Tag: aggettivo

Nzìste

Nzìste o anche, con termine più antico, Ndìste.  agg. = Vivace, attivo, ingegnoso.

L’aggettivo è attribuito alla persona che usa proficuamente la sua intelligenza, la sua capacità risolutiva, la sua dinamicità

La sua valenza positiva desta sicuramente molta ammirazione.

E mmò lu frjiche a Giuànne! Códde jì acchessì ‘nzìste! = Non è per ora che(difficilmente) riuscirai a raggirare Giovanni. Costui è così sveglio e abile!

Nel dialetto napoletano invece si indica con “Ommo ‘nzisto” una persona spavalda, prepotente.

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Zìnghere

 Zìnghere o zìngre s.inv., agg = Zingaro

Oltre al significato tradizionale di girovago,  nel nostro dialetto assume una valenza molto negativa.

Se una persona viene definita zìnghere, zingaröne, significa che è capace di creare dissidi tra famiglie rapportando ora a una, ora all’altra, fatti travisati o inventati di sana pianta.

Insomma fa zingramjinde o zingarüje = contrasti, pettegolezzi intricati, noiosi, e dannosi.

Quèdde jì ‘na zìngre!= Guàrdati da costei, non confidarti con lei,  perché è una persona ingannevole e menzognera, capace di farti trovare al centro di una bega.

Il suo difetto minore è la sua riconosciuta trascuratezza nel vestire.

Te sì vestüte accüme a ‘nu zìngre = Ti sei abbigliato come uno zingaro.

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Zumbafùsse 

Zumbafùsse agg. = Saltafosso.

È un agettivo scherzoso per definire un pantalone troppo corto rispetto alla lunghezza delle gambe della persona che li indossa. Quindi pantalone corto sì, ma non nel senso di pantaloncino.

‘U cavezöne a zumbafùsse = Il pantalore a mezz’asta.

Succedeva quando i ragazzi adolescenti crescevano rapidamente, e i loro pantaloni dell’anno precedente purtroppo non crescevano anch’essi in lunghezza.

In ristrettezze economiche o lo si passava al fratello minore, o lo si lasciava indossare ancora una stagione in modo da farlo logorare completamente .

Quindi gli adolescenti della mia epoca e delle precedenti avevano molto spesso i pantaloni a zumbafùsse.

Qualcuno, ricordando un certo Raffaele, detto Lallüne, che portava perennemente i pantaloni in cotal guisa (vi piace cotal guisa? eh eh eh…), ha definito lo stile “a mezz’asta” con questo nome, che forse è ancora usato ai giorni nostri: ‘U cavezöne alla Lallüne = Il pantalone alla maniera di Raffaele.

Anche le mutande da uomo con la gambetta (ora si chiamano box) scherzosamente erano chiamate‘u cavezunètte a Lallüne = La mutanda (alla maniera di) Raffaele.

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Zóppe-zóppe

Zóppe-zóppe agg. = Intriso, inzuppato, fradicio

Riferito a persona che si è bagnata perché sorpreso dalla pioggia mentre era privo di qls riparo, oppure intrisa di sudore.

Madò, sté zóppe-zóppe de sedöre! Vàtte müte! = Madonna, sei tutto madido di sudore. Va a cambiarti!

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Zòlla-zòlle

Zòlla-zòlle agg. = Trasandato.

Segno di evidentissima ineleganza, riconducibile al  forzato “casual” degli anni ‘30, quando la miseria non consentiva di vestirsi in modo decente.

Per esempio, si diceva Giuà, te sì vestüte accüme a ‘nu zolla-zolle = Giovanni, ti sei vestito come un barbone!

Ossia con abiti raccogliticci, la giacca di un colore, i pantaloni di un altro, le scarpe di un altro ancora….  Era normale che gli indumenti dei fratelli maggiori passassero in riciclo a scalare, rattoppati fino al loro completo disfacimento, ai fratelli minori.

Mi viene un sospetto: che si tratti di un soprannome, e non di un aggettivo, perché mi ricordo anche che si diceva:”…accüme a Zolla-zolle”, non solo “…accüme a ‘nu zolla-zolle”

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Zìcche-zìcche

Zìcche-zìcche agg. = Preciso, esatto.

Della misura precisa, che ha giustezza ponderale, cromatica, dimensionale rispetto ciò che ci si aspettava.

Me sò museréte i scarpe töje, e me vanne zìcche-zìcche = Ho misurato le scarpe tue, mi calzano a pennello.

Va bene anche detto ironicamente quando qualche sciocco si paragona ad altri che hanno doti chiaramente più eccelse.

Je sacce candé téle e quéle a Pavaròtte! – Sì. Zìcche zìcche, nen te manghe njinde… = Io so cantare proprio come Pavarotti! – Sì, nello stessa maniera, non ti manca niente…

Il prof. Michele Ciliberti  dice che l’etimologia è dal latino sic sic, cioè “così così”!

Nota fonetica:
La “z” va pronunciata sorda (come marze = marzo) e non sonora (come zöre = zero). Vedi la differenza di pronuncia tra zìcche-zìcche e ‘nzìcchete-‘nzìcchete.

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Zìcche

Zìcche agg. = Giusto, proprio.

Che è giusto nella misura, nella qualità e nella quantità richiesta, o prevista, o necessaria.

L’espressione zìcche-zìcche si indica la giustezza della misura. Una cosa fatta a misura, proprio giusta, senza eccedere.

Te vanne böne ‘sti scarpe? Si’, me vanne zicche-zicche! = Ti vanno bene queste scarpe? Sì, mi vanno giuste giuste.

La locuzione zicche tànne! significa = Proprio allora, giusto in quel momento.

Màmme menatte ‘u chjianjille, e me pegghjàtte zìcche ‘mbrònde = Mia madre mi lancio una ciabatta e mi colpì proprio in mezzo alla fronte.

L’amico Matteo Borgia – cui va il mio ringraziamento – mi suggerisce che: «l’etimologia di zícche è derivata da azzeccare, nel suo significato di colpire nel punto giusto ma anche di accostare, far combaciare in maniera precisa. Zícche zícche è un raddoppiamento rafforzativo.»

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Zellüse

Zellüse agg. = Cavilloso, puntiglioso

Al femminile fa zellöse.

E’ zellüse una persona che si comporta da guastafeste, che non trova mai nulla fatto bene, che le regola vengono rispettate solo da lui, che gli altri non sono mai corretti, che trova sempre il pelo nell’uovo, ecc…

Insomma un personaggio autenticamente pesante, insopportabile, antipatico.

Deriva indubbiamente dal verbo (clicca→) zellàrece = sporcarsi.  Forse perché si è cacato la mutanda e perciò puzza!

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Ze-rósse

Ze-rósse agg. e s.m. = Fulvo

Al maschile è ze-rósse (con la “ó” pronunciata stretta)
Al femminile fa ze-ròsse (con la “ò” pronunciata larga).

Significato letterale: Zio rosso/zia rossa. Non bastava dire il rosso, o la rossa? Forse perché l’appellativo zio/zia viene rivolto dai bambini riferendosi a persone adulte,  mostrando così una  certa forma di rispetto

Ze’rósse malupüle = Rosso Malpelo, rimasto nella memoria collettiva dal nomignolo affibbiato al protagonista di una novella di Giovanni Verga pubblicata nel 1890.

Sinonimo: Fàcce-canìgghje = Faccia di crusca: Rosso di capelli e con il volto pieno di efelidi (come la crusca).

I “pel di carota”, sono ritenuti soggetti simpatici e speciali.

Salvo alcuni Detti molto distanti dalla mia affermazione: ma non date retta alle malelingue!

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Zàrre

Zàrre agg. = Bacucco

Aggettivo che si usa solo nella locuzione vecchje zàrre, per indicare una persona molto anziana, magari un po’ rimbambita…

l’agg. zàrre è invariabile, mentre il sost. cambia di genere e di numero: ‘u vecchje-zarre, ‘a vècchja zarre, ‘i vjicchje zarre.

In italiano si dice “vecchio bacucco” per indicare un vegliardo rimbecillito.

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