Tatócce s.m. = Fratello maggiore.
Il fratellone, in assenza del papà (perché imbarcato sui mercantili, o emigrato) ne fa le veci e si assume le responsabilità di capo famiglia
Ritengo che tatócce significhi “piccolo tatà“, versione arcaica di papà: sarebbe come dire papino, o alla maniera dei Toscani, babbino.
Scherzosamente si usava dire anche rivolgendosi ad amici più giovani, assumendo aria di uomo vissuto ed esperto: Sjinte a tatócce, ssà lu jì, ne lu dànne avedènze = ascolta tuo fratello maggiore, lascialo perdere, non gli dare retta!
Il prof. Ciliberti dice testualmente:
«“Tatucce”: dal greco “tatà” (padre), sta per “fratello maggiore” che ha, ad ogni modo, responsabilità di padre sui fratelli minori. E’ riferito pure a uno “zio” più importante, per antonomasia.»
Tatócce era il fratello maggiore del padre e della madre. Noi bimbi intendevamo così anche lo zio, perché ripetevamo quello che dicevano i nostri genitori.
Tatócce Mattöje jì turnéte da preggiunjire! = Matteo (mio fratello grande) è ritornato dalla prigionia!
Una frase che mi è rimasta impressa perché era quello, tatócce, era mio zio!
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