…ma credetemi, sento più immediata l’espressione dialettale.

Chedè/chedèje/chedöje sarebbe “che è” con una “d” eufonica come in “ad, ed”, o come il “t” francese nei verbi in forma interrogativa alla terza persona que reste-t-il? [che rimane?]. Quindi dovrebbe portare la grafia che-d-è, ma non voglio essere così

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Chegghjöne 

Chegghjöne s.m. = Testicolo

“Ciascuna delle due ghiandole genitali maschili contenute nello scroto e destinate alla produzione degli spermatozoi” (De Mauro).

Chegghjöne è una forma piuttosto volgare, corrispondente al termine italiano coglione.
Come aggettivo riferito a persona significa sciocco, ingenuo, stupidotto, credulone, incapace.

Al plurale suona:chegghjüne.

L’insieme dei due testicoli e dello scroto viene detto (clicca→)  ‘a cögghje. 

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Chelòmbre 

Chelòmbre s.m. = Fico fiorone, siconio

Frutto dell’albero di fico (Ficus carica), con corteccia grigia, fusto di legno chiaro, dalle foglie a forma di cuore e frutti a pera particolarmente gustosi.

La prima fioritura, in primavera inoltrata, produce i fichi fioroni.

A settembre c’è la seconda gettata, che è la fruttificazione vera e propria.

Notare la differenza di pronuncia della “o”:

al singolare ‘nu chelòmbre; al plurale ‘düje chelómbre.

Quando qualcuno anticamente si recava nelle piantagioni di fichidindia per espletare i suoi bisogni corporali, eufemisticamente raccontava di essere andato a farei ‘na mangéte de chelómbre = una mangiata di fioroni.  Probabilmente perché una loro scorpacciata in effetti avrebbe procurato un rilassamento intestinale!
La “passeggiata”, visto che siamo in argomento, si definiva anche come ‘na spasséte [dal tedesco spazieren (leggi spasiren) =  passeggiare]

Nota linguistica.
In tutta la Puglia e anche in Basilicata di usa un termine abbastanza simile, seppure adattato alla parlata delle varie località (Chelùmbre, chelummu, culumbi, chelìmme, ecc.).

Ho letto in rete:
«il fiorone è un prodotto tipico della nostra terra, ma i botanici storcerebbero il naso a sentire chiamare “frutto”, quella che in realtà è una “infiorescenza”, detta siconio o sicono».

Non voglio fare lo scienziato, ma mi sembra che il termine nostrano derivi dal greco κόρυμβος  (leggi korumbos) = corimbo, ossia fiore, infiorescenza.

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Chelüne

Chelüne n.p. = Michelina, diminutivo di Michela.

Deriva dall’ebraico Mika’el, composto da mi, “chi?”, ke, “come” e da El, abbreviazione di Elohim, “Dio”, e significa quindi “chi è come Dio?” (Qui ut Deus?)
L’onomastico è tradizionalmente festeggiato il 29 settembre in ricordo della consacrazione del santuario dedicato all’arcangelo Michele sul monte Gargano.

I Montanari usano, per devozione all’Arcangelo, il femminile Cajéle. Con la pronuncia manfredoniana sarebbe Cajöle, ma fortunatamente non è più usata perché ha un suono orribile.

Si preferisce il diminutivo Michelina, ossia Chelüne. Le generazioni attuali lo pronunciano alla latina Micaéla. Certamente è più armonico.

Ricordo Chelüne ‘a vuccjöre = Michelina la macellaia, che aiutava suo marito Pasquale Arena, nella loro beccheria di Via Tribuna.

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Chemò 

Chemò s.m. = Comò, cassettone, canterano.

Mobile a cassetti, usato per conservare prevalentemete biancheria da letto e personale.

Deriva dal francese. Il termine è stato adottato anche dalle altre lingue europee
Francese commode (pronuncia comòdd)
Inglese commode, commodes
Portoghese cômoda
Spagnolo cómoda
Tedesco amt, kasten, kommode

Una volta si costruivano esclusivamente a mano e lucidati a spirito. I nostri artigiani – ora purtroppo introvabili – erano bravissimi, compreso il famoso Sfasciachemò, chiamato spregiativamente in questo modo per invidia o per sfottò.

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Chenarjille

Chenarjille s.m. = Chilotto, chiletto,

È una valutazione “a occhio” del peso di un oggetto o una derrata alimentare, senza che ci sia un controllo sulla bilancia, cui viene attribuito il valore di circa un kg.

Segnö, accattatìlle ‘stu pólepe ca jì angöre vüve, sarrà ‘nu chenarjille: dàmme sett’èure e böna salüte!
= Signora, còmpratelo questo polpo perché è ancora vivo (appena pescato), sarà un chiletto: dammi sette euro (mangialo) e che si tramuti in buona salute!

Si capisce che è un diminutivo di cüne = chilogrammo

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Chéne

Chéne s.inv. = Cane

(etimol. dal latino Canem, greco Kuon)

Animale domestico (fam. canidi) molto comune, diffuso in tutto il mondo, usato per la caccia, la difesa, nella pastorizia, come animale da compagnia o per altre attività.

Chéne arraggéte = Cane arrabbiato. Indica il cane colpito da una terribile malattia chiamata idrofobia. O anche fig. una persona avida, cattiva, egoista, litigiosa.

Chéne vattescéte = Cane bastonato. Evidenzia figuratamente, l’aspetto di qlcu mogio, afflitto, scoraggiato, rassegnato.

Assemègghje a ‘nu chéne vattescéte = Somiglia a un cane bastonato. Il termine vattescéte è ormai desueto.

In dialetto, che sia maschile, o femminile, o singolare, o plurale, si dice sempre chéne. Ovviamente è l’articolo che determina il genere e il numero dei cani (‘u chéne, ‘a chéne, ‘i chéne)

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Chéne-mùrte

Chéne-mùrte loc.id.. = Insificante, apatico.

Il termine, raccolto di recente, designa qlc elemento del gruppo che non ha smalto, o brio, o vivacità.

Non prende mai alcuna iniziativa, è “spento” anche se di giovane età.

Insomma indica una persona senza vitalità, che è fermo come un cane morto!

Mattöje jì proprje ‘nu chéne murte = Matteo è proprio in tipo apatico.

Talvolta invece indica un fetore insopportabile paragonabile a quello che esala da una carcassa di cane insepolto.

Föte a chéne murte = Puzza come un cane morto.

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Chenéte

Chenéte s.f. = Chiletto, chilata

Al contrario di chenarjilleche valuta un chilo solo in difetto (quasi un chilogrammo), questo sostantivo può anche andare per eccesso: pesa un kg circa, un po’ più o un po’ meno, ma siamo lì.

Jògge mangéme djice persüne: quanda paste agghja mené? Meh jüje düche ca ‘na chenéte avàste = Oggi mangiamo dieci persone: quanta pasta devo calare? Beh, io dico che una chilata basta.

Quande pèsene quìddi cerése? Sarrànne ‘na chenéte
 = Quanto pesano quelle ciliege? Saranno circa un kg

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