Acchéragràzzje loc.avv.= Difficilmente, stentatamente
Si pronunciava tutta d’un fiato anche nella versione acchéregrazzje (a-chére-e-grazzje)
Credevo che fosse una locuzione locale, ma leggendo Umberto Eco, quindi un grande intellettuale contemporaneo, ho notato che nel suo romanzo “La misteriosa fiamma della Regina Loana”- Editrice Bompiani 2006, ha usato proprio “a cara grazia” nel medesimo nostro acchéragràzzje .
Traduzione letterale della locuzione avverbiale: “a cara grazia”. Ossia sperando nella benevolenza o nella grazia dell’interlocutore. Qualche anziano usa tuttora questa locuzione carica di significato.
Faccio un paio di esempi:
Sò venüte già all’anne passéte: acchéragràzzje se venghe n’ata volte auànne = Sono venuto già l’anno scorso: difficilmente vengo un’altra volta quest’anno.
M’avöva dé tre meljüne. Acchéragràzzje se me ne dé düje.= Avrebbe dovuto darmi tre milioni (ovviamente parlo di vecchie lire): è cara grazia (è preziosa benevolenza, è già molto) se me ne dà due.
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