Tag: sostantivo maschile

Cunzùle

Cunzùle s.m. = Pranzo funebre

Una nostra usanza è quella di preparare un pranzo per i familiari di un defunto, al termine della sua tumulazione.

Difatti essi, dopo una lunga veglia, sono tutti letteralmente sfiniti fisicamente e moralmente.

Generalmente a  organizzare questo pranzo consolatorio (da cui il nome, peraltro derivato dal latino consolor ) s.m., consolazione, conforto) provvedoono altri familiari, o vicini affettuosi, o amici stretti o tutti assieme.

Rappresenta un modo di onorare il deceduto soccorendo in sostanza e con immediatezza i membri della sua famiglia in quel momento di dolore.

Una bella ed estroversa dimostrazione di solidarietà e di umanità, sentimenti questi che, lo dico con fierezza,  al sud Italia sono ancora particolarmente diffusi.

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Cüne

Cüne s.m. = Chilogrammo

Unità di misura si peso. Simbolo universale kg.

Multipli:
cundéle (cjinde cüne)

tunnelléte (djice cundéle)

Sottomultipli
Mjizze cüne = mezzo kg
‘na quarte = (un quarto) = 250 g
‘nu quìnde = (un quinto) = 200 g
mjizze quìnde = (mezzo quinto) = 100 g = un ettogrammo
cenguanda gramme = 50 g (mezzo etto).

Se una seppiolina pesa 350 g si dice ‘nu quinde e mjizze e cenguanda gramme (calcolo mentale rapido 200+100+50)

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Cundéle

Cundéle s.m. = Quintale

Nel sistema metrico decimale, unità di peso pari a 100 chilogrammi.

Veniva chiamato anche ‘u cjinde cüne = il cento chili

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Cumblemènde

Cumblemènde s.m. = Pasticcini, contrarietà

1) Cumblemènde = I dolcetti sono intesi in modo estensivo per indicare le cibarie offerte in una festa particolarmente importante, come in un rinfresco di nozze.

Infatti la domanda Quann’jì ca ce àmma mangé i cumblemènde? = Quando ci mangeremo i pasticcini? non si riferisce certamente all’atto di assaporare pe paste, ma all’epoca della auspicata festa di nozze. Insomma la domanda diretta è: quando ti sposi?

2) Cumblemènde = ironicamente indica danno materiale o morale, grattacapo, contrarietà, ecc.

Jògge àgghje avüte ‘stu bèlle cumblemènde: ‘a vettüra sfascéte e fìgghjeme au sputéle!= Oggi ho avuto queste bel regalo: l’auto distrutta e mio figlio in ospedale!

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Cumbére

Cumbére s.m. = Compare

Nel Centro-Sud equivale a padrino di battesimo o cresima o testimone di nozze.

Figura molto rispettata, acquisito come un vero e proprio membro della famiglia.

Talvolta assume una valenza negativa perché intende indicare un socio, complice in azioni disoneste o poco pulite.

Mò vöne Mattöje e ‘u cumbére süje = Ora viene Matteo e il suo compare.

Al femminile fa cummére = madrina.

Le puerpere chiamavano sempre cummére la levatrice, quantunque non ci fosse con lei alcun rapporto di cumbarìzzje = comparatico vero e proprio. Presumo solo per una forma di rispetto.

Quando si vuole indicare che un uomo sposato ha un’amante ‘a mandenüte, si dice ca töne ‘a cummére = che ha la ‘comare’. In linguaggio giornalistico moderno si dice che costui “è legato da affettuosa amicizia”.

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Cumbarìzzje 

Cumbarìzzje s.m. = Comparatico

Rapporto, di solito molto stretto, fra il padrino di battesimo o di cresima e il figlioccio.

Nell’Italia centro meridionale cumbarìzzje è anche il legame molto sentito fra la coppia degli sposi e quella dei testimoni di nozze.

Dalla momento della cerimonia di battesimo, cresima o matrimonio e per tutto il resto della loro vita, padrini, madrine, figliocci e sposi e testimoni si chiamano fra di loro anteponendo al nome il “titolo” rispettosissimo di cumbé = compare o cummére = comare.

Jì passéte cumbé Giuànne ca te vulöve saluté = È passato compare Giovanni che ti voleva salutare.

Va d’a cummére Mariètte e addumanne se völe venì a mangé quà duméneche = Va dalla comare Marietta e chiedi se vuole venire a mangiare da noi domenica prossima.

Ce sté ‘u cumbarìzzje p’u mjizze… = C’è di mezzo il comparatico (e quindi il massimo rispetto con costui)

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Cüle

Cüle s.m. = Sedere, deretano, ano.

(Pop.) Culo: Parte del corpo costituita dalle natiche.

(volg.)Che cüle = che culo!, che fortuna!

(volg.)Leccacüle = Adulatore.

(volg.)‘Ngüle = In culo

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Cularüne 

Cularüne s.m. = Clarinetto

Strumento a fiato di legno, ebanite o metallo, ad ancia semplice, dotato di una canna cilindrica terminante a campana,
munita di fori in parte liberi in parte chiusi da apposite chiavi.

Il legno utilizzato per costruire il clarinetto è in prevalenza l’ebano, che conferisce il caratteristico colore nero.

Grazie alle doti espressive e tecniche, il clarinetto è presente in vari generi musicali: classica, jazz, popolare, bandistica.

Ora i ragazzi, che hanno studiato in conservatorio, lo chiamano ‘u clarenètte simile al termine italiano.

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Cucherózze

Cucherózze s.m. = Coccige

Osso triangolare con cui termina la colonna vertebrale.

In dialetto, simpaticamente, è chiamato anche l’usse d’u cüle = l’osso del culo.

Alcuni usano la versione cuderózze, quasi a voler richiamare una “coda” appena accennata della specie umana.

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Cuccelìcchje

Cuccelìcchje s.m. = Bovolo, Cassidaria, Elmetto tubercolato

Con il nome di cuccelìcchje, diminutivo di cùccele si designano dei gasteropodi (Galeodea echinophora o Cassidaria echinophora), di dimensioni fino a 7 cm, vengono catturati di frequente nella pesca a strascico in tutto il Mediteraneo.

Alcuni, generalizzando, li chiamano curlìcchje, che secondo me sono dei gasteropodi più piccoli e sfinati, fino a 3 cm.

In Abruzzo e nelle Marche vengono chiamati Lumaconi di mare. Credo che il nome corretto in italiano sia Bovolo o Cassidaria. Se alcune spire presentano delle protuberanze regolari e distanziate il gasteropodo viene chiamato Elmetto tubercolato. La mia foto riprende quelli con le scanalature regolari.
Per la cronaca le ho mangiate lessate e condite in insalata di mare.

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