Caperröne s.m. = Mùrice
Singolare: Caperröne. Plurale: Caperrüne
Il Murice nostrano (Murex brandaris o Bolinus Brandaris) è chiamato ‘u caperröne gendüle , ossia il Murice gentile, perché chiaro e con gli aculei ben evidenti.
“La conchiglia è di circa 6–8 cm, munita di prolungamenti spinosi e dalla forma rigonfia allungata in una estremità del sifone, che invece è lungo e dritto. La superficie esterna è rugosa e percorsa da numerosi cordoncini spirali irregolari. La colorazione esterna varia dal giallo al bruno, lo stoma è ovale, dentellato sul margine esterno, dal giallo all’arancio” (descrizione copiata da Wikipedia).
Le carni sono apprezzate, perché di sapore dolce e profumate. Ci vuole pazienza perché la preparazione delle pietanze a base di caperrüne è piuttosto laboriosa: lavaggio, bollitura, estrazione dal guscio, asportazione della cosidetta ‘unghia’, ricottura nel sughetto, o condimento con olio, aceto e prezzemolo.
Gli antichi Fenici e Romani li apprezzavano sia in gastronomia, sia perché da essi estraevano un costoso colorante per tessuti pregiati, chiamato porpora.
L’altro tipo di murice, ‘ u caperrröne d’aspre , il murice di fondali rocciosi (Murex trunculus o Phyllonoptus Trunculus) non ha aculei, e si presenta con colorazione bruna, scura e all’interno striata di grigio e violetto.
Molto usati entrambii i tipi nella cucina locale. Ho provato recentemente pasta e fagioli condita con il sughetto di caperrüne… Era questa la cosidetta “cucina povera”.
Povera quanto vuoi, ma molto, molto gustosa!
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