Tag: sostantivo maschile

Caggellöne

Caggellöne s.m. e sopr. = Stia

È un accrescirivo di caggiöle = gabbietta.

Si tratta di un gabbione di legno, con tanto di porticina per far passare i pennuti, usato per allevare in casa le galline ovaiole.

Si poneva di mattina ‘u caggellöne,con tutte le galline, fuori dell’uscio della casa.

Spesso si liberavano le galline che andavano a razzolare sulla via: tanto presto sarebbero rientrate spontaneamente nella gabbia.

Per favorire la crescita di pennuti allevati si somministrava come cibo ‘u sciuscjille.

Il gabbiotto veniva portato dentro casa la sera per evitare che i polli prendessero freddo, e soprattuto che NON prendessero…il volo verso le pentole altrui.

Caggellöne è anche un soprannome locale

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Cafùrchje

Cafùrchje s.m. = Tugurio

Abitazione o ambiente angusto e squallido.

Vèche truànne ‘ne chése, me so’ stanghéte de sté jind’a códdu cafùrchje a sutténe! = Sto cercando una casa, mi sono stancato di vivere in quel tugurio a piano terra..

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Caföne

Caföne s.m. = Contadino

Aggettivo e sostantivo in uso in Italia meridionale quale dispregiativo per indicare chi o che è rozzo e ignorante.

Al femminile è invariabile (‘u caföne ‘a caföne) ; al plurale m. e f. suona ‘i cafüne.

Una volta i lavoratori della terra non avevano il tempo di istruirsi perché già da tenera età erano costretti assieme al padre a svolgere i faticosi lavori campestri.

Ricordiamoci però che il contadino ha scarpe grosse e cervello fino! Il cervello fino prescinde dall’istruzione. Uno può essere anche ingegnere ma babbeo, e al contrario analfabeta ma dalla intelligenza viva, pronta.

In italiano il termine cafone ha assunto una valenza ancora più negativa per indicare chi o che è villano, screanzato, zotico, rude. In questo caso in dialetto si dice cafunàcce.

 

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Cacciunjille 

Cacciunjille s.m. = Cagnolino

Per indicare un cane di piccole dimensioni, si usa generalmente il diminutivo cacciüne = cagnetto, cagnolina, quando dal contesto si evince che si parla di cani. Difatti il sostantivo cacciüne indica anche il pesce Gattuccio

Più frequentemente viene adoperato il sostantivo invariabile cacciunjille =cagnolino, che ha un significato univoco, proprio per evitare confusione.

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Cacciüne

Cacciüne s.m. = Gattuccio; cagnolino.

1 – Pesce di mare (Scyliorhinus canicula) appartenente all’ordine degli Squaliformi; è un piccolo squalo dalla pelle maculata che può raggiungere dimensioni di 30-40 cm. La forma è più tondeggiante e meno affusolata degli altri squaliformi. Pur essendo un piccolo pescecane, non è per nulla pericoloso per l’uomo.

Anzi, è ricercato per le sue carni. È usato in cucina, una volta spellato e tagliato a pezzetti, per preparare un’ottima pietanza in umido o semplicemente infarinato e fritto.

In Romagna lo chiamano smeriglio per la caratteristica della sua pelle, rugosa e ruvidissima, come la “tela smeriglia” usata dagli artigiani per levigare il legno o i metalli.

2 – Il termine cacciüne è usato anche per indicare un cane di piccole dimensioni.
Più frequentemente viene adoperato il diminutivo cacciunjille =cagnolino, cucciolo di cane.

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Cacciamanjille

Cacciamanjille s.m. = Coprifasce

Era una camicina di cotone finissimo, con abbottonatura posteriore, che si faceva indossare al neonato dopo l’imbracatura con il pannolini di tela e la fascia larga.

Il vocabolo viene da Cacciare le manine.

Il primo indumento indossato dai poppanti.

Marje’, mamme t’ho recaméte ‘nu bèlle caccjamanille p’u uagnöne! = Marietta, la mamma ti ha preparato una bella camiciola per il bambino

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Turcenjille

Turcenjille s.m. = Involtino

Piatto tipico molto rustico, da cucina povera di pastori.

Sono degli involtini confezionati con le stigghjöle, ossia con le frattaglie dell’agnello (trachea, polmoni, fegato, cuore) spezzettati e avvolti nel reticolo adiposo e stretti con il budello come un gomitolino.

Un piatto simile appartiene anche alla cucina greca, il kokoretsi (κοκορέτσι) (da Wikipedia)

In Abruzzo e in Molise sono chiamati in modo quasi uguale: le turcinelle. C’è la secolare transumanza che lega la Daunia a queste due Regioni, specie per i prodotti della pastorizia. Sono chiamati più o meno allo stesso modo nel Beneventano. Anche in Salento usano un termine molto simile: li turcinieddhi . In Terra di Bari ed in Basilicata vengono chiamati differentemente, ossia gnumerjiedde = gomitoletti.

Un “gomitolo” molto grande assume in tutta la Puglia il nome di cazzemarre  (←clicca) Si mangiano preferibilmente arrostiti sulla brace e in second’ordine con le patate al forno, o anche a ragù.

turcenjille si preparano anche con le interiora del maiale, ma sono meno gustosi, più grassi e indigesti

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Caccamamöne 

Caccamamöne s.m. = Decalcomania

Caccamamöne era la deformazione dialettale di “decalcomania”, cioè un’immagine che si trasferiva per via umida dalla carta ad un’altra superficie.

Ricordo che tutti i negozietti avevano  sul vetro un’immagine gialla, ellittica verticale, che raffigurava un galletto nero; proprio sotto le zampe del galletto c’era scritto “Tana-la crema fine per calzature”.

Si vendevano anche delle piccole decalcomanie, ad uso dei bambini, che trasferivano le immagini a colori di personaggi dei fumetti.

Si immergeva per qualche secondo in acqua la figurina per attivare lo strato di colla (non esisteva la colla chimica) e si applicava su un libro, su un braccio, dove si voleva, e poi piano piano si staccava la carta esterna bagnata.

Lo strato interno con l’immagine, durante questa operazione di distacco, a volte si deformava, e così essa risultava alterata e distorta.  Ecco perché, per estensione, era definito caccamamöne qualcuno con un volto un po’ irregolare: insomma una persona che non aveva proprio una bella faccia.

Le decalcomanie per via secca, molto diffusi negli anni ’70, erano chiamati trasferelli. Ricordate le lettere e i numeri che ‘trasferivamo’ sui quaderni adoperando la bic?

Esistono anche, ad uso delle ricamatrici, delle decalcomanie per via calda che si applicano sulla stoffa usando il ferro da stiro.
Si trovano  tuttora in edicola nella prestigiosa rivista “Mani di Fata”.

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Cacatüre

Cacatüre s.m. e sopr.. = Cacatoio

Vaso di ceramica smaltato usato anticamente in casa per la raccolta di feci, in mancanza della rete fognante.

Il termine è sinonimo di “ruagne” = Cantero.

Sènd ‘nu fjite de cacatüre = Sento una puzza di cantero.

Come soprannome: era un vasaio che li fabbricava, o colui che li svuotava?

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Cacasìcche 

Cacasìcche agg. s.m. = Taccagno, spilorcio, avaro.

Grettamente attaccato al denaro.

Non spende nulla. Nemmeno per mangiare, tanto che quando va al bagno è anche lì molto tirato.

Se non mangia abbondantemente, è chiaro che può cacare solo una “robina” striminzita!

Pòvere a j’sse! Fa una vita di stenti, e non si convince che i suoi soldi se li godranno gli altri.

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