Péne s.m. = Pane
L’indispensabile alimento di ogni giorno a base di farina, acqua, sale e lievito.
La pronuncia nostrana deriva da quella francese di pain.
In tutto il mondo esistono infinite forme di pane, ma uno solo è il modo di prepararlo, che si svolge in tre fasi: impastare acqua e farina, lasciar lievitare, passare in forno.
Noi Pugliesi siamo probabilmente i più abili forse perché disponiamo di materia prima eccellente.
La foto (tratta dal web) mostra il pane di Monte S.Angelo in forme da 3 e 4 kg. Le nostre mamme lo facevano in casa, col lievito madre (‘u crescènte) ed una pagnotta durava un’intera settimana. Col passare dei giorni si induriva sempre di più, e veniva usato abbrustolito, bagnato e condito, e infine a pancotto.
Anticamente in alcune famiglie il pane fresco veniva chiuso a chiave nello “stipone” per evitare che finisse prima, perché più appetitoso.
In sostanza colà si mangiava solo pane raffermo, ugualmente buono, ma decisamente meno invitante di quello fragrante di forno.
Non era questione di dieta ma di tasca, per farlo durare più a lungo.
Vi rimando ad un Detto scherzoso. Cliccate qui.
Ricordo che quando mi cadeva sul pavimento un pezzo di pane, mia madre mi obbligava a raccoglierlo, baciarlo (sì, baciarlo, perché sacro!) e poi a mangiarlo ugualmente.
Credo che anche in altre famiglie vigeva questa procedura. Per questo siamo cresciuti pieni di anticorpi. E chi ci ammazza, a noi?
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