Tag: sostantivo maschile

Catenazze

Catenazze s.m., sop. = Catenaccio, Lucchetto

Per serrare in sicurezza una porta, il termine italiano catenaccio indica una barra passante per occhielli di ferro e fissata con lucchetto. Questo dispositivo è detto anche catorcio.

Il lucchetto vero e proprio è una serratura metallica mobile costituita da un corpo centrale a forma di piccola scatola a cui è articolata una barretta d’acciaio, diritta o piegata a U, munita di dispositivo di blocco, azionabile con una chiave.

Il soprannome Cat’nazz può derivare da un cognome (Catenazzo, Catenacci), esistente in Basilicata, in Abruzzo, nel Lazio, in Umbria e anche in Lombardia.

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Catarröne 

Catarröne s.m. = Contrabbasso

Grosso strumento ad arco generalmente a quattro corde, che produce le sonorità più gravi.

Appartiene alla famiglia detta degli archi perchè il suono si ottiene sfregando le corde con un archetto di crini di cavallo.

Nella musica Jazz e in quella popolare da ballo il contrabbasso non viene suonato con l’arco, ma solo pizzicato, perché il tempo venga maggiormente marcato.

Il termine catarröne si è usato fino agli anni ’50.

Quando ho cominciato io a cimentarmi con questo strumento nel 1958 già era designato con voce simil-italiana controbbàsse.

Dopo qualche anno era diventato solo ‘u basse, come quello elettrico a forma di chitarra apparso sul mercato degli strumenti per complessi di musica leggera, aborrito dai cultori del jazz.

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Cataplàsme

Cataplàsme s.m. = Cataplasma, impiastro

Il termine è quasi italiano. Il cataplasma è un composto ad uso farmacologico per uso esterno, costituito normalmente da impasti di amidi, mucillagini e oli, che si applicano, possibilmente a caldo, sulla pelle per curare reumatismi o altre forme dolorifiche.

Il cataplasma appartiene alla famiglia delle preparazioni galeniche (termine coniato in onore di Galeno di Pergamo fu un medico greco antico,che curù a Roma vari imperatori, fino all’anno 200 d.C., i cui punti di vista hanno dominato la medicina europea per più di mille anni).

Tali preparazioni vengono somministrate inizialmente in dosi ridotte per accertare che il paziente accetti la cura senza grosse controindicazioni (ipersensibilità o reazioni allergiche).

Ricordo ‘u cataplàsme de summènde de lüne = il cataplasma di semi di lino. Riscaldavano questi semi in acqua bollente, li scolavano e li raccoglievano in un fazzoletto. Questo impacco veniva posto sulla parte dolorante. Una “mappazza” caldissima quasi insopportabile.

Questo sistema di cura è ormai scomparso, ma il termine è tuttora usato per indicare una persona noiosa, attaccaticcia, insopportabile, fastidiosa, flemmatica, indecisa, insomma uno che è meglio non trattare per il suo carattere pesante.

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Castréte

Castréte agg. e s.m. = Castrato

Oggi si intende esclusivamente il maschio adulto di ovino, privato dei testicoli per favorirne l’accrescimento rapido. Le carni sono tenere e profumate specie se preparate a ragù.

La castrazione umana è detta evirazione. Chi conosce la storia della musica sa che fino all’inizio del 1900 usavano castrare i bambini prima dello sviluppo in modo che conservassero la voce bianca allo scopo di assegnare loro canti di timbro femminile.

Venivano chiamati sopranisti o evirati cantori. Il più osannato, corteggiato e pagato, fu Carlo Broschi, in arte Farinelli (Andria, 24 gennaio 1705 – Bologna, 16 settembre 1782), una vera star e prima donna….
(Vedi Farinelli)

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Cascettöne

Cascettöne s.m. = Cassettone

Cassone di legno, madia per conservare granaglie ad uso nelle masserie, chiamato anche casciöne.

Quello cittadino era chiamato stepöne = grosso stipo. Era come un armadio senza specchi. Quello di mia zia, lo ricordo con dolcezza, odorava sempre di pane fresco.

Il termine cascettöne ha un suono invitante per fare dell’ironia ai danni di qlcu. Per indicare un soggetto con cifosi o gibbosità, un soggeto grosso e lento nei movimenti, ecc.

Un lettore – di cui in questo momento non rammento il nome, e che comunque ringrazio – mi dice testualmente:

«Cascettöne: persona che rivela i segreti agli altri – ruffiano.

Penso che potrebbe trarre origine dalla cassa nella quale si custodivano le cose più segrete, quindi fare “u cascettöne” era come mettere a conoscenza degli altri i segreti in essa contenuti.»

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Carüse

Carüse s.m. = Cranio rapato

Deriva dal latino cariosus, che significa glabro, privo di peli;  oppure dal greco keiro  che significa  tagliare, rasare.
Il termine è passato attraverso il provenzale, lo spagnolo e il siciliano.

Spesso per questioni di igiene, i bambini venivano rapati a zero.

La testa senza capelli (si usava anche il sinonimo melöne e tatta-melöne) veniva indicata come carüse.

Me sò fàtte ‘u carüse (o anche me sò fatte ‘u tatta-melöne, oppure me sò caruséte) = Mi sono rapato a zero.

Il bambino è tuttora chiamato caruso in Sicilia e  toso in Lombardia, come dire tosato, rapato.

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Cartapöne

Cartapöne s.m. = Quartabono. Incastro angolare

In falegnameria con questo termine si definisce un incastro di due assi di legno che non sia ad angolo retto o a prosecuzione longitudinale.

Per esempio: il corrimano di una ringhiera, da orizzontale prosegue per la scalinata ad un angolo di discesa di 45°. Ecco, la giuntura angolare è il cartapöne.

Qlcu pronuncia gardapöne o cardapöne.

Ho trovato casualmente su un vocabolario il termine corretto. Trascrivo integralmente:

Quartabuono s.m.
1 . Denominazione di configurazioni angolari di 45°.
In falegnameria squadra a triangolo rettangolo o strumento di legno con due bracci uniti a snodo.

2 . Nella nave l’angolo formato dal piano di un’ossatura con la superficie interna della carena.

Dallo spagnolo cartabòn.”
(dal Vocabolario della Lingua Italiana Devoto-Oli)

Presumo che il “quarto buono” sia l’angolo di 45°: infatti quattro di questi angoli formano l’angolo piatto di 180°, ossia il piano orizzontale.

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Carrùzze

Carrùzze s.m. = Carrettino, motocarro

Fino al 1947 si intendeva un carrettino a mano a due ruote per trasportare oggetti. Poi il sig. Piaggio a Pontedera inventò la Vespa dalla quale derivò il motocarro a tre ruote., il famoso ApeCar. I carrettini a mano sono caduti in disuso grazie alla successiva rapida motorizzazione di massa.

Immediatamente il termine carrùzze (detto anche ‘u tre röte = il tre ruote) è passato a designare questo utilissimo veicolo. Usato da commercianti ambulanti, o da muratori per il trasporto in ambito cittadino di materiale e attrezzi li lavoro e/o di calcinacci da smaltire. Da negozianti fissi per consegnare la merce a domicilio.

Si vedono per le strade tuttora in giro carrùzze di tutti i tipi, con sponde ribaltabili o a centine e addirittura con sedili per giri turistici in certe città d’arte.

Quando ero ragazzo, ricordo che era il fruttivendolo/musicista ‘Ntoniuccio De Salvia Ndiscià col suo storico carrùzze l’incaricato al trasporto degli strumenti ingombranti (contrabbasso, batteria, fisarmonica, chitarra, amplificatore e altoparlanti) al locale dov’era programmata la serata, magari anche con un passeggero a fianco nella minuscola cabina.

Mi pare irriverente paragonare il nostro carrùzze al Carroccio della storica Lega Lombarda del 1161 contro Federico I “Barbarossa” (avo di Manfredi Hohenstaufen), né all’altisonante attributo del Partito politico della compagine leghista Bossi/Salvini/ Calderoli ecc .

Sarebbe come fare un raffronto tra un’utilitaria e una Ferrari.

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Carrüne


Carrüne s.m. = Carlino

Il Carlino è la decima parte del Ducato, moneta Borbonica in uso fino al 1860.

Durante il Regno delle due Sicilie, l’unità monetaria di base era il Ducato, d’argento del peso di gr. 22 circa e contenente 9/10 di fino e 1/10 di lega (rame).

Il ducato si divideva in 10 Carlini, ognuno dei quali composto da 10 Grani, ognuno dei quali da 12 Cavalli.

I termini Carrüne Duchéte = Ducato, e anche Marènghe d’öre = Marenghi ‘oro, ricorrevano spesso nelle fantastiche favolette di ladri e briganti che ci raccontavano le nostre nonne.

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Carrjire

Carrjire o meglio Maste-carrjire s.m. = Carradore

Abilissimo artigiano che costruiva carri, carretti a trazione animale, d’intesa con il fabbro che gli preparava l’asse, i cerchioni , le staffe, i perni ecc.

Abilissimo artigiano che costruiva quasi tutto a mano, carri, carretti a trazione animale, d’intesa con il fabbro che gli preparava l’asse, i cerchioni , le staffe, i perni ecc.

Come a tutti gli artigiani, al nome proprio o al nome del mestiere veniva anteposto l’appellativo Maste = maestro.
Maste-Giuànne = Maestro Giovanni: ‘u maste-carrjire= Il maestro carradore.

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