Tag: Locuzione idiomatica

Dellìrje de la Luciüje

Dellìrje de la Luciüje loc.id. = Isteria, isterisrmo, furore

Alla lettera: Delirio della Lucia.

Quando si verificavano delle furiose litigate in mezzo alla strada tra due donne, si rispettava un rituale prima dello scontro fisico vero e proprio (con veementi tirate di capelli, sputi, morsi e graffi): urla e accuse reciproche fino a quando una delle due strillava delle invettive contro l’altra in tono di sovracuto, così elevate da risultare incomprensibili. Era il segnale: l’altra le si scagliava contro e succedeva il pandemonio.

Ma che c’entra Lucia?

È derivata dal mondo della musica lirica. C’era gente fino agli anni ’60 che sapeva a memoria le arie e le parole di tutti i protagonisti di tutte le opere di Verdi, Bellini, Puccini, Mascagni, Rossini, ecc.

Non tutti i giovani di oggi sanno che esiste una bellissima Opera lirica intitolata “Lucia di Lamermoor” di Gaetano Donizetti scritta nel 1836 e tuttora rappresentata nei teatri di tutto il mondo.

Ad un certo punto c’è un’aria deliziosa per soprano (Lucia appunto) che nella frase musicale va sempre su di tono, con la oh oh oh oooh : il delirio della follia appunto.

Quando la prima delle litiganti sbraitava più forte dell’altra, gli immancabili spettatori divertiti commentavano: Uì, mo li vöne ‘u dellìrje de la Luciüje = Ecco, ore le viene un attacco isterico.

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Damò de nànde

Damò de nànde loc.avv. = D’ora in poi

Accettabile anche da mò de nànze = Da ora in avanti.
In ogni caso si pronuncia con una sola emissione di voce, come fosse una sola parola: damodenànze.

Quando si dà un ordine perentorio, si intende cambiare immediatamente un andazzo, una disposizione, si inizia così: da questo momento si fa in questo modo!

Da mò de nànze mìttete a studjé alla veramènde, ca se nò nen pàsse! = D’ora in poi impegnati a studiare seriamente, altrimenti non supererai gli esami.

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Cunzegné ‘i ròbbe

Cunzegné ‘i ròbbe loc.id. = Esporre il corredo

Era consuetudine che i futuri coniugi, ognuno nella propria abitazione, ostentassero biancheria e oggetti che avrebbero costituito la dotazione del loro nido.

Era motivo di orgoglio per la famiglia, specie quella della sposa, poter esporre “i robbe a vìnde” = il corredo a venti. Ossia 20 maglie, 20 mutande, 20 sottane, 20 canottiere, ecc.oltre alla coperta di raso, vero gioiello per la sposa, e alla trapunta (cuèrta ‘mbuttüte), al pentolame, au renéle al uaciüle.

Il servizio di piatti di solito lo si aspettava quale regalo di nozze dai parenti.

Si diponeva tutto coreograficamente, secondo il gusto di qlc commare che fungeva da arredatrice. Addirittura qlcu chiamava ” ‘a crestjéne” = la persona (specializzata) a disporre degnamente la roba.

I parenti, opportunamenti avvertiti dell’esposizione, venivano in visita, lasciavano il regalo e la conferma della loro partecipazione al festino.

Si offrivano confettini, pizzarelle, e rosolio. Qualche spiritoso invece del bicchierino, si faceva versare il liquore dentro il “pisciatüre” (nuovo di zecca e mai usato, spero).

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Cüme a n’acque de Magge 

Cüme a n’acque de Magge loc.id. = Gradito, opportuno, efficace

La locuzione è termine di paragone quando si vuol esaltare l’opportunità e l’efficacia di un’azione gradita, così come lo è la pioggia di maggio per l’erba spontanea dei pascoli e per le coltivazioni orticole e cerealicole.

Un gesto consolatorio, un introito extra, una vincita, un regalo gradito, la vicinanza di un amico in un momento difficle, ecc. sono cüme a ‘n’ acque de Magge = come un’acqua di maggio.

Simile a refreškàrece l’osse = rinfrescarsi le ossa = rinfrancarsi, risollevarsi.

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Cúleca-ljitte

Cúleca-ljitte loc.id. = Conclusione

Beh, se vogliamo dirla tutta, é la conclusione che nessuno vorrebbe.

Si dice con inquietudine: E cóste jí ´u cúleca-ljitte! = E questo é il colpo finale. Come per dire: e questa è la riconoscenza, il compenso, la gratitudine?

Faccio qualche esempio:

1) io ho lavorato tutta la giornata per sistemare una certa cosa, quando arriva il Capo e – succede, succede!… – imnvece di apprezzare la mia opera, dice che essa va rifatta secondo altri criteri. Bene l´ordine del superiore è la “conclusione” della mia fatica! L´amaro in bocca.E cóste jí ´u cúleca-ljitte!

2) Cosí come quelli che fanno un favore ad un conoscente e poi vengono anche cazziati, fatti oggetto di rimbrotto perché non di suo gradimento. E cóste jí ´u culeca-ljitte.

3) Oggi, dopo pranzo ci siamo accorti che la lavatrice perdeva acqua ed aveva allagato lo stanzino. Col boccone il gola ci siamo dati da fare per raccoglierla. Ecco, questo inconveniente è la materializzazione piú evidente del sostantivo culeca-ljitte!

4) Altro caso. Dopo avere dichiarato unilateralmente l´apertura della striscia di Gaza da parte di Israele, Benjamin Netanyahu, si é dovuto ricredere ben presto, perché un fondamentalista islamico, fondamentalmente imbecille, ha attuato un sonoro attentato dinamitardo. C´era bisogno? L´indomani gli Israeliani hanno bombardato il villaggio da cui era partito l´attentatore. Vige in Israele tuttora la legge del taglione dai tempi di Mosè.

Ecco, se Benjamin Netanyahu fosse stato di Manfredonia avrebbe detto: “E cóste jí ´u culeca-ljitte.

Alla lettera: corica-letto, còricati o anche prepara il letto (perché è finito l´impegno assunto, malamente…..).

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Cué l´áneme

Cué l´áneme loc.id. = Opprimere

Alla lettera: covare l’anima. Posarsi a lungo, come la chioccia che si pone sulle uova fino alla schiusa.

Si può dire anche accué l´àneme. In napoletano accuvà, significa nascondere, ma principalmente coprire.

Madònne, ´stu càzze me sté ´ngùdda-ngudde, me sté a cué l´àneme! = Madonna, costui mi sta addosso, mi sta opprimendo, mi sta togliendo il respiro.

Per estensione anche aspettare pazientemente che i tempi maturino, che le cose cambino. Attendere a lungo, come è interminabile il tempo di una covata, ma alla fine nasce qualcosa, di buono o di cattivo.

Un po’ come cuccuascé.

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Crìsce sànde!

Crìsce sànde loc.id. = Cresci santo! = Salute!

Espressione di augurio rivolta ai bambini che emettono uno starnuto.

Accettabile anche con la grafia  crìsce sante.

Per gli adulti si usa la formula simil-italiana di Salüte!

Crisce sande! Ca puzz’avì ‘na bböna sòrte! = Salute! Che tu possa avere una buona sorte, una vita fortunata..

Il meccanismo fisiologico che provoca lo starnuto scatta allo scopo di eliminare, tramite le vie respiratorie, gli agenti patogeni.

Anticamente si riteneva lo starnuto manifestasse la guarigione dalla peste o da un morbo letale.

Quindi lo starnuto era accolto come un augurio, come per dire: la salute è ritornata!

Il crisce-sande! è dettato dalla tenerezza delle mamme verso i loro pargoli. Talvolta, quando sono spazientite dalla loro  vivacità, aggiungono sorridendo e sottovoce: ca djàvele già sì = ché diavolo già sei!

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Crepé ‘ngùrpe

Crepé ‘ngùrpe loc.id. = Amareggiare

Fare soffrire, affliggere, rattristare, crucciare, angosciare, tormentare, indispettire qlc.

Jìsse nen me vole sènde a me? e jüje lu fazze crepé ‘ngurpe! = Lui non mi vuole dare ascolto? Allora io lo faccio soffrire (col mio atteggiamento dispettoso).

Agire a dispetto, a škattamjinde

Il significato letterale è: procurare o riportare gravi lesioni interne per le percosse. Ma solo a parole come minaccia.

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Corre apprjisse 

Corre apprjisse loc.id. = Inseguire, incalzare, tallonare.

Una locuzione verbale che indica un inseguimento a piedi piuttosto movimentato.

In tono scherzoso si pronuncia per invitare a fare le cose con calma e perciò per bene.

Bbèlle-bbèlle, tande nesciüne ce corre apprjisse = Calma, adagio, tanto nessuno ci rincorre (nessuno ci corre dietro).

È spesso usato anche in senso metaforico, figurato.

L’uscjire ‘u còrrene apprjise = Costui è pieno di debiti.

La frase più esplicativa sarebbe: gli Uscieri giudiziari lo tallonano, lo cercano, lo inseguono per notificargli, secondo la prassi prevista dalla Procedura concorsuale, il pignoramento o il sequestro dei beni per via della sua insolvenza.

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