Tag: sostantivo maschile

Cùccele

Cùccele s.m. = Doglio o Elmo

Questo grosso gasteropodo appartiene alla specie detta Tonnidae (Tonna galea o Doglia galea) vive in tutti i mari caldi o temperati a profondità variabili, e fino a 600 m.

Ho sentito pronunciare anche cùcce invece di cùccele, così come avviene con còzze al posto di còzzele.

In latino vuol dire “barile” a forma di “elmo o casco”, intendendo per elmo quello romano in pelle.

Conosciuto volgarmente in altre parti d’Italia come Doglio, questo mollusco gasteropode ha dimensioni che si aggirano intorno ai 15-20 cm di diametro ma che non stentano a raggiungere in alcuni casi i 30 cm.

La sua forma anticamente, la rendeva utile come recipiente per contenere o travasare olio. Prima dell’avvento della plastica, il guscio del doglio era usato nelle nostre nonne per contenere il sale grosso.

Grande e globosa, quasi sferica, la conchiglia presenta un’apertura molto ampia e allungata verso il basso; la superficie esterna è ricoperta di grossi cordoni a spirale appiattiti; quel che ne risulta, complessivamente, è una forma insolita e molto attraente.

Sappiamo che appartiene ad una specie protetta, e se pescato va ributtato in mare. Difatti sono pochissimi dogli che si trovano al mercato, solo alcuni di piccole dimensioni restano impigliati nelle reti a strascico.

Ho mangiato da giovane gasteropodo, lessato e condito in insalata. Devo dire che non mi ha entusiasmato come gli altri frutti di mare.

(Foto reperita nel web)

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Crìsciamendöne 

Crìsciamendöne s.m. = Ammucchiata

Gioco fanciullesco simile alla “cavallina”, con la differeze che in groppa al “cavallo” montano sei o sette compagni, fintantoché il poverino che sta “sotto” riesce a sopportarene il peso e poi crolla con tutto il carico….

Un po’ crisciamendöne è la scena che si vede nei campi di calcio, quando tutti i compagni di squadra saltano addosso al marcatore del goal fino ad atterrarlo. Jüne ‘ngùdd’a l’ate = Uno addosso all’altro.

Il lettore Gigi Lombardozzi mi ricorda che il gioco era chiamato anche “‘a mamma a cavàlle

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Crespìgne 

Crespìgne s.m. = Crespigno

Si tratta di una pianta erbacea della fam. delle Compositae (Sonchus oleraceus). Cresce fino ai 1000 m. di altitudine, nell’ambito dei Paesi mediterranei.

Si utilizzano le foglie più tenere per uso alimentare. Si tratta di un erbaggio a rapida cottura,

Il suo sapore dolciastro serve ad attenuare il tono amarognolo di altri erbaggi, come la Cicoria. In qualche località, si usa consumarlo anche crudo, in insalata; si adoperano soprattutto i fusti cavi, anche se grossi, particolarmente saporiti.

Altri nomi volgari
Lattarolo, Grespigno, Cicerbita, Crespignolo.

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Crescènde 

Crescènde s.m. = Lievito naturale, lievito madre

Il lievito naturale si ottiene per l’acidificazione dell’impasto di acqua e farina e si usa nella panificazione perché è in grado di provocare un processo di fermentazione.

Quello artificiale usato nei panifici moderni è il lievito di birra, costituito dalle colonie di un microrganismo, il “Saccharomices cerevisiae”, ottenuto per fermentazione.

Il termine è di etimologia facile: proviene da crescere, che fa crescere (la pasta del pane).

Quando tutte le famiglie facevano il pane in casa, usavano conservarne un poco in una ciotola. Se lo prestavano l’un l’altra man mano che avevano necessità di impastare.

Era considerato sacro come il pane, tanto è vero che spesso, come si vede nella foto, veniva segnato con una croce. Prima ancora di iniziare l’impasto occorreva ringraziare il Signore con una silenziosa preghiera sopra il lievito e sopra la farina.

Crescènde è usato anche come soprannome.

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Crescemjinde

Crescemjinde s.m. = Lievito chimico

Polvere biancastra che le nostre nonne compravano sfusa in drogheria per preparare in casa dolcetti e torte. Successivamente sono state immesse sul mercato le bustine aromatizzate (Pan degli Angeli e Bertolini), usate tuttoggi.

È sinonimo di cremöne= cremore di tartaro.

Mattöje, mamme, quìste so’ ‘i sòlde e vamm’accàtte da Viscàrde ‘u crescemjinde pe ‘nu cüne de farüne = Matteo, bello di mamma, questi sono i soldi e vammi a comprare da(alla drogheria di) Viscardo (il cremore di tartaro, nella quantità, che lui sa, occorrente) per un kg di farina.

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Crepjite

Crepjite (o Crepjitte o crepjinde) s.m.. = Caduta rovinosa.

Pigghjé ‘nu crepjite (o ’nu sbatte): cadere rovinosamente e inaspettatamente durante una corsa, una partita di calcio, o altri movimenti veloci.

Alcuni, data la notevole assonanza, erroneamente pronunciano trepjite che significa treppiede. Nessuna attinenza col ruzzolone.

Altri, a mio avviso molto più verosimilmente, pronunciano crepjinde . Mi pare logico pensare che la caduta sia stata così rovinosa da procurare lesioni interne.
Ossia ca fé crepé jìnde = che fa crepare all’interno del proprio corpo. = ca fé šcatté ‘ngurpe!


Ringrazio il dr.Sandro Mondelli per questa imbeccata.


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Cremöne

Cremöne s.m. = Cremore di tartaro

Il Cremore di tartaro è un sale acido presente nell’uva e nel vino, che viene estratto senza aggiunta di additivi chimici.

Trova impiego specialmente in pasticceria con aggiunta di bicarbonato di sodio nel rapporto di 2:1 per ottenere un eccellente lievito naturale per dolci.

Credo che sia la composizione delle famose bustine di lievito “Bertolini” o “Pan degli Angeli”, conosciute da tutte le brave massaie.

Insomma è un lievito chimico, chiamato anche crescemjinde = crescimento, che accresce

Una volta si comprava sfuso in drogheria. Le dosi ce le consigliava il droghiere stesso, Viscardo, una persona paziente, in base al peso della farina e del tipo di dolce che si voleva proparare.

Come aggettivo riferito a persone, cremöne significa babbeo, tontolone, ingenuo, fessacchiotto.

Uhé, cremöne, spùste ‘stu carrùzze! = Ehi, babbeo, sposta questo motocarro!

La foto della locandina è stata inviata da Gigi Lombardozzi

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Còsse-lùnghe 

Còsse-lùnghe agg. e s.m.= Gran camminatore

Propriamente non significa maratoneta, che copre a piedi grandi distanze, né che ha gambe lunghe, come è la traduzione letterale…

Specialmente al femminile, còsse-lònghe definisce chi o che ha l’abitudine di jì caserjànnejì jattjànne

Ossia ragazze che non hanno voglia di sbrigare le faccende domestiche ma che trovano ogni occasione per andare a passeggio o a far visita alle amiche.

In effetti che siano slanciate o no, comportandosi così diventano sempre còsse-lònghe = cosce-lunghe!

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Cöse-fetènde

Cöse-fetènde agg. e s.m. = Impertinente, inezia.

Alla lettera: coso/a puzzolente.

L’aggettivo calza a qlcu che si comporta in maniera scorretta, meschina, subdola.

Il sostantivo designa una persona dai modi volgari, vessatori, moralmente degradato, insignificante, stupido e insolente (avaste?).

Vatti’, ‘stu cöse fetènde! = Va via, insolente!

Per estensione il sostantivo indica un oggetto insignificante, di nessun valore, inadatto all’uso.

Al femminile fa cösa-fetende.

Che ‘da fé pe ‘stu cöse fetènde? Mjinele jìnd’a mennèzze! = Che hai da fare con quest’oggetto inutile? Buttalo nella spazzatura (mi raccomando la raccolta differenziata!)

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