Caccé ‘u diàvele loc.id. = Esorcizzare
Non si tratta di fare un esorcismo vero e proprio.
Occorre fare un po’ di flash-back, ritornare indietro all’epoca preconciliare, per intenderci prima degli anni ’60.
Allora la Pasqua di Resurrezione veniva celebrata solennemente a mezzogiorno del sabato Santo in Cattedrale.
Al suono delle campane, che erano “legate” nel triduo Pasquale, cioè mute, si “scioglievano” suonando a distesa in tutte le chiese a mezzogiorno in punto.
Allora alcuni monelli, che pazientemente avevano preparato trenini di lattine vuote legati da una funicella, correvano per le strade del paese inseguiti da altri compagni armati di bastoni che colpivano la ferraglia con grande fracasso, gridi ed esortazioni: “vattì, vattìnne da quà” = vattene, vattene da quì. Era un rito liberatorio, era la cacciata del diavolo, una specie di purificazione.
La masnada talvolta terminava la corsa forsennata nel cortile del Palazzo episcopale, forse i attesa di una improbabile “benedizione” al termine di un rito paganeggiante. Il Presule benevolmente a volte lanciava caramelle ai monelli.
Il Concilio Vaticano II ha riportato il rito di Pasqua a mezzanotte, come quello di Natale. Da allora non si sentono più per le vie le rumorose “cacciate”.
Qualcuno lo fa in privato, senza disturbare i vicini, in ossequio al regolamento condominiale… Non si sa mai, magari scaccia la jella!
Ringrazio Umberto Capurso per avermi fornito il bellissimo scatto di Matteo Losciale ripreso in Via Porto, la discesa che costeggia la Villa, subito dopo la Chiesa Stella.