Periodo compreso tra l’Epifania e la Quaresima, caratterizzato da scherzi e divertimenti, balli, feste in maschera.
Il nome deriva dall’espressione latina carnem levare, togliere le carni dalla mensa, perché stava per iniziare il periodo penitenziale della Quaresima. Un ramadan, un digiuno molto più moderato di quello arabo.
E prima di ciò si approfittava per far piazza pulita delle scorte: obbligatorio mangiare, bere e divertirsi!.
Il soprannome Carnevéle, è attribuito alla Famiglia Principe. Tra i fratelli Prencipe vi era un bravo falegname, un dotto Canonico, e un valente Violinista, attivo nell’orchestra Alessandro Scarlatti di Napoli.
Il foruncolo è un’infezione superficiale della pelle, molto dolorosa, in genere causata dal batterio Staphylococcus aureus. Si presenta con un vistoso arrossamento che successivamente diventa gonfiore e poi in una sacca di pus.
Il termine carevógne deriva da “carbonchio”, infezione che colpisce i bovini (e talvolta anche l’uomo), anch’essa caratterizzata da pustole emorragiche molto dolorose.
Talora le pustole comparivano sotto le ascelle. Queste non erano singole, ma multiple, a grappolo, veramente dolorosissime e venivano chiamate al maschile i “rìzzetjille”.
Compare in diverse parti del corpo: dietro il collo, sugli arti, ai lati della bocca, ecc. Forse dovuto alla carenza di igiene o a disordini alimentari.
Per guarire dai foruncoli bisogna attendere pazientemente la loro “maturazione”, ossia che la parte dolente e tumefatta si trasformi in pus.
Bisognerebbe evitare di creare artificialmente una via d’uscita. Una volta era usuale bucare la pelle con un ago disinfettato (spungeché) e schiacciare la bolla per svuotarla dal suo contenuto purulento (’a matèrje).
Mia nonna, per accelerare la maturazione del foruncolo, lo ungeva con il grasso delle macchine e lo copriva con la carta oleata.
Altri, meno rustici di mia nonna, usavano un unguento, suggerito dal farmacista, a base di ittiolo.
Ai nostri giorni – ammesso che si manifesti ancora sulla cute dei divoratori di Nutella – i medici suggeriscono di usare l’olio di Melaleuca (*) che è un potente anti-batterico e anti-infiammatorio. Presumo che associandolo con un paio di pasticche di antibiotico si possa accelerare l’eliminazione del fastidio!
Il Cardo campestre (Scolymus grandiflorus della fam. Asteraceae) è una pianta selvatica commestibile, di cui si usa la costa carnosa della rosetta basale e la propaggine più tenera privata da spine e filamenti.
I cardungjille sono usati per preparare minestre nel periodo pasquale, cotti in spezzatino con carne di agnello, uova, formaggio. Questa pietanza chissà perché in alcune famiglie veniva chiamata ‘U Benedìtte = Il Benedetto.
Vi suggerisco la ricetta nostrana: https://ricettemanfredonia.altervista.org/cardoncelli-con-agnello-e-uova/
Nella Puglia piana vengono detti cardungille anche i funghi cardarelli (Pleurotus eryngii)
Nome comune di diverse piante campestri erbacee con foglie e brattee spinose, della famiglia delle Composite.
Il cardo, del genere Cinara (Cynara cardunculus) appartenente famiglia dei carciofi, viene anche coltivato come ortaggio, con foglie carnose biancastre.
E’ detto in dialetto ‘u cardöne de péne = cardo di pane, perché piuttosto asciutto, per distinguerlo da quello spontaneo dei campi, ovviamente chiamato cardöne d’acque.
Anche i meloni si distinguono quelli ‘di pane’ e quelli ‘d’acqua’.
I cardi sono piuttosto insipidi, senza un gusto accentuato.
Quelli campestri (Silybum marianum) venivano consumati crudi, dopo paziente operazione per privare le coste dalle spine e dai filamenti, dai pastori che non avevano altro companatico.
Sono piuttosto insipidi, senza un gusto accentuato. Per questo motivo il termine è passato ad indicare un soggetto fessacchiotto.
Vi invito anche a vedere il termine cardungjille, un cardo selvatico invece molto apprezzato.
Cardöne è usato anche come soprannome, forse derivante dal cognome Cardone
Cardìlles.m. = Cardellino (ornit.)
Il cardellino(Carduelis carduelis) è un uccello della famiglia dei Fringillidi e vive nell’Europa continentale dai monti Pirenei ai monti Urali.
Catturato viene posto in gabbiette al pari dei canarini. Canoro, ma soffre della costrizione. Lasciateli liberi!
Quando qlcu con velleità dongiovannesche, si autoproclama cardìlle, perché saltella di qua e di là da una ragazza all’altra, non gli credete!
L’Ordine dei Frati Minori francescani si suddivide:
OFM Conv. = Ordine Frati Minori Conventuali OFM Capp. = Ordine Frati Minori Cappuccini.
Soprannome: Forse il capostipite (Fam. De Vita) era intenzionato a farvi parte, ma poi ha rinunciato; tuttavia ha meritato ed acquisito un bel soprannome.
Il nome del cappuccino al bar è un’altro mistero, forse determinato dal colore del caffellatte con questo nome, dal colore simile a quello della tonaca dei frati.
Il Cavolo capuccio (Brassica oleracea capitata) tra le specie dei cavoli è quella più coltivata nel mondo. (foto fornita da Gigi Lombardozzi, cui va il mio ringraziamento)
La parte commestibile è costituita dalle foglie disposte a rosetta; le esterne sono rivolte in fuori, quelle interne, di colore più chiaro, si avvolgono gradualmente e si sovrappongono formando una grossa palla molto dura e compatta.
Le foglie sono lisce, ampie, cerose; le nervature sono numerose e sottili, quella centrale è molto pronunciata e biancastra. Il fusto è eretto.
Una varietà del cavolo cappuccio è il cavolo verza, detto comunemente verza (Brassica oleracea sabauda). Pianta dal fusto piuttosto corto, con foglie ben sviluppate che, invece di essere lisce come quelle del cavolo cappuccio, presentano callosità ed increspature e sono di un colore più scuro.
Fabbricante e venditore di cappelli da uomo. Quella che si dedicava ai cappellini da donna era chiamata ‘a mudìste = la modista.
Il soprannome, come tanti altri, deriva dalla professione esercitata dal capostipite, come ad es.: vuccjire, ferracavàlle, ‘u nolègge= beccaio, maniscalco, noleggiatore di biciclette, ecc.
La memoria adesso mi vacilla. Forse forse dovrebbe appartenere a un De Francesco ‘u cappellére.
Collegio dei Canonici addetto al servizio della cattedrale. Si riunisce al completo in occasione delle solennità o per riti liturgici particolari a corollario del Vescovo (ordinazioni sacerdotali, processioni, ecc.).
Talvolta era invitato ad accompagnare nel tragitto fino alla chiesa per il rito funebre religioso, la salma di personalità importanti (ma quali importanti! Totò diceva che la morte è una livella…).
Era il cosidetto funerale di prima classe, che comportava anche il seguito di suore, orfanelli in preghiera e la banda musicale.
Cioè se qualcuno al funerale del caro estinto era facoltoso, poteva permettersi tutto questo corteo a pagamento. I meno abbienti facevano a meno anche dei fiori. Mamma mia!
Meno male che il Concilio ha abolito tanti fronzoli. Era ora.