Fé pàste nòbbele loc. id. = Rimpinzarsi, deliziarsi con cibo pregiato.
Etimo chiaro: fare un pasto degno dei nobili.
Quando il cibo era davvero un bisogno primario dell’uomo (ora siamo iper-alimentati e necessitiamo tutti di ferree diete), il misero pasto quotidiano a base di pane e pomodoro, o verdure campestri, cipolle, fave, patate, o legumi e talvolta pesci di sciabica, il piatto più ambito da tutti era “maccarüne p’a carne” = maccheroni con il ragù di carne.
In effetti i salumi, le bistecche, i formaggi, le uova, fonte di proteine nobili, non sempre entravano nella mensa del popolo.
Quando capitava nelle grandi occasioni di sedersi a una mensa ricca di portate speciali, allora veramente si faceva paste nobbele.
La locuzione va bene anche se riferita a qlcu particolarmente ghiotto di un certo tipo di vivanda.
Mò ca vöne Tonüne e tröve féfe e cecòrje uà fé paste nobbele = Quando rincaserà Tonino e troverà per cena fave e cicorie, le apprezzerà sicuramente (perché evidentemente ne è particolarmente ghiotto).
Metaforicamente, se si incontrano due o “forbicioni” e il discorso cade “per caso” su una persona nota, fànne pàste nòbbele (ossia se lo “tagliano a fettine” con le loro lingue taglienti).
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